Sono due grandi ex, uno quasi giovane, l’altro quasi anziano, ma sono due ex presidenti del Consiglio italiani ai quale l’Unione europea ha chiesto un parere per superare la crisi attuale e rilanciarsi nei prossimi anni. Enrico Letta e Mario Draghi da mesi lavorano a due rapporti, uno sul Mercato Unico e uno sulla Competitività, sui quali dovranno riferire ai capi di Stato e di Governo ed alla Commissione perché abbiano un materiale di riflessione sul come uscire dalle secche, in primo luogo economiche, nella quali rischia di arenarsi la nave dell’Unione europea. Il primo ha avuto l’incarico dal Consiglio europeo, il secondo dalla Commissione, ma il prodotto del loro lavoro sarà per tutti. Ed è un prodotto diverso ovviamente, ma altamente coordinato, a quanto si è capito dalle anticipazioni che gli stessi autori hanno concesso in questi giorni.
Letta è atteso giovedì mattina dal Consiglio europeo, Draghi andrà a fine giugno, ma il quadro che hanno disegnato i due incaricati in gran parte coincide, ed in gran parte coincidono anche le soluzioni. I due si conoscono da tempo, si sono ovviamente confrontati in questo periodo, allo scopo di presentare, come ha sintetizzato di recente Letta parlando del suo rapporto, “un prodotto che sia fruibile politicamente”.
Draghi ne ha parlato oggi, durante un evento a Bruxelles, ed ha spiegato che è necessario intervenire presto ed in maniera profonda con un “un cambiamento radicale”, anche perché “non possiamo permetterci il lusso di aspettare una modifica dei Trattati”. Letta, pochi giorni fa, sempre a Bruxelles in un altro evento, aveva detto che “il mio rapporto trasmetterà un drammatico senso di urgenza, l’inerzia non è più una risposta, evitiamo di fare ‘passetti'”. I presupposti sono in linea. E lo sono anche quando Letta spiega che “ci servono grandi player”, mentre Draghi afferma che “la frammentazione ci frena”, e quindi ciò che propone nella sua relazione “è un cambiamento radicale, perché è ciò di cui abbiamo bisogno. In definitiva, dovremo realizzare la trasformazione dell’intera economia europea”. Insomma, bisogna crescere di scala, e i settori sui quali ambedue insistono sono le telecomunicazioni, l’energia, i capitali, la difesa. Come afferma Letta, citando gli Stati Uniti ai quali fa riferimento spesso anche Draghi, lì “il mercato unico funziona, da noi ha invece ancora difficoltà, frammentazione… dobbiamo inventarci una politica industriale europea”.
Poi, se Letta dice che “le interconnessioni sono il tema sul quale maggiormente metterò l’accento”, Draghi risponde che “nell’economia europea esistono diversi punti di strozzatura in cui la mancanza di coordinamento fa sì che gli investimenti siano inefficienti. Le reti energetiche, e in particolare le interconnessioni, ne sono un esempio. Si tratta di un chiaro bene pubblico, poiché un mercato energetico integrato ridurrebbe i costi energetici per le nostre aziende e ci renderebbe più resilienti di fronte alle crisi future – un obiettivo che la Commissione sta perseguendo nel contesto di REPowerEU”.
C’è il problema di chi paga, e la risposta, anche qui, è simile: non bastano i soldi pubblici, ci vogliono quelli dei privati. “… la maggior parte del gap di investimenti dovrà essere coperto da investimenti privati – afferma Draghi -. L’Ue dispone di risparmi privati molto elevati, ma sono per lo più incanalati nei depositi bancari e non finiscono per finanziare la crescita come potrebbero in un mercato dei capitali più ampio. Questo è il motivo per cui il progresso dell’Unione dei mercati dei capitali è una parte indispensabile della strategia complessiva per la competitività”. Letta anche ricorda che nell’Unione ci sono 33 trilioni di euro di risparmi privati “prevalentemente detenuti in valuta e depositi. Questa ricchezza, tuttavia, non viene sfruttata appieno per soddisfare le esigenze strategiche dell’Ue. Una tendenza preoccupante è la diversione annuale di circa 300 miliardi di euro di risparmi delle famiglie europee dai mercati europei all’estero, principalmente verso l’economia americana, a causa della frammentazione dei nostri mercati finanziari”, come riporta il collega David Carretta nel suo Mattinale anticipando una parte del testo dell’ex premier. A noi Letta ha detto che “dopo il Next Generation Eu bisogna pensare ad una nuova cosa, magari più piccola, ma strutturale, questa sarebbe una vera svolta”. Perché, ha spiegato, “serve un canale importante anche di investimenti privati, per fermare gli investimenti che vanno negli Usa, e far restare i soldi qui”.
Riflessioni in parte comuni dunque, pur nella diversità della materia analizzata nei due rapporti. Volendo semplificare al massimo le due approfondite analisi, che dimostrano le loro affermazioni, sono cose “ragionevoli”, comprensibili a tutti. Ora tocca alla politica rispondere.