Bruxelles – Sarà una riedizione del testa a testa tra Ingrida Šimonytė e Gitanas Nausėda andato in scena nel 2019, anche se da allora il contesto politico e internazionale è molto cambiato per la Lituania, arrivata al suo primo appuntamento del super-anno elettorale. Dopo il primo turno delle elezioni presidenziali di ieri (12 maggio) saranno di nuovo i due sfidanti di cinque anni fa ad affrontare il ballottaggio in programma il prossimo 26 maggio, nel pieno della tensione interna al Paese membro Ue sui rischi di sicurezza derivanti dalla minaccia russa in oltre due anni di guerra in Ucraina.
Secondo quanto emerge dai risultati della prima tornata di voto, il capo dello Stato in carica Nausėda ha conquistato il 44,1 per cento delle preferenze, una prima indicazione sull’alta probabilità di assicurasi un secondo mandato presidenziale fra due settimane. “Guardate quanti leader vengono eletti al primo turno in altri Paesi dell’Unione Europea o nel mondo in generale, non parlo di quelli in cui i presidenti vengono eletti con il 98 per cento o giù di lì”, ha commentato alla stampa il candidato del Partito Socialdemocratico di Lituania (Lsdp) e del Partito delle Regioni Lituane (Lrp) a proposito del mancato raggiungimento della maggioranza assoluta dei voti per essere eletto già al primo turno, con una stoccata alla recente ri-elezione (scontata e falsata) di Vladimir Putin in Russia.
È proprio sul rapporto con la Russia che tutti i candidati – otto in totale – hanno impostato la propria campagna elettorale, considerata la condivisione su tutto lo spettro politico lituano del timore per la politica espansionistica del Cremlino. Come gli altri Paesi baltici e dell’Europa orientale anche la Lituania era parte dell’Unione Sovietica ed è stata la prima Repubblica a dichiarare l’indipendenza nel marzo 1990. Più di trent’anni dopo – con l’invasione dell’Ucraina che prosegue senza sosta – secondo diversi sondaggi nazionali oltre la metà dei cittadini lituani teme che il Paese possa essere tra i bersagli dell’aggressione russa (nonostante sia da esattamente vent’anni membro della Nato) e l’intelligence di Vilnius ha avvertito che Mosca è pronta a rafforzare le proprie capacità militari lungo il confine con i membri dell’Alleanza Atlantica.
È anche per questo motivo che non si registrano differenze tra le posizioni di Nausėda e della prima ministra in carica Šimonytė sul fronte della politica estera e della sicurezza. Entrambi sono favorevoli all’aumento della spesa per la difesa ad almeno il 3 per cento del Pil lituano rispetto al 2,75 previsto per quest’anno (la soglia minima richiesta ai membri Nato è del 2), che dovrebbe consentire di sostenere i costi di modernizzazione dell’esercito e delle infrastrutture, ma anche per una brigata tedesca da dispiegare in Lituania dal 2027. Allo stesso modo entrambi i candidati alla presidenza sostengono la necessità di aumentare il sostegno militare per la difesa dell’Ucraina, soprattutto per quanto riguarda le difese aeree. Di particolare rilevanza è il fatto che sia il capo dello Stato sia la prima ministra in carica abbiano confermato di avere scorte di cibo in casa in caso di conflitto con la Russia, nonostante si siano detti impegnati a evitare questo scenario.
Differenze sostanziali tra i due sfidanti alla presidenza si registrano invece sul fronte dei diritti civili, come le unioni tra persone dello stesso sesso a cui Nausėda si oppone e la premier Šimonytė è favorevole. “Sono riuscita a far sì che chi sostiene una Lituania occidentale, dove non c’è posto per l’omofobia o qualsiasi altra cosa che non corrisponde ai principi della democrazia liberale, avrà sicuramente qualcuno per cui votare al secondo turno”, ha rivendicato la base di partenza del 19,86 per cento al primo turno – in netto calo rispetto a cinque anni fa – la candidata dell’Unione della Patria – Democratici Cristiani di Lituania (Ts-Lkd) di centro-destra. Šimonytė ha avuto la meglio sul presidente in carica nella capitale Vilnius, e da lì cercherà una rincorsa non facile per evitare lo stesso risultato del 2019 e ripercussioni politiche più pesanti alle elezioni europee (in programma il 9 giugno in Lituania) e alle legislative del 13 ottobre. Il presidente nel Paese baltico rappresenta il Paese ai vertici dell’Unione Europea e della Nato e ha un ruolo semi-esecutivo: insieme al governo definisce la politica estera e di sicurezza, può porre il veto sulle leggi e ha voce in capitolo nella nomina di funzionari-chiave.