Bruxelles – All’ultimo respiro, ma l’Unione europea ce la fa. Le nuove regole di bilancio sono approvate dall’Aula del Parlamento europeo nell’ultima seduta della legislatura, che vede il varo della riforma del patto di Stabilità e crescita permettendo alla Commissione europea di tirare un sospiro di sollievo. “Il vostro voto oggi è importante per dare prova di credibilità”, sottolinea Valdis Dombrovskis, commissario per un’Economia al servizio delle persone, nel dibattito che precede un voto dall’esito scontato. La maggioranza c’è. Popolari (Ppe), Liberali (Re) e socialisti (S&D) confermano l’accordo inter-istituzionale, com’era lecito attendersi.
Alla fine tutto confermato: percorsi di riduzione del debito chiari in termini di sforzi (Paesi come l’Italia, con un rapporto debito/Pil superiore al 90 per cento dovranno ridurre ogni anno questo rapporto dell’1 per cento questa eccedenza) e di tempistiche (quattro anni, ma estendibili a sette previa negoziazione con Bruxelles e presentazione di un piano di riforme), creazione di spazio di spesa precauzionale utile per rispondere a eventuali shock (chi non sfora il tetto del 3 per cento deficit/PIL dovrà comunque ridurlo, per creare uno spazio dell’1,5 per cento così da non mettere sotto pressione i conti), co-finanziamento nazionale non conteggiato ai fini degli squilibri di bilancio per tutto ciò che è spesa prioritaria (doppia transizione verde e digitale e difesa), possibilità di scostamento in caso di circostanze eccezionali.
Il voto di Strasburgo produce uno strappo tutto italiano. I partiti della maggioranza di governo – Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia – si astengono al momento del voto dell’accordo inter-istituzionale, ma votano contro l’emendamento che chiedeva di respingerlo. Astenuti anche gli europarlamentari del Pd, contrari quelli del Movimento 5 Stelle.
Il Pd sceglie l’astensione nella consapevolezza che regole comuni sono necessarie, ma non quelle uscite al termine del negoziato, spiega il capo delegazione Brando Benifei, convinto che il testo finale sia “eccessivamente peggiorativo non soltanto rispetto alla proposta originaria del Commissario Gentiloni che abbiamo sostenuto ma anche della posizione del Parlamento Europeo, specialmente se guardiamo agli interessi dell’Italia”. Semmai, attacca: “L’astensione di tutte le forze politiche della maggioranza di centrodestra al Parlamento europeo ha del clamoroso, e sconfessa ufficialmente l’operato del governo Meloni e del Ministro Giorgetti, che dovrebbe trarne le conseguenze del caso“.
Si chiedono dunque le dimissioni del titolare del Tesoro, che arrivano chiare da Mario Furore, del Movimento 5 Stelle: “I partiti di maggioranza si astengono al Parlamento europeo sul Patto di Stabilità, sfiduciando di fatto il Ministro Giorgetti che lo aveva negoziato in Europa“. All’interno della maggioranza però si tira dritto. Quello di oggi, spiega il capo delegazione di Forza Italia, Fulvio Martusciello, non è che un primo round. “Nella prossima legislatura cambieremo le regole. Il Patto di stabilità così come votato non serve all’Italia. Lo cambieremo con una nuova maggioranza”.
Il problema per l’Italia però non è questo, o almeno non solo questo. Perché l’esecutivo comunitario adesso esige le strategie nazionali di rientro del debito. “Ci aspettiamo che gli Stati membri presentino le strategie di aggiustamento di bilancio di medio termine entro il 20 settembre“, scandisce Dombrovskis.