Bruxelles – La popolazione di Gaza non sta più affrontando soltanto il rischio di carestia, ma “la carestia è già in atto“. Ne ha preso atto la Corte di Giustizia Internazionale, che ha aggiornato la lista di misure provvisorie imposte a Israele lo scorso 26 gennaio per prevenire possibili crimini di genocidio contro i palestinesi della Striscia. Tel Aviv dovrà “garantire senza indugi la fornitura senza ostacoli e su larga scala dell’assistenza umanitaria urgentemente necessaria”.
Gli ultimi numeri registrati dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari (Ocha-Opt) sono agghiaccianti: almeno 31 persone, tra cui 27 bambini, sono già morte per malnutrizione e disidratazione. Al Tribunale dell’Aia insistono quindi che le autorità israeliane debbano “aumentare la capacità e il numero dei valichi terrestri e mantenerli aperti per tutto il tempo necessario”, per permettere l’ingresso di “cibo, acqua, elettricità, combustibile, riparo, abbigliamento, igiene e servizi igienici, oltre a forniture e assistenza medica ai palestinesi di tutta Gaza”.
Dal primo verdetto della Corte che chiedeva a Israele di “adottare tutte le misure necessarie per impedire un genocidio a Gaza” sono passati due mesi. Lo Stato ebraico, il 26 febbraio scorso (il mese successivo), ha inviato all’Aia un rapporto in cui illustrava le azioni intraprese per proteggere la popolazione civile. Ma nell’aggiornamento delle misure richiesto ieri, la Corte non ha potuto far altro che “osservare con rammarico che, da allora, le condizioni di vita catastrofiche dei palestinesi nella Striscia di Gaza si sono ulteriormente deteriorate, in particolare alla luce della prolungata e diffusa privazione di cibo e di altri beni di prima necessità”. Dal 26 gennaio inoltre le operazioni militari israeliane avrebbero causato oltre 6.600 vittime e quasi 11.000 feriti in più. Portando il bilancio complessivo delle vittime a oltre 32.400 e quello dei feriti a quasi 75 mila.
Israele ha ribadito che esiste “un’ampia registrazione di sforzi israeliani in ambito umanitario per alleviare le sofferenze della popolazione civile in generale e per affrontare la sfida dell’insicurezza alimentare in particolare”. E ha respinto “con la massima fermezza” le accuse del Sudafrica secondo cui la fame a Gaza sia il risultato diretto di “azioni e omissioni deliberate”.
La Corte Onu ha concesso ora un altro mese a Tel Aviv per presentare un nuovo rapporto in cui dia conto delle misure prese per attuare l’ordine e scongiurare così il diffondersi della carestia. Ma i giudici dell’Aia sono consapevoli “che vi è urgenza”, nel senso che “esiste un rischio reale e imminente che tale danno ai diritti plausibili rivendicati dal Sudafrica sia causato prima che la Corte di pronunci in via definitiva sul caso”.