Bruxelles – Mentre l’Unione Europea alza al massimo il livello di allerta sui rischi della disinformazione, della manipolazione dell’informazione e delle interferenze straniere in vista delle elezioni europee, diversi Paesi membri non hanno ancora implementato le misure decise ormai due anni fa contro il nemico pubblico numero uno: la Russia e i suoi canali di propaganda online. Sputnik, Russia Today e le loro filiali, sono ancora attivi in diversi Stati. Anche a Bruxelles, raggiungibili anche dalla sala stampa della Commissione europea.
Dall’inizio della guerra di aggressione della Russia in Ucraina, l’Ue ha sospeso le attività di trasmissione e le licenze di diversi organi di disinformazione sostenuti dal Cremlino. Già il primo marzo 2022 il Consiglio dell’Ue aveva deciso di bandire i media statali russi Sputnik e RT (ex Russia Today) e le loro filiali dalle trasmissioni nell’Ue. A cui si sono man mano aggiunti poi un’altra dozzina di canali utilizzati dal Cremlino per “diffondere intenzionalmente propaganda e condurre campagne di disinformazione, anche in merito alla sua aggressione militare contro l’Ucraina”.
I divieti imposti dall’Ue riguardano tutti i mezzi di trasmissione e distribuzione negli Stati membri o ad essi diretti, compresi i canali via cavo, satellitari, la TV con protocollo Internet, le piattaforme, i siti web e le app. Ma – come sottolineato oggi (8 maggio) da una portavoce dell’esecutivo Ue, Francesca Dalboni – “l’esecuzione di tale decisione, come qualsiasi altra decisione sanzionatoria, rientra nella competenza e nella responsabilità degli Stati membri“. Spetta cioè alle autorità nazionali competenti adottare misure per attuare il divieto e farlo rispettare.
Se alcuni Paesi come Bulgaria, Germania, Estonia, Lituania, Lettonia e Polonia avevano già imposto agli operatori nazionali di bloccare i media russi prima della decisione a 27, e altri come Austria, Cipro, Grecia, Irlanda e Romania si sono rapidamente assicurati che le sanzioni venissero applicate, in altri Stati membri è ancora possibile leggere Sputnik, RT e altri megafoni del Cremlino. È così per esempio in Belgio, con la conseguenza paradossale che alcuni di questi siti siano ancora fruibili nei palazzi delle stesse istituzioni europee che li hanno banditi.
Proprio oggi la Commissione europea, insieme all’ente che riunisce i 27 organismi nazionali indipendenti di regolamentazione dei servizi audiovisivi (Erga), ha lanciato una campagna di comunicazione congiunta per “informare i cittadini dei rischi associati, incoraggiare il pensiero critico e fornire consigli pratici su come individuare e combattere la disinformazione”. Il video della campagna sarà trasmesso in tutti gli Stati membri e sarà disponibile nelle 24 lingue ufficiali dell’UE fino all’inizio di giugno.
“Da parte nostra, continueremo a sostenere gli Stati membri fornendo indicazioni per garantire un’attuazione uniforme in tutta l’Ue”, ha dichiarato ancora la portavoce della Commissione europea durante il briefing quotidiano con la stampa, ricordando che – in quanto “guardiano dei trattati”, l‘esecutivo Ue può avviare procedure d’infrazione contro quei governi che non rispettano le decisioni adottate all’unanimità. Al di là di ogni giudizio sulla necessità di oscurare siti internet ritenuti pericolosi, il dato di fatto è che siamo a trenta giorni dall’appuntamento elettorale europeo più soggetto al rischio di disinformazione di sempre. E che l’Ue è in stato di allerta, ancor di più dopo la vicenda del quotidiano online ‘The Voice of Europe’ e il tentativo di influenza indebita sul Parlamento europeo. Ma per proteggersi, non trova validi alleati in tutti i Paesi membri.