Bruxelles – Si potrebbe dire che sarà un voto obtorto collo, ma le responsabilità del Parlamento Europeo sul risultato finale del Patto migrazione e asilo affondano le radici nelle stesse scelte dell’ultimo anno dei negoziatori dei singoli file di cedere su quasi tutte le linee rosse iniziali, pur di portare a casa un accordo con i 27 governi Ue nel campo della migrazione e dell’asilo. Perché l’impostazione secondo cui ‘un Patto mal fatto è sempre meglio di nessun Patto’ ha permesso al Consiglio dell’Ue di imporre quasi in toto la sua linea negoziale e ha portato oggi gli eurodeputati – alla vigilia del voto finale in sessione plenaria – a smettere di esultare per un “accordo storico” e parlare esclusivamente di “responsabilità politica” nell’approvare l’intesa del 20 dicembre 2023, per avere un quadro armonizzato a livello europeo dopo anni di iter legislativo e in tempo per le elezioni di giugno.
A ventiquattr’ore dalla votazione della plenaria sui 10 dossier che compongono ora il Patto migrazione e asilo – e anche su questo vale la pena ricordare come il Consiglio abbia unilateralmente deciso di sdoppiare due file e introdurre emendamenti non concordati con i negoziatori del Parlamento Ue, nel silenzio generale degli eurodeputati – risulta abbastanza chiaro dai commenti degli otto negoziatori nel corso della conferenza stampa di oggi (9 aprile) che nessuno nell’emiciclo sia davvero soddisfatto di quanto è sul tavolo. “Non posso dirmi completamente contento, ma posso confermare che è un miglioramento rispetto alla situazione attuale e sarebbe una brutta notizia per la causa europea non ottenere nulla dopo così tanto sforzo“, ha spiegato un insolitamente poco baldanzoso Juan Fernando López Aguilar (S&D), relatore per il Regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore. “Se si vota contro, qual è il pro nello status quo?”, ha provato a essere più assertivo il relatore sul Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione, Tomas Tobé (Ppe): “Il mio lavoro ora è convincere i colleghi a rimanere fedeli alla promessa di avere un quadro comune”.
Alla vigilia del voto in plenaria è certo che l’estrema destra di Identità e Democrazia e il gruppo della Sinistra voteranno contro, più incerta è la posizione dei Verdi/Ale, mentre dovrebbe complessivamente reggere la maggioranza Ppe-S&D-Renew Europe e parte di Ecr, anche se con defezioni attese come quelle del Partito Democratico (il capo-delegazione, Brando Benifei, in una nota ha dichiarato che “per noi da italiani del Pd è davvero troppo poco e per questo voteremo contro“). Si dovrà però fare attenzione ai singoli dossier, dal momento in cui “abbiamo sempre sostenuto un approccio a pacchetto e, se uno cade, l’intera architettura cade”, ha avvertito la relatrice del Regolamento modificato sulle procedure di asilo, Fabienne Keller (Renew Europe). “Sappiamo che non ci sarà una nuova proposta sul tavolo presto, lo dico a chi si opporrà per ragioni che posso capire”, ha rimarcato la collega di gruppo politico e relatrice per la direttiva sulle condizioni di accoglienza, Sophie in ‘t Veld, senza nascondere che “avremmo potuto fare molto meglio negli ultimi cinque anni”. Più critica la relatrice per il Regolamento sullo screening, Birgit Sippel (S&D) – “con il concetto di ‘Paese terzo sicuro’ non vogliamo davvero un sistema di accoglienza per chiunque ne abbia bisogno” – anche se poi si è riallineata al senso di responsabilità: “Non eravamo soddisfatti nemmeno della proposta della Commissione, ma ci sono punti positivi e abbiamo l’opportunità di avere regole comuni“.
Sta di fatto che, almeno sulla carta (perché poi l’effettiva implementazione è un altro discorso), la gestione della migrazione e dell’asilo con il nuovo Patto sarà in stragrande maggioranza il risultato degli accordi tra i 27 governi Ue. E il fallimento del Parlamento Europeo su quasi tutta la linea, nonostante la base di partenza non fosse nemmeno così ambiziosa. Nel Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm) i ricollocamenti di persone migranti tra Stati membri non sono più “misura primaria di solidarietà” come richiesto dagli eurodeputati, ma alla pari di contributi finanziari o supporto a Paesi terzi. Nel Regolamento sulle procedure di asilo (Apr) sono stati imposti dal Consiglio elenchi nazionali e Ue dei ‘Paesi terzi sicuri’ e la detenzione di fatto fino a sei mesi senza esenzioni nemmeno per le famiglie con minori di 12 anni. Nel Regolamento sullo screening è entrata senza eccezioni la cosiddetta ‘finzione di non ingresso’ e il meccanismo di monitoraggio non si applica alle attività di sorveglianza delle frontiere. Il Regolamento Eurodac mostra un’incoerenza con gli standard applicati ai cittadini Ue secondo il Gdpr sulla raccolta dei dati biometrici e le autorità nazionali possono raccogliere indiscriminatamente i dati fotografici dei volti. Per non parlare del Regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore, che ha visto l’integrazione forzata del Regolamento sulla strumentalizzazione e nessun passaggio a un meccanismo di ricollocamento obbligatorio tra gli Stati membri in caso di crisi.
La base del Patto migrazione e asilo
La base su cui si imposta il nuovo sistema del Patto migrazione e asilo è il rapporto tra solidarietà e responsabilità nella gestione delle persone migranti tra i Ventisette. Il primo concetto permea il Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm), che non supera in alcun modo il principio cardine del Regolamento di Dublino del 2013, ovvero che il compito di esaminare la richiesta di asilo di una persona che fa ingresso in modo irregolare sul territorio comunitario spetta al primo Stato membro Ue a cui accede. Paesi come Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna saranno responsabili delle richieste, mentre gli altri Paesi membri che vogliono ‘dublinare’ (cioè estradare) queste persone migranti – inclusi i minori e chi richiede il ricongiungimento con fratelli – dovranno semplicemente inviare una notifica, non più una richiesta di processo reciproco con l’accordo del Paese di primo approdo come accade oggi. Dopo l’entrata in vigore del Regolamento – a 24 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Ue – sarà introdotto l’ormai famoso meccanismo di solidarietà obbligatoria per tutti i Ventisette (sulla base di Pil e popolazione), che mette sullo stesso piano tre forme di solidarietà: ricollocamenti di persone migranti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi. I contributi ai Paesi membri possono essere destinati non solo ai sistemi di accoglienza, ma anche al finanziamento di strutture fisse e mobili di confine attraverso lo Strumento di gestione delle frontiere e dei visti (Bmvi) e il Fondo asilo, migrazione e integrazione (Amif). Nessun ricollocamento obbligatorio per le persone migranti sbarcate dopo operazioni di ricerca e soccorso in mare e per chi è sottoposto alla procedura Ramm non è prevista la rappresentanza legale, ma solo consulenza.
Il concetto della responsabilità è legato in particolare al Regolamento sulle procedure di asilo (Apr), che aumenta solo quelle previste per i Paesi di primo ingresso. Si applicherà automaticamente in caso di rischio per questioni di minaccia alla sicurezza – inclusi i minori non accompagnati – di “inganno delle autorità” o se la persona migrante proviene da un Paese con un tasso di riconoscimento inferiore al 20 per cento. Le procedure di frontiera prevederanno una detenzione di fatto, senza esenzioni nemmeno per le famiglie con minori di 12 anni, né una rappresentanza legale, né una sospensione per i ricorsi contro la maggior parte delle decisioni (l’eccezione è per inammissibilità di quelle basate sul concetto di “Paese terzo sicuro” e per minori non accompagnati). Cruciale in questo Regolamento è proprio il concetto di “Paese terzo sicuro”, per cui sono previsti sia un elenco Ue sia elenchi nazionali per giustificare e velocizzare rimpatri rapidi fuori dall’Unione, a meno che non ci siano legami della persona singola con lo Stato in questione che ne escludano la sicurezza. Tra i nuovi obblighi sul piano della responsabilità c’è quello di portare a termine l’esame della domanda di asilo attraverso la procedura di frontiera entro sei mesi (Apr), ma anche l’estensione del periodo di responsabilità della gestione delle domande per 20 mesi e il mantenimento a 12 mesi quello per le operazioni di ricerca e soccorso in mare (Ramm). Fissato a 30 mila persone il tetto massimale annuale per le procedure di frontiera, determinato sulla base di una formula che tiene conto del numero di attraversamenti irregolari delle frontiere e del numero di espulsioni nei tre anni precedenti.
Cosa succede all’arrivo delle persone migranti
Una volta che le persone migranti arriveranno alle frontiere dell’Unione, il Regolamento sullo screening del Patto migrazione e asilo prevederà una procedura di trattenimento di 7 giorni per la divisione tra procedure di regolari (Ramm) o accelerate (Apr) per il trattamento delle loro richieste di asilo. Essendo rimasta la cosiddetta ‘finzione del non ingresso’ – ovvero che chiunque sia sottoposto allo screening in un centro apposito non sarà considerato legalmente nel territorio dello Stato membro e quindi dell’Ue – di fatto le persone migranti saranno detenute, in quanto dovranno rimanere a disposizione delle autorità senza possibilità di entrare sul suolo nazionale. Alcune garanzie prevedono la possibilità per i richiedenti di avere accesso a una copia del modulo di screening e il mantenimento delle “norme pertinenti in materia di trattenimento” stabilite nella direttiva sui rimpatri del 2008 (la revisione contenuta nel Patto migrazione e asilo è l’unico dossier che per certo non andrà in porto). Ma il meccanismo di monitoraggio – che non necessariamente include le Ong, ma può farlo a discrezione degli Stati – non si applica alle attività di sorveglianza delle frontiere (con una normalizzazione della profilazione razziale) e se lo Stato riconosce una minaccia per la sicurezza potrà garantire alle autorità nazionale l’accesso diretto a tutti i dati sulla persona in tutti i database.
Per quanto riguarda le banche dati, secondo il Regolamento Eurodac tutte le persone migranti beneficiarie di protezione temporanea a partire dai 6 anni di età dovranno accettare la raccolta dei loro dati biometrici, anche se per il Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) il trattamento è lecito solo se il minore ha almeno 16 anni. Nell’ampliamento dell’accesso ai dati per le autorità nazionali è stata inclusa anche la raccolta dei dati fotografici dei volti, di fatto dando il via libera alla sorveglianza di massa delle persone in arrivo sul suolo dell’Unione. I segnalatori di sicurezza da inserire nella banca dati Eurodac durante il processo di screening e delle procedure di frontiera prevederanno tutta una serie di nuove categorie – come l’attraversamento irregolare di una frontiera – anche attraverso la revisione del Regolamento di Revisione del sistema di entrata e uscita.
Cosa succede in caso di crisi
Uno dei punti più controversi del Patto migrazione e asilo è il Regolamento per le crisi, la strumentalizzazione e le cause di forza maggiore, che si occupa dei momenti in cui si verifica un “arrivo di massa di persone” eccezionale o inaspettato, anche a seguito di uno sbarco dopo un’operazione di ricerca e soccorso in mare. Di fatto è passata la posizione negoziale del Consiglio, che ha portato all’inserimento della strumentalizzazione (un Regolamento inizialmente a sé stante e su cui il Parlamento non aveva dato l’ok) in quello per le crisi e le cause di forza maggiore, nel caso in cui “un Paese terzo o un attore non statale ostile incoraggia o facilita il movimento di cittadini di Paesi terzi e di apolidi” verso le frontiere esterne Ue “con l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro”, mettendo “a rischio le funzioni essenziali di uno Stato membro”. Le Ong sono escluse da questa definizione, ma nei fatti solo se possono dimostrare che le loro azioni (in mare e non) non sono destinate alla destabilizzazione, con chiari rischi di ripercussioni per la criminalizzazione della solidarietà.
Nemmeno nelle situazioni di crisi sono previsti ricollocamenti obbligatori di persone migranti tra i Paesi membri, ma varranno le stesse tre modalità di solidarietà previste dal Regolamento Ramm (ricollocamenti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi). In questo scenario scattano invece delle deroghe al sistema generale di gestione della migrazione e dell’asilo: la soglia del tasso di riconoscimento per cui le persone possono essere ammesse alle procedure di frontiera (secondo il Regolamento Apr al 20 per cento) si alza al 50 per cento nelle situazioni di causa di forza maggiore, al 60/70 per cento in quelle di crisi e al 100 per cento in quelle di strumentalizzazione. Anche in questo caso dalle procedure di frontiera – la cui durata può essere estesa di ulteriori sei settimane (rispetto ai 9 mesi di Apr) – non sono escluse le famiglie con bambini di età inferiore ai 12 anni.