Bruxelles – L’Europa e la difesa non vanno d’accordo. L’Ue ‘sconta’ il suo progetto di pace che ha investito tanto nel multilateralismo e poco, troppo poco, nella capacità di rispondere a minacce esterne. La situazione è tale che “non abbiamo capacità sufficiente per difendere l’Unione europea“, riconosce Benedikta Seherr-Thoss, direttrice esecutiva del dipartimento Pace, sicurezza e difesa del Servizio per l’azione esterna dell’Ue, in occasione del Summit europeo della difesa. Certo, la guerra russo-ucraina ha rappresentato un momento di presa di coscienza sui ritardi ormai strutturali, che le nuove iniziative dell’Ue non servono a risolvere. “Dovremmo avere più risorse di quelle già messe”, riconosce Seherr-Thoss. Il miliardo e mezzo annunciato da von der Leyen dunque non basta.
Anche l’Agenzia europea le la difesa (Eda) è consapevole delle inadeguatezze di bilancio. “Serve una prospettiva finanziaria di lungo periodo“, che vada oltre l’orizzonte del 2030, sottolinea Jiri Sedivy, direttore esecutivo dell’Eda, consapevole di un cambiamento di rotta in atto ma che richiederà tempo. “Siamo all’inizio di un lungo percorso di consolidamento” del settore, confida.
L’industria però non ha tempo da perdere. Solo per produrre un esemplare di carrarmato Leopard occorrono due anni dal momento in cui parte la commessa. Le imprese del settore sanno che va fatto di più, sono pronte a partire, ma hanno bisogno degli input necessari per rispondere alla crescente necessità di più sicurezza e difesa. “Dobbiamo incrementare la nostra produzione“, sottolinea Kevin Craven, amministratore delegato di Ads, l’associazione delle imprese della difesa e dell’aerospazio del Regno Unito, membro di Asd Europe, l’Associazione europea dell’industria della difesa e dell’aerospazio. Perché ciò sia possibile occorre che i governi aumentino le commesse, visto il settore particolare, che vende ai governi e non ai privati. Bisogna stimolare la domanda per rilanciare l’offerta e quindi la produzione.
Il rilancio della produzione è solo una delle tre priorità che ravvisa Craven, che pone l’accento su investimenti e ‘logiche consorziali’. “Dobbiamo creare l’ambiente giusto per gli investimenti, e poi accrescere la cooperazione”, continua: “A livello politico, militare e industriale dobbiamo lavorare di più insieme“.
Il lavoro non manca. L’industria è pronta, ma serve lo stimolo della politica. “C’è ancora tanto da fare”, sottolinea Micael Johannson, amministratore di Saab e vicepresidente di Asd Europe. “Servono tanti investimenti e impegno di lungo termine“, vale a dire una strategia superiore ai cinque anni.
Dall’Italia arriva l’invito a intervenire sul mercato del lavoro. Perché, sottolinea l’ad di Leonardo, Roberto Cingolani, “la difesa sta evolvendo, la tecnologia sta evolvendo”, e oggi c’è la necessità di un’innovazione impossibile da portare avanti. “Abbiamo un problema: non abbiamo abbastanza personale qualificato” e con competenze digitali. Questo in un momento in cui “la digitalizzazione è diventata uno strumento di difesa, e nessuno l’ha capito veramente dall’inizio”. Ecco perché, continua l’ad di Leonardo, “digitalizzazione, sicurezza cibernetica e spazio devono essere centrali” se si vuole competere e garantire quella sicurezza che oggi l’Europa deve ‘comprare’.
In termini di sicurezza “oggi dipendiamo per il 78 per cento dall’esterno“, lamenta Seher-Thoss. “Quello che dobbiamo chiederci è quanto vogliamo essere dipendenti” dagli altri. La risposta che offre alla platea è che “a prescindere da chi vincerà le prossime elezioni americane, l’Ue deve fare di più”. Ne è convinto anche il generale Claudio Graziano, presidente di Fincantieri. “Dobbiamo potenziare la nostra base industriale. Quanto accaduto ha visto che siamo nudi”, dice riferendosi alla guerra russo-ucraina e a come si è reagito. “Non abbiamo le munizioni“, ricorda.
La Commissione europea, in questo ambito, può poco. Nella complessità di un tema ancora fortemente nazionale, la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, promette di fare quello che può, in modo unitario. “Dobbiamo inviare collettivamente un segnale forte all’industria”, la premessa d’obbligo. “Questo è il motivo per cui esamineremo come agevolare gli accordi di prelievo per gli Stati membri interessati. Ciò darebbe alle nostre aziende del settore della difesa ordini stabili e prevedibilità nel lungo termine”.