Bruxelles – Tutela e conservazione della natura, la strategia europea c’è ma mancano i piani nazionali per una sua attuazione. L’Europa degli Stati si impegna ma solo sulla carta. Anzi, nemmeno quella. Perché alle intenzioni difettano le risposte dei governi, con il risultato che la Commissione europea non è nella condizione di poter dire se e fino a che punto si potranno registrare progressi. La Strategia sulla biodiversità per il 2030 con tutti i suoi obiettivi registra dunque ritardi, in barba all’Ue della transizione ‘green’. A Bruxelles, lato Commissione, si cerca di minimizzare, mentre nella capitale dell’Ue, lato Parlamento, si chiede lumi.
E’ l’europarlamentare socialista Cesar Luena a chiedere di fare un punto della situazione, con tanto di interrogazione, per quello che è un tassello legislativo chiave del più ampio Green Deal europeo. Presentata il 20 maggio 2020, la strategia dell’Ue sulla biodiversità per il 2030 è un piano complessivo, ambizioso e a lungo termine per proteggere la natura e invertire il degrado degli ecosistemi.
Che si tratti di aree terrestre, marittima, lacustre o fluviale, gli Stati membri hanno riconosciuto che “la biodiversità diminuisce a un ritmo allarmante”. Da qui l’impegno a proteggere la diversità biologica e ripristinarla laddove necessario. Gli obiettivi concordati impongono la salvaguardia del 30 per cento del territorio dell’Ue e del 30 per cento delle aree marine entro il 2030, di cui il 10 per cento deve essere rigorosamente protetto. “Ci aspettava che gli Stati membri presentassero i loro impegni individuali e quindi il loro contributo all’obiettivo di protezione del 30 per cento, come delineato nella strategia, entro la fine del 2023”, lamenta l’europarlamentare, consapevole che qualcosa non torna.
Mancano le strategie dei governi, riconosce il commissario per l’Ambiente e il mare, Virginius Sinkevicius. A cinque mesi dalla scadenza “solo sei Stati membri” su 27 hanno notificato alla Commissione europea gli impegni per il raggiungimento degli obiettivi relativi alle aree protette nell’Ue nell’ambito della Strategia sulla biodiversità per il 2030. A oggi soltanto Danimarca, Francia, Germania, Lussemburgo, Spagna e Svezia hanno notificato piano chiari e precisi.
Sinkevicius tiene a precisare che non vi erano obblighi giuridici e che “la presentazione di impegni non è una precondizione per realizzare progressi in termini di designazione delle aree protette”. Tuttavia, ammette, “a causa del numero limitato di impegni ricevuti finora, la Commissione non dispone di informazioni sufficienti per valutare se l’UE è sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi in materia di aree protette entro il 2030”.
L’esecutivo comunitario non può dire, in sostanza, se si stanno facendo progressi, e ciò a causa della latitanza di praticamente tre quarti dei membri del club a dodici stelle. Sinkevicius assicura che “la Commissione intende proseguire il dialogo con gli Stati membri e rivedere gli impegni assunti”, che è l’unica cosa da fare in assenza di piani scritti e dettagliati. Avanti con la protezione della biodiversità, ma alla cieca. Non certo un bel biglietto da visita per l’Ue della sostenibilità.