Bruxelles – Entro il 20 settembre ogni Stato membro dovrà notificare a Bruxelles il piano a medio termine di rientro dei disavanzi pubblici. Così prevede la riforma del patto di stabilità già in vigore dopo il via libero definitivo del Consiglio dell’Ue. Ma le nuove regole prevedono un calendario più ampio e più ricco di scadenze, che farà sì che la politica, inclusa quella tricolore, non andrà in vacanza. Il piano di rientro dovrà essere stilato sulla base delle indicazioni della Commissione, che il 21 giugno provvederà a comunicare a ogni governo la rispettiva traiettoria di riduzione del debito.
La riduzione di spesa netta è il parametro di riferimento a cui l’esecutivo comunitario guarderà con inflessibile attenzione. Se non ci si atterrà a queste traiettorie, si potranno avviare le procedure per disavanzi eccessivi legate al debito. Ad ogni modo, le traiettorie di riferimento di aggiustamento dei conti pubblici che la Commissione indicherà il 21 giugno saranno inizialmente confidenziali, e quindi non rese pubbliche. Ciò perché subito dopo, durante l’estate, inizierà il dialogo tecnico tra la stessa Commissione e gli Stati membri. Un negoziato funzionale alla stesura dei piani di rientro del debito attesi al più tardi il 20 settembre.
In autunno, poi, in occasione dell’adozione del pacchetto del semestre europeo contenente le raccomandazioni specifiche per Paese, l‘esecutivo comunitario pubblicherà le valutazioni a questi piani di rientro. E’ in questa circostanza che le traiettorie di riduzione del debito diventeranno pubbliche, perché ufficiali. In caso di giudizio negativo il governo sarà invitato a presentare una versione aggiornata e riveduta della strategia, da attuare rigorosamente a partire dall’1 gennaio 2025. A partire da quel momento, ogni anno al più tardi entro il 30 aprile, dovranno presentare relazioni annuali sui progressi registrati in termini di riforme e misure di riduzione del debito.
Cose da fare non mancano. Il nuovo patto di stabilità non manderà in vacanza i governi nazionali. Questo vale anche e soprattutto per l’esecutivo Meloni. A un Paese come l’Italia, con il secondo debito pubblico più altro in rapporto al Pil dopo quello ellenico, gli sforzi richiesti saranno molti, e gli scontri pochi. Perché, chiariscono a Bruxelles, per poter chiudere un occhio sulle spese in materia di difesa, che comunque resta un fattore rilevante ai fini del calcolo degli squilibri macro-economici, occorre che almeno il rapporto tra deficit e Pil sia riportata entro la soglia del 3 per cento, cosa che non è così al momento.