Bruxelles – Edilizia sostenibile, l’Unione europea va avanti e l’Italia resta indietro. Con l’Ungheria. I due Paesi sono gli unici ad esserci opposti alla riforma delle regole per l’edilizia, dicendo ‘no’ alla proposta di direttiva sulla prestazione energetica nel settore delle costruzioni, più nota come ‘case green’. Il consiglio Ecofin riunito a Lussemburgo ha avuto il compito di approvare formalmente, e in via definitiva, un testo su cui era già stato trovato l’accordo inter-istituzionale, avallato dall’Aula del Parlamento europeo il 12 marzo scorso.
Nel voto dall’esito annunciato l’Italia ha voluto tenere il punto su quella che ritiene essere una scelta controproducente, ma il dato che emerge, alla fine, è un’alleanza Italia-Ungheria che non produce frutti e che vede isolati i due Paesi. Perché anche gli altri Stati membri non proprio convinti di procedere alla ristrutturazione forzata del parco immobiliare pubblico e privato, alla fine hanno scelto la via dell’astensione (è il caso di Croazia, Repubblica ceca, Polonia, Slovacchia e Svezia).
L’Italia di Giorgia Meloni e l’Ungheria di Viktor Orban si limitano dunque a mandare un segnale politico di disapprovazione, ma dovranno mettersi in regola come tutti. Ci saranno due anni di tempo, una volta che la direttiva sarò pubblicata in gazzetta ufficiale. Poi avanti con il rinnovo delle case.
Dal 2030 gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero. Per gli edifici residenziali, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16 per cento entro il 2030 e di almeno il 20-22 per cento entro il 2035. Sempre in base alla nuova direttiva, gli Stati membri dovranno inoltre ristrutturare il 16 per cento degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26 per cento entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica. Dal 2040 dovranno essere eliminate tutte le caldaie tradizionali alimentate con combustibili fossili.