Bruxelles – Il Parlamento europeo di fronte al durissimo rapporto di Francesca Albanese sul genocidio perpetrato dallo Stato di Israele a Gaza. La relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, invitata a Bruxelles da Manu Pineda, eurodeputato spagnolo e presidente della delegazione dell’Eurocamera per le relazioni con la Palestina, ha tirato le somme di cinque mesi di dati, analisi e studi sull’offensiva di Tel Aviv: con la conclusione che “ci sono ragionevoli motivi per credere che la soglia che indica che Israele abbia commesso un genocidio è stata raggiunta“.
Per stendere il rapporto, Albanese si è basata sul lavoro delle delle organizzazioni sul campo, sulla giurisprudenza internazionale, sui rapporti investigativi e sulle consultazioni con le persone colpite, le autorità, la società civile e gli esperti. Perché a lei, Israele vieta l’ingresso a Gaza. Dei cinque atti specifici “commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale”, che costituiscono il crimine di genocidio secondo la Convenzione internazionale del 1948, Israele ne avrebbe perpetrati tre: “uccidere membri del gruppo, causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo e infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per portare alla sua distruzione fisica totale o parziale“.
I dati a supporto della tesi di Albanese sono agghiaccianti. In cinque mesi di operazioni militari, Israele ha sganciato su Gaza 25 mila tonnellate di esplosivo, l’equivalente di due bombe nucleari. Oltre 30 mila palestinesi uccisi, tra cui più di 13 mila minori. Più di 12 mila presunti morti e 71 mila feriti, molti dei quali con mutilazioni che cambiano la vita. Il 70 per cento delle aree residenziali è stato distrutto. L’80 per cento dell’intera popolazione è stata sfollata con la forza. “L’incalcolabile trauma collettivo sarà eredità delle generazioni a venire”, scrive la Relatrice delle Nazioni Unite.
Secondo Albanese “gli atti di genocidio sono stati approvati e resi effettivi a seguito di dichiarazioni di intenti genocidari rilasciate da alti funzionari militari e governativi”. Le accuse sono pesantissime: lo stato di Israele e gli alti gradi delle Idf hanno “cercato di nascondere la propria condotta eliminazionista“, distorcendo le regole del diritto internazionale umanitario e trattando un intero gruppo protetto e le sue infrastrutture vitali come “terroristi” o “sostenitori del terrorismo”. Trasformando così “tutto e tutti in un bersaglio o in un danno collaterale”.
La giurista e docente specializzata in diritti umani ripercorre anche le cause profonde, andando ben al di là dell’atroce attacco di Hamas del 7 ottobre. “Il genocidio di Israele sui palestinesi di Gaza è una fase di escalation di un processo di cancellazione coloniale di lunga data. Per oltre sette decenni questo processo ha soffocato il popolo palestinese come gruppo – demograficamente, culturalmente, economicamente e politicamente, cercando di spostarlo e di espropriare e controllare la sua terra e le sue risorse”, scrive ancora Albanese.
Alla luce delle evidenze elencate nel rapporto, la Relatrice dell’Onu lancia l’appello a tutti gli Stati membri per “attuare immediatamente un embargo sulle armi nei confronti di Israele“. Perché lo Stato ebraico e i Paesi “che si sono resi complici di ciò che può essere ragionevolmente concluso come genocidio, dovranno essere chiamati a rispondere e a fornire risarcimenti commisurati alla distruzione, morte e ai danni inflitti al popolo palestinese”. Albanese chiede anche alla comunità internazionale di sostenere il Sudafrica, che ha fatto ricorso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a seguito del mancato rispetto da parte di Israele delle misure imposte dalla Corte internazionale di giustizia per prevenire il crimine di genocidio.