Bruxelles – A più di quattro mesi dalla proposta dell’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, di imporre misure restrittive contro i coloni israeliani colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani contro le comunità palestinesi nei territori occupati, l’Unione europea rompe gli indugi e inserisce quattro persone e due entità nell’elenco del regime di sanzioni Ue in materia di diritti umani.
Colpevoli di “tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti e la violazione del diritto alla proprietà e alla vita privata e familiare dei palestinesi in Cisgiordania”. Sono il gruppo radicale di destra suprematista ebraico Lehava – molto vicino al ministro per la Sicurezza nazionale di Israele, Itamar Ben-Gvir -, l’organizzazione giovanile Hilltop Youth e due dei suoi leader, Meir Ettinger ed Elisha Yered, ma anche Neria Ben Pazi – accusata dal 2021 di aver ripetutamente attaccato i palestinesi a Wadi Seeq e a Deir Jarir – e Yinon Levi, che ha preso parte a molteplici atti di violenza contro i villaggi vicini alla sua residenza nell’avamposto illegale della fattoria Mitarim.
Questi ultimi due erano già stati presi di mira dalle sanzioni imposte a febbraio e a marzo dagli Stati Uniti. Per loro e per tutte le persone ed entità elencate nel regime di sanzioni – che si applicano ora a 108 persone fisiche e giuridiche e a 28 entità di diversi Paesi – viene disposto il congelamento dei beni detenuti sul territorio Ue e il divieto di fornire fondi o risorse economiche, direttamente o indirettamente, a loro o a loro beneficio. Inoltre, alle persone fisiche sarà impedito l’ingresso sul suolo dell’Unione europea.
Esulta la Missione della Palestina presso l’Unione Europea: l’ambasciatore Adel Atieh ha dichiarato che “le organizzazioni terroristiche Lehava, Hilltop Youth e i coloni Meir Ettinger ed Elisha Yered, Neria Ben Pazi e Yinon Levi sono i principali individui ed entità terroristiche responsabili dell’assassinio di centinaia di palestinesi“. Per l’Autorità Nazionale Palestinese “si tratta di un passo fondamentale per sostenere il diritto internazionale e promuovere la causa della giustizia”. L’ambasciatore ha tuttavia sottolineato “l’urgente necessità di passi più tangibili per affrontare le cause alla radice delle continue violazioni dei diritti dei palestinesi”, perché “l’occupazione israeliana continua a operare impunemente, perpetuando l’ingiustizia e la sofferenza di milioni di palestinesi”.
La decisione del Consiglio dell’Ue fa seguito a quanto messo nero su bianco dai capi di stato e di governo dei 27 nel Consiglio europeo del 21-22 marzo, quando i leader hanno chiesto di “porre immediatamente fine alla violenza in Cisgiordania e a Gerusalemme Est e di garantire un accesso sicuro ai luoghi sacri” e affermato che “i responsabili di violazioni dei diritti umani devono essere chiamati a risponderne”. Esortando il Consiglio ad “accelerare i lavori per l’adozione di misure restrittive mirate”.
Di fronte alla noncuranza con cui, nonostante la situazione già disastrosa a Gaza e una serie di risoluzioni delle Nazioni Unite le ritengano illegali ai sensi del diritto internazionale, il 6 marzo il governo israeliano aveva annunciato il via libera alla costruzione di 3.400 nuove abitazioni all’interno di diverse colonie nei territori occupati, i leader Ue avevano espresso una ferma condanna e esortato Israele a revocare tali decisioni.
L’aumento della violenza dei coloni in Cisgiordania dal 7 ottobre
Ma – come dichiarato da Borrell già l’11 dicembre scorso – era ora di “passare dalle parole ai fatti”. E il segnale politico lanciato oggi dai 27, seppur non potrà certo essere risolutivo, è forte. Soltanto nell’ultimo anno Israele ha approvato la costruzione di oltre 18 mila abitazioni nei territori palestinesi occupati e – secondo una recente inchiesta del The Guardian – solo a Gerusalemme est sono più di 20 i progetti approvati o avanzati dal 7 ottobre scorso.
Dall’attacco terroristico di Hamas che ha scatenato la feroce operazione militare israeliana a Gaza, sono aumentati vertiginosamente gli episodi di violenza contro la popolazione palestinese nella West Bank e a Gerusalemme Est. Un rapporto della ong Human Rights Watch, pubblicato il 17 aprile, accusa i coloni, spesso spalleggiate dall’esercito, di aver espulso «almeno sette comunità» dai propri villaggi dal 7 ottobre a oggi.
Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari nei territori palestinesi occupati (Ocha-Opt), gli attacchi di coloni israeliani contro i palestinesi dal 7 ottobre sono stati 774. Da quel giorno sono stati uccisi 451 palestinesi in Cisgiordania e a Gerusalemme est, tra cui 112 minori. Di questi, 435 dall’esercito e gli altri 16 nei raid dei coloni. I palestinesi rimasti feriti in vari incidenti che hanno coinvolto le forze israeliane o i coloni sono 4.890. Nello stesso periodo, nove israeliani, di cui cinque membri delle forze israeliane, sono stati uccisi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e 91 sono stati feriti, di cui 59 membri delle forze israeliane.