Bruxelles – Non accenna a scemare una delle tensioni più gravi all’interno del gabinetto guidato da Ursula von der Leyen, a pochi mesi dalla fine del mandato dell’attuale Commissione Ue e in piena campagna elettorale per le elezioni europee di giugno. Il ‘Piepergate’, il caso politico scoppiato a seguito della nomina dell’eurodeputato Markus Pieper a inviato Ue per le piccole e medie imprese (Pmi), si sta allargando proprio per la mancanza di trasparenza da parte della presidente von der Leyen nel processo di scelta del compagno di partito della Cdu (Unione Cristiano-Democratica di Germania) e ora mezzo Collegio dei commissari sarebbe in rivolta per la possibile violazione della regola della collegialità.
Come riportano i giornalisti David Carretta e Christian Spillmann nella newsletter Il Mattinale, è stato il commissario per il Bilancio, Johannes Hahn – anche lui della famiglia dei popolari europei come von der Leyen e Pieper – a rispondere alla lettera del 27 marzo dei colleghi Thierry Breton (responsabile per il Mercato interno), Paolo Gentiloni (per l’Economia), Nicolas Schmit (per il Lavoro e i diritti sociali, nonché Spitzenkandidat del Partito Socialista Europeo) e Josep Borrell (vice presidente della Commissione e alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza), su delega della presidente dell’esecutivo dell’Unione. “La decisione è del tutto in linea con le regole“, sostiene Hahn nella sua risposta, da cui emerge anche il fatto che Pieper ha firmato il contratto lo scorso 31 marzo (il giorno di Pasqua) “e dovrebbe assumere le sue funzioni il 16 aprile”.
Una porta chiusa alla richiesta di discutere di nuovo le fasi del processo di nomina all’interno del Collegio dei commissari, senza nemmeno una parola da parte della presidente von der Leyen. Ma gli stessi quattro commissari sono tornati alla carica ieri (8 aprile) con una nuova lettera indirizzata ancora alla numero uno dell’esecutivo Ue, visionata dai due giornalisti basati a Bruxelles: “Riteniamo che sia necessaria una discussione più ampia sulla trasparenza e sulla collegialità del processo di nomina a cariche di alto livello all’interno della Commissione”. Mentre nel frattempo è montato anche il caso della nomina del capo di gabinetto, Björn Seibert, e del neo-direttore per la ‘Comunicazione e servizi politici’ presso la direzione generale della Comunicazione (Dg Comm), Alexander Winterstein, rispettivamente a responsabile della campagna elettorale e a responsabile comunicazione e relazione con i media per conto di von der Leyen come Spitzenkandidatin del Ppe, i quattro commissari europei hanno puntato il dito sul fatto che la nomina non ha tenuto conto della regola della collegialità che prevede la partecipazione di tutti i commissari nel processo di selezione.
Il ‘Pipergate’ sarebbe però solo l’ultimo caso – e il più eclatante – di una modalità di gestione delle nomine di alto livello da parte di von der Leyen. Tanto che mezzo Collegio dei commissari sarebbe particolarmente irritato per il comportamento della presidente von der Leyen e la mancanza di trasparenza del suo gabinetto. Oltre ai quattro commissari firmatari delle due lettere, Il Mattinale riporta di altri sette membri dell’esecutivo Ue insoddisfatti per quanto andato in scena dal 31 gennaio a oggi: Margrethe Vestager (vicepresidente esecutiva e commissaria per la Concorrenza), Věra Jourová (vicepresidente per i Valori e la trasparenza), Didier Reynders (responsabile per la Giustizia), Elisa Ferreira (per la Coesione e le riforme), Kadri Simson (per l’Energia), Janez Lenarčič (per la Gestione delle crisi) e Helena Dalli (per l’Uguaglianza). Se confermato dalla maggioranza dei gruppi politici al Parlamento Europeo, per giovedì (11 aprile) è prevista una votazione alla mini-sessione plenaria sul ‘Piepergate’ su iniziativa del gruppo dei Verdi/Ale per chiedere la revoca della nomina dell’eurodeputato della Cdu.
Il caso ‘Pipergate’
Tutto è iniziato lo scorso 31 gennaio, quando i servizi della Commissione Europea hanno reso nota la nomina di Pieper a inviato Ue per le Pmi – per tenere uno “stretto rapporto” con i rappresentanti imprenditoriali nazionali – entrando in carica “successivamente” e riferendo direttamente alla presidente von der Leyen e al commissario Breton. Secondo quanto riferito dal Berlaymont, Pieper vanterebbe “una vasta esperienza e competenza nelle politiche per le Pmi” in qualità di membro della commissione per l’Industria, la ricerca e l’energia (Itre) dell’Eurocamera in questa legislatura (è eurodeputato dal 2004) e avrebbe dimostrato “un’esperienza encomiabile” nelle relazioni strategiche “con una gamma diversificata di parti interessate, dimostrando forti capacità di leadership, di advocacy e di negoziazione”.
Tuttavia i primi dubbi sulla scelta del cristiano-democratico Pieper sono stati sollevati il 29 febbraio da 12 eurodeputati dei gruppi Verdi/Ale, S&D, Renew Europe e La Sinistra, che con un’interrogazione scritta hanno impegnato la Commissione a rispondere sulle “qualifiche aggiuntive” che hanno permesso a Pieper di superare gli altri candidati nella procedura di selezione. In particolare gli eurodeputati hanno rilanciato le notizie secondo cui “altre candidate donne, provenienti da Stati membri sottorappresentati in posizioni di responsabilità, abbiano ottenuto punteggi migliori nella procedura di assunzione in tre fasi” e per questo motivo si pongono “interrogativi sulla trasparenza del processo e sull’influenza del presidente della Commissione“. Non è un caso che una delle domande poste al Collegio dei commissari è proprio quella su quanto “l’affiliazione al partito del candidato prescelto ha giocato un ruolo decisivo nella sua nomina”. L’eurodeputata ceca Martina Dlabajová (Renew Europe), candidata alla carica, ha già presentato ricorso alla direzione generale Risorse umane della Commissione.
Mentre il primo firmatario dell’interrogazione, il verde tedesco Daniel Freund, ha fatto sapere che “dopo cinque settimane” dalla richiesta “non ho ancora ricevuto risposta” dalla Commissione Ue, la prima lettera dei quattro commissari ha chiesto esplicitamente a von der Leyen di discutere “alla prima occasione possibile” all’interno del Collegio su “queste accuse e il possibile impatto sulle prossime fasi del processo di assunzione” di Pieper. Oltre alle affiliazioni partitiche (Gentiloni, Schmit e Borrell sono socialdemocratici, Breton liberale), a determinare l’azione dei quattro commissari sarebbe stato il fatto che la stessa presidente von der Leyen avrebbe bypassato la raccomandazione a favore di Dlabajová da parte di Breton, commissario responsabile per il giudizio sul candidato più idoneo.