Roma – “L’Europa si occupa di noi anche se non andiamo a votare. Se vogliamo che l’Europa si occupi di noi in un certo modo, penso che dobbiamo esprimere il nostro voto. Ci sarà da scegliere tra due Europe: c’è una parte del Parlamento europeo che vuole più Italia e meno Europa, e un’altra parte concentrata sul fatto che per affrontare le sfide abbiamo bisogno di una Europa più forte, capace di parlare a una voce sola e non una Europa delle nazioni”. Camilla Laureti, eurodeputata del Partito Democratico con delega alle Politiche agricole e alimentari, candidata alle elezioni Europee, spiega durante il #GeaTalk perché l’8 e 9 giugno conviene andare in cabina elettorale e rinunciare – anche solo parzialmente – al week end al mare. “Penso alle sfide della doppia transizione, penso all’intelligenza artificiale, penso che le risposte e il modo in cui le affrontiamo debba essere europeo”. E “se ragioniamo solo come nazioni” a quelle sfide “non daremo risposta”, sottolinea.
Sono elezioni storiche, per l’Europa. Chiamata a fornire riscontri chiari a cittadini e imprese che negli ultimi anni si sono trovati distanti dai palazzi di Bruxelles e di Strasburgo. L’astensionismo sarebbe un grave errore per Laureti, molto vicina a Elly Schlein capolista al Centro e nelle Isole, pur avendo già detto che, in caso di successo, non lascerà la Camera dei deputati: “Il fatto che quasi tutti i leader dei partiti siano candidati forse ci darà un’astensione che non sarà come quella del 2019″. La segretaria del Pd è scesa in campo “per aiutare tutta la lista a crescere di qualche punto percentuale. Penso che questo sia corretto, se va nella direzione di parlare dei temi europei e di farlo, soprattutto, guidando la campagna in prima persona, mettendoci la faccia. Perché i prossimi 5 anni saranno talmente importanti che metterci la faccia, per una segretaria come Schlein, è un punto importante che permetterà di parlare di più di questi argomenti”, la spiegazione data per commentare l’abitudine di esserci per poi non esserci al Parlamento europeo.
Transizione ecologica, Pac, Green Deal. Laureti racconta che “nel Pnrr ci sono quasi 200 miliardi di euro che arrivano dall’Europa per le future generazioni. In quel piano quali sono gli obiettivi? Eliminare i divari tra territori, eliminare il il gender gap, finanziare le transizioni green e digitale. Questo è un primo pezzo. Ma una cosa è fondamentale: questa transizione non deve lasciare indietro nessuno”. Il problema è quello delle risorse anche se “ci sono due fondi fondamentali in Europa: il fondo per una transizione giusta e un fondo per il clima. Nel fondo per una transizione giusta ci sono circa 17 miliardi, in quello per il clima 60 miliardi. Chiaramente non bastano, se pensiamo che gli Stati Uniti hanno investito circa 300 miliardi. La sfida sarà ora di rimpinguare quei fondi invece di chiuderli”, dice provando a ragionare con il metro dell’ottimismo.
Perché lo scollamento tra teoria e realtà per Laureti è pure figlio di una narrazione sbagliata, da Frans Timmermans in giù, fino ad arrivare alle proteste dei trattori: “Il Green deal lo dobbiamo fare con gli agricoltori, certo non contro gli agricoltori. Ma gli agricoltori sono i primi che vogliono farlo, sono i primi amici della sostenibilità, perché sono i primi a subire le conseguenze del cambiamento climatico. Devono naturalmente essere aiutati nella transizione con finanziamenti e nuova formazione“, spiega. Non manca una stoccata di Laureti alla destra: “In questi anni è stato visto come nemico pubblico Frans Timmermans, però non è mai stato nominato il commissario del partito della Meloni, Janusz Wojciechowski, perché di agricoltura se n’è occupato lui, non Timmermans“. E ancora: “Poi, da qui parto nel dire che è stato sbagliato qualcosa nel comunicarlo, questo Green deal. Lo abbiamo sempre detto: la transizione ecologica è difficile, costosa, ma cambia la vita delle persone, è un modello di sviluppo. Ci chiediamo quanto costa metterla in atto, ma mai quanto costerebbe non metterla in atto e nel nostro Paese abbiamo visto cosa significa non occuparcene“.
L’ultimo passaggio, partendo dalla guerra in Ucraina e dal conflitto tra Israele e Hamas, è sulla necessità di una Difesa comune per l’Europa. Argomenta Laureti: “Il bisogno dell’Europa in questo momento è di parlare con una voce sola e non dividersi tra Paesi, perché l’obiettivo della pace non si raggiunge separatamente. Sì dunque a una politica estera comune, no a una nuova economia di guerra”.