Bruxelles – Il rischio di un crollo dell’intera architettura del Patto migrazione e asilo alla fine non si è concretizzato e il voto degli eurodeputati ha confermato senza troppi brividi tutti i dieci testi rimasti sul tavolo. L’appello della vigilia alla “responsabilità politica” da parte degli otto capi-negoziatori ha funzionato e, nonostante diverse defezioni all’interno della maggioranza parlamentare, il Patto migrazione e asilo nella sua interezza (almeno per quanto riguarda i file arrivati ai negoziati con il Consiglio dell’Ue) ha superato l’ultimo potenziale grosso scoglio nell’iter legislativo. Nonostante qualsiasi linea rossa della posizione iniziale dell’Eurocamera sia stata travolta, nonostante l’imposizione del mandato negoziale dei 27 governi Ue su quasi tutto il fronte, nonostante lo sdoppiamento di due file e l’introduzione post-intesa di emendamenti non concordati.
È un via libera, ma senza alcun entusiasmo. Se non quello delle presidenti del Parlamento e della Commissione – rispettivamente Roberta Metsola e Ursula von der Leyen – che parlano di “giornata storica” per il sistema di migrazione e asilo nell’Unione e di “traguardo enorme” dopo anni di discussioni, scontri e negoziati. Non hanno sortito gli effetti sperati dalle organizzazioni della società civile – con decine di manifestanti riuniti fuori dalla sede del Parlamento Ue e in rivolta dagli spalti al grido di This Pact kills, vote no durante il processo di voto – che chiedevano agli eurodeputati di far naufragare il Patto migrazione e asilo. Non è stata di certo una votazione semplice, ma non si è mai avvertito alcun momento di vera crisi per le sorti dei dieci file.
Basta considerare i risultati finali. Il Regolamento sulle procedure di asilo (Fabienne Keller) è passato con 301 voti a favore, 269 contrari e 51 astenuti, il Regolamento per le crisi, la strumentalizzazione e le cause di forza maggiore (Juan Fernando López Aguilar) con 301 a favore, 272 contrari e 46 astenuti, il Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Tomas Tobé) con 322 a favore, 266 contrari e 31 astenuti, il Regolamento che istituisce una procedura di rimpatrio alla frontiera (Fabienne Keller) con 329 a favore, 253 contrari e 40 astenuti, il Regolamento sullo screening (Birgit Sippel) con 366 a favore, 229 contrari e 26 astenuti, il Regolamento sul Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (Birgit Sippel) con 414 a favore, 182 contrari e 29 astenuti, il Regolamento Eurodac (Jorge Buxadé Villalba) con 404 a favore, 202 contrari e 16 astenuti, il Regolamento sul nuovo quadro di reinsediamento (Malin Björk) con 452 a favore, 154 contrari e 14 astenuti, il Regolamento sulle qualifiche (Matjaž Nemec) con 340 a favore, 249 contrari e 34 astenuti, e la direttiva sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (Sophie in ‘t Veld) con 398 a favore, 162 contrari e 60 astenuti.
Se si guarda alle decisioni di voto dei partiti italiani – nella complessità della questione che scaturisce da dieci file con scopi e finalità specifici – si può delineare a livello generale una spaccatura tra le forze della maggioranza di governo, un allineamento (non totale) tra Partito Democratico e Italia Viva, un’opposizione su quasi tutta la linea da parte del Movimento 5 Stelle. Più nello specifico il Pd ha scelto la linea dell’opposizione al Patto migrazione e asilo, fatta eccezione per il Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm) – di cui Pietro Bartolo era relatore-ombra per il gruppo S&D – e i tre dossier ‘meno securitari’ (reinsediamento, qualifiche e accoglienza), stessa scelta optata dal capo-delegazione di Iv, Nicola Danti, ma con il voto a favore anche su crisi e rimpatri. Fabio Massimo Castaldo, unico esponente dell’altro partito dell’ormai defunto ‘terzo polo’ (Azione), ha scelto di appoggiare tutti i file, esattamente come gli eurodeputati di Forza Italia. A proposito della maggioranza di governo in Italia, FdI ha sostenuto il Patto migrazione e asilo ma non nella sua impostazione generale secondo Ramm (né i tre file appoggiati invece dal Pd) e astenendosi sul Regolamento sulle procedure di asilo, mentre la Lega ha scelto la linea opposta, votando contro tutto fatta eccezione per i file ‘più securitari’: rimpatrio, Regolamento sul Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari ed Eurodac.
In attesa ora del via libera finale da parte del Consiglio dell’Ue – atteso per il 29 aprile per procedura scritta senza discussione – vale ancora una volta la pena ricordare che la gestione della migrazione e dell’asilo con il nuovo Patto sarà in stragrande maggioranza il risultato degli accordi tra i 27 governi Ue. E il fallimento del Parlamento Europeo su quasi tutta la linea. Nel Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm) i ricollocamenti di persone migranti tra Stati membri non sono più “misura primaria di solidarietà” come richiesto dagli eurodeputati, ma alla pari di contributi finanziari o supporto a Paesi terzi. Nel Regolamento sulle procedure di asilo (Apr) sono stati imposti dal Consiglio elenchi nazionali e Ue dei ‘Paesi terzi sicuri’ e la detenzione di fatto fino a sei mesi senza esenzioni nemmeno per le famiglie con minori di 12 anni. Nel Regolamento sullo screening è entrata senza eccezioni la cosiddetta ‘finzione di non ingresso’ e il meccanismo di monitoraggio non si applica alle attività di sorveglianza delle frontiere. Il Regolamento Eurodac mostra un’incoerenza con gli standard applicati ai cittadini Ue secondo il Gdpr sulla raccolta dei dati biometrici e le autorità nazionali possono raccogliere indiscriminatamente i dati fotografici dei volti. Per non parlare del Regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore, che ha visto l’integrazione forzata del Regolamento sulla strumentalizzazione e nessun passaggio a un meccanismo di ricollocamento obbligatorio tra gli Stati membri in caso di crisi.
La base del Patto migrazione e asilo
La base su cui si imposta il nuovo sistema del Patto migrazione e asilo è il rapporto tra solidarietà e responsabilità nella gestione delle persone migranti tra i Ventisette. Il primo concetto permea il Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm), che non supera in alcun modo il principio cardine del Regolamento di Dublino del 2013, ovvero che il compito di esaminare la richiesta di asilo di una persona che fa ingresso in modo irregolare sul territorio comunitario spetta al primo Stato membro Ue a cui accede. Paesi come Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna saranno responsabili delle richieste, mentre gli altri Paesi membri che vogliono ‘dublinare’ (cioè estradare) queste persone migranti – inclusi i minori e chi richiede il ricongiungimento con fratelli – dovranno semplicemente inviare una notifica, non più una richiesta di processo reciproco con l’accordo del Paese di primo approdo come accade oggi. Dopo l’entrata in vigore del Regolamento – a 24 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Ue – sarà introdotto l’ormai famoso meccanismo di solidarietà obbligatoria per tutti i Ventisette (sulla base di Pil e popolazione), che mette sullo stesso piano tre forme di solidarietà: ricollocamenti di persone migranti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi. I contributi ai Paesi membri possono essere destinati non solo ai sistemi di accoglienza, ma anche al finanziamento di strutture fisse e mobili di confine attraverso lo Strumento di gestione delle frontiere e dei visti (Bmvi) e il Fondo asilo, migrazione e integrazione (Amif). Nessun ricollocamento obbligatorio per le persone migranti sbarcate dopo operazioni di ricerca e soccorso in mare e per chi è sottoposto alla procedura Ramm non è prevista la rappresentanza legale, ma solo consulenza.
Il concetto della responsabilità è legato in particolare al Regolamento sulle procedure di asilo (Apr), che aumenta solo quelle previste per i Paesi di primo ingresso. Si applicherà automaticamente in caso di rischio per questioni di minaccia alla sicurezza – inclusi i minori non accompagnati – di “inganno delle autorità” o se la persona migrante proviene da un Paese con un tasso di riconoscimento inferiore al 20 per cento. Le procedure di frontiera prevederanno una detenzione di fatto, senza esenzioni nemmeno per le famiglie con minori di 12 anni, né una rappresentanza legale, né una sospensione per i ricorsi contro la maggior parte delle decisioni (l’eccezione è per inammissibilità di quelle basate sul concetto di “Paese terzo sicuro” e per minori non accompagnati). Cruciale in questo Regolamento è proprio il concetto di “Paese terzo sicuro”, per cui sono previsti sia un elenco Ue sia elenchi nazionali per giustificare e velocizzare rimpatri rapidi fuori dall’Unione, a meno che non ci siano legami della persona singola con lo Stato in questione che ne escludano la sicurezza. Tra i nuovi obblighi sul piano della responsabilità c’è quello di portare a termine l’esame della domanda di asilo attraverso la procedura di frontiera entro sei mesi (Apr), ma anche l’estensione del periodo di responsabilità della gestione delle domande per 20 mesi e il mantenimento a 12 mesi quello per le operazioni di ricerca e soccorso in mare (Ramm). Fissato a 30 mila persone il tetto massimale annuale per le procedure di frontiera, determinato sulla base di una formula che tiene conto del numero di attraversamenti irregolari delle frontiere e del numero di espulsioni nei tre anni precedenti.
Cosa succede all’arrivo delle persone migranti
Una volta che le persone migranti arriveranno alle frontiere dell’Unione, il Regolamento sullo screening del Patto migrazione e asilo prevederà una procedura di trattenimento di 7 giorni per la divisione tra procedure di regolari (Ramm) o accelerate (Apr) per il trattamento delle loro richieste di asilo. Essendo rimasta la cosiddetta ‘finzione del non ingresso’ – ovvero che chiunque sia sottoposto allo screening in un centro apposito non sarà considerato legalmente nel territorio dello Stato membro e quindi dell’Ue – di fatto le persone migranti saranno detenute, in quanto dovranno rimanere a disposizione delle autorità senza possibilità di entrare sul suolo nazionale. Alcune garanzie prevedono la possibilità per i richiedenti di avere accesso a una copia del modulo di screening e il mantenimento delle “norme pertinenti in materia di trattenimento” stabilite nella direttiva sui rimpatri del 2008 (la revisione contenuta nel Patto migrazione e asilo è l’unico dossier che per certo non andrà in porto). Ma il meccanismo di monitoraggio – che non necessariamente include le Ong, ma può farlo a discrezione degli Stati – non si applica alle attività di sorveglianza delle frontiere (con una normalizzazione della profilazione razziale) e se lo Stato riconosce una minaccia per la sicurezza potrà garantire alle autorità nazionale l’accesso diretto a tutti i dati sulla persona in tutti i database.
Per quanto riguarda le banche dati, secondo il Regolamento Eurodac tutte le persone migranti beneficiarie di protezione temporanea a partire dai 6 anni di età dovranno accettare la raccolta dei loro dati biometrici, anche se per il Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) il trattamento è lecito solo se il minore ha almeno 16 anni. Nell’ampliamento dell’accesso ai dati per le autorità nazionali è stata inclusa anche la raccolta dei dati fotografici dei volti, di fatto dando il via libera alla sorveglianza di massa delle persone in arrivo sul suolo dell’Unione. I segnalatori di sicurezza da inserire nella banca dati Eurodac durante il processo di screening e delle procedure di frontiera prevederanno tutta una serie di nuove categorie – come l’attraversamento irregolare di una frontiera – anche attraverso la revisione del Regolamento di Revisione del sistema di entrata e uscita.
Cosa succede in caso di crisi
Uno dei punti più controversi del Patto migrazione e asilo è il Regolamento per le crisi, la strumentalizzazione e le cause di forza maggiore, che si occupa dei momenti in cui si verifica un “arrivo di massa di persone” eccezionale o inaspettato, anche a seguito di uno sbarco dopo un’operazione di ricerca e soccorso in mare. Di fatto è passata la posizione negoziale del Consiglio, che ha portato all’inserimento della strumentalizzazione (un Regolamento inizialmente a sé stante e su cui il Parlamento non aveva dato l’ok) in quello per le crisi e le cause di forza maggiore, nel caso in cui “un Paese terzo o un attore non statale ostile incoraggia o facilita il movimento di cittadini di Paesi terzi e di apolidi” verso le frontiere esterne Ue “con l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro”, mettendo “a rischio le funzioni essenziali di uno Stato membro”. Le Ong sono escluse da questa definizione, ma nei fatti solo se possono dimostrare che le loro azioni (in mare e non) non sono destinate alla destabilizzazione, con chiari rischi di ripercussioni per la criminalizzazione della solidarietà.
Nemmeno nelle situazioni di crisi sono previsti ricollocamenti obbligatori di persone migranti tra i Paesi membri, ma varranno le stesse tre modalità di solidarietà previste dal Regolamento Ramm (ricollocamenti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi). In questo scenario scattano invece delle deroghe al sistema generale di gestione della migrazione e dell’asilo: la soglia del tasso di riconoscimento per cui le persone possono essere ammesse alle procedure di frontiera (secondo il Regolamento Apr al 20 per cento) si alza al 50 per cento nelle situazioni di causa di forza maggiore, al 60/70 per cento in quelle di crisi e al 100 per cento in quelle di strumentalizzazione. Anche in questo caso dalle procedure di frontiera – la cui durata può essere estesa di ulteriori sei settimane (rispetto ai 9 mesi di Apr) – non sono escluse le famiglie con bambini di età inferiore ai 12 anni.