Bruxelles – Il destino dell’Italia appare segnato. Per il Paese la procedura per deficit eccessivo sembra cosa certa, perché le indicazioni che arrivano da Valdis Dombrovskis, commissario europeo per un’Economia al servizio delle persone, sono esplicite. “Il criterio di riferimento è la soglia del 3 per cento in rapporto al Prodotto interno lordo, ma c’è la possibilità, in casi di scostamenti minimi e temporanei, di optare per non aprirla“, dice al termine dei lavori del Consiglio Ecofin. Una condizione non soddisfatta dall’Italia, il cui rapporto deficit/Pil alla fine del 2023 è al 7,4 per cento.
La Commissione europea presenterà le previsioni economiche di primavera domani (15 maggio), con tutti gli indicatori macro-economici, inclusi quelle relativi al deficit. Farà certamente fede questo documento per le valutazioni che, sottolinea Dombrovskis, “sono in corso” e che si concretizzeranno nelle decisioni attese per il 19 giugno. Le precisazioni del commissario stridono con quelle del collega Paolo Gentiloni, commissario per l’Economia, che sull’eventualità di provvedimenti contro l’Italia era rimasto sul vago. Allo stesso tempo le parole di Dombrovskis non premettono né promettono nulla di buono per il governo Meloni, costretto in caso di avvio a un rigoroso piano di rientro degli squilibri fatto di riforme e tagli della spesa. Che l’Italia si attende. E’ stato lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a riconoscere pubblicamente di attendersi una decisione in tal senso.
La procedura per disavanzi eccessivi impone al Paese di fornire un piano di azione correttivo e politiche corrispondenti, con scadenze precise per l’attuazione delle misure previste dal piano per la correzione degli squilibri. In caso di ritardi o inadempimenti possono scattare multe, che con il nuovo patto di stabilità così come riformato sono minori del passato e proprio per questo più facili da comminare.
Nello specifico, secondo le nuove regole, in caso di scostamenti o impegni di riduzione insufficienti possano essere applicate sanzioni pari allo 0,05 per cento del Pil nazionale ogni sei mesi, per multe eventuali quindi pari allo 0,1 per cento di Pil all’anno (invece di un deposito infruttifero fino allo 0,5 per cento del PIL, come previsto finora) .