Roma – “Forza Italia e Partito popolare europeo hanno già immaginato che la prossima legislatura debba concentrarsi su un ‘Good Deal’, un buon accordo”. Salvatore De Meo, presidente della commissione Affari Costituzione del Parlamento europeo, membro della commissione Itre e Agri, candidato alle elezioni europee del prossimo 8-9 giugno per la circoscrizione Italia-Centrale, mette in evidenza cosa non ha funzionato nella transizione verde imboccata cinque anni fa. “Il Green Deal, che nasce nel 2019, non ha tenuto conto di quegli eventi epocali che nessuno immaginava, come la pandemia, i due scenari di guerra e soprattutto la resistenza ideologica di alcuni gruppi politici riconducibili a Timmermans, che non hanno voluto nemmeno aprire quel dibattito, Dibattito che poi si è dovuto inevitabilmente aprire nella parte finale di questa legislatura per rendere praticabili questi obiettivi ambiziosi, legittimi e condivisibili”, dice nel corso del #GeaTalk.
Quindi, per De Meo “la prossima legislatura non deve fare marcia indietro”, ma fare in modo che certi obiettivi siano “conseguiti in maniera realistica, pragmatica sempre e comunque sottolineando che la sostenibilità ambientale deve essere coniugata con la sostenibilità sociale, economica e produttiva”. Sintetizzando, il futuro “è quello di far sì che quest’Europa si renda conto che la vita reale è un po’ diversa da quella descritta da alcuni tecnocrati, che hanno preso il sopravvento rispetto ad un’assenza di politica che riesca a definire una visione”.
La linea “è tracciata e non può essere cancellata”, secondo De Meo. Il riferimento è alle sfide come “le transizioni verde e digitale, che devono però essere riviste alla luce di ciò che è accaduto e che ha avuto un impatto su tutte le dinamiche del Pianeta. Dobbiamo insistere ma con un ambientalismo che non diventi ideologico, con il pragmatismo, perché la sostenibilità ambientale venga declinata anche da un punto di vista sociale, economico e produttivo”. L’obiettivo è quello di “rendere la nostra Europa sempre più autonoma e competitiva: solo in questo modo saremo in grado di poter essere seduti al tavolo che conta, alla pari e non in maniera subalterna rispetto ad altri continenti – aggiunge -. Perciò non possiamo non guardare a tutto ciò che riguarda l’autonomia alimentare e l’autonomia energetica, conservando le nostre prerogative e i nostri valori”.
Tra nuova Pac e rinnovabili l’agricoltura assume un ruolo centrale nell’Europa che verrà. De Meo affonda il colpo: “Noi siamo contrari all’occupazione del fotovoltaico di terreni agricoli che, invece, devono essere destinati alle funzioni primarie e siamo contrari anche all’invasione di interi parchi fotovoltaici o eolici in alcuni ambienti che, tra l’altro, verrebbero violati nella loro identità paesaggistica e naturalistica”, attacca. E fa esempi concreti: “Nella regione Lazio, così come nella Toscana o nella Puglia, credo che non si possa non guardare sia al fotovoltaico sia alle rinnovabili in generale, con un quadro regolatorio che eviti anche una deturpazione del nostro ambiente. Perché, poi, non si può vivere di solo ambiente: dobbiamo coniugare le politiche ambientali con quelle industriali con quelle sociali e produttive”.
La Pac ha portato i trattori a Bruxelles e a proteste violente. Sottolinea De Meo: “Forza Italia e il Partito popolare europeo, ma anche altri gruppi politici, avevano segnalato da anni che si stava andando in una direzione che avrebbe esasperato il sistema produttivo agricolo. Lo abbiamo dovuto registrare con una tensione che è andata anche oltre la legittima dimostrazione di coloro i quali sono stati messi sul banco degli imputati e definiti come gli inquinatori del mondo”. Quindi, prosegue De Meo, “la prima narrativa da ribaltare è proprio questa. Anzi, gli agricoltori sono le sentinelle dell’ambiente, coloro i quali non hanno piacere di utilizzare fitofarmaci e non hanno piacere di disperdere le acque. Ma hanno bisogno di avere strumenti che consentano loro di essere competitivi e di garantire la nostra sicurezza alimentare”.
L’appuntamento dell’8 e 9 giugno è una opportunità da cogliere, racconta De Meo, consapevole che le elezioni europee hanno poco appeal sugli italiani e che la campagna elettorale rischia di diventare solo una prova di forza a uso interno. Il cambiamento è nell’aria: “Il Partito popolare europeo non ha escluso riserve e critiche a Ursula von der Leyen che, in questa legislatura, anche in ragione di una maggioranza che in alcuni momenti si è sbilanciata troppo a sinistra, ha assunto delle posizioni che erano troppo appiattite su un vicepresidente, Timmermans”.
E Mario Draghi? Meglio alla Presidenza del Consiglio o della Commissione Ue? “Non possiamo fare nessun tipo di previsione, dobbiamo aspettare l’esito delle elezioni – puntualizza De Meo -. Io non immagino nomi, se non quelli che stanno nel perimetro fisiologico delle regole attuali e che hanno visto i singoli gruppi politici, tra cui il Ppe, fare una procedura di individuazione del proprio candidato. Draghi è un nome autorevole, ma non credo che in questo momento si debba ricorrere al nome autorevole, ancor prima di aver capito quelle che sono le nostre risultanze elettorali”.