Bruxelles – Rendere visibile l’invisibile per poterlo conoscere, combattere e sconfiggere. La relazione presentata oggi (5 aprile) dall’Europol mette in luce lo stato della criminalità in Europa. Evidenzia l’esistenza di 821 reti criminali all’interno del territorio Ue segnalandole come le maggiormente pericolose. Ad aver permesso la realizzazione del report è stata l’unione delle informazioni provenienti dalle polizie dei 27 Paesi membri oltre alla partecipazione delle forze dell’ordine di altri 17 Stati.
L’Europol ha sottolineato alcuni elementi chiave che contraddistinguono le 821 reti criminali più temibili: sono agili perché riescono ad adottare processi aziendali, tipici dell’economia di scala, in breve tempo riuscendo a superare le sfide, anche quelle delle forze dell’ordine. L’assenza di confini: le reti criminali operano in più Stati Ue ed extra senza particolare difficoltà, anche se le loro attività rimangono concentrate in un unico Paese. Controllo: esercitano una forte sorveglianza su tutto quello che accade all’interno dell’organizzazione e generalmente si specializzano in un’unica attività criminale. Destrutturazione: le 821 reti pongono in essere attività di corruzione che causano danni significativi alla sicurezza interna.
Da quanto emerge nel report dell’Europol il 50 per cento delle reti criminali più pericolose sono coinvolte nel traffico di droga e per il 36 per cento questo è l’unico settore in cui operano. Il 15 per cento delle organizzazioni si occupa esclusivamente di frodi e il 6 per cento gestiscono il traffico di esseri umani. Per quanto riguarda la droga oltre al commercio di eroina, cannabis e soprattutto cocaina desta particolare preoccupazione l’arrivo nel mercato europeo di nuove sostanze come il Fentanyl che ha già causato decine di migliaia di morti negli Stati Uniti.
Per svolgere le proprie attività le reti criminali nell’ 86 per cento dei casi si avvalgono di strutture commerciali legali per riciclare il denaro. I settori più vulnerabili alle infiltrazioni criminali sono l’edilizia, l’ospitalità e la logistica. Le organizzazioni si sono strutturate in un’ottica multinazionale, i tre quarti dei casi sono presenti in almeno due Paesi ed hanno al loro interno membri di diversa nazionalità. In totale, secondo l’Europol nelle 821 reti ci sono almeno 112 nazionalità diverse.
Dal report emerge che le organizzazioni hanno delle loro specificità in base al principale Paese dove operano. In Belgio e Olanda le reti sono fortemente legate alle infrastrutture che permettono di commerciare droga come il porto di Anversa o di Rotterdam e generalmente sono gestite da persone provenienti da Marocco e Turchia. Nei Paesi dell’est Europa le reti sono legate tra di loro e spesso hanno in ruoli apicali cittadini russi. Le organizzazioni mafiose hanno invece spesso italiani al vertice pur agendo in 45 Stati (particolarmente presenti in Belgio, Germania, Olanda, Romania, Colombia e Stati Uniti).
Il report dell’Europol è il frutto dell’impegno nel contrasto alla criminalità organizzata, il cui giro d’affari in Ue secondo una stima del 2019, ammontava a 139 miliardi di euro: pari all’1 per cento del Pil dell’Unione. Emerge che la minaccia posta da queste reti è pervasiva e complessa, e per questo la cooperazione tra Stati deve migliorare. I dati raccolti aiuteranno le polizie nazionali nella lotta contro la criminalità. Si tratta di un punto di partenza per l’analisi futura degli attori criminali e questi dati saranno ulteriormente elaborati nei prossimi prodotti analitici di Europol, come nel ‘EU Serious and organized crime threat assessment 2025’.