Bruxelles – In Europa la crisi del 2008 non è mai finita. Permane a distanza di oltre un decennio, soprattutto in quelle regioni degli Stati membri che già prima della crisi finanziaria globale facevano fatica a tenere il passo con il resto dei sistemi-Paese. Le ferite profonde sono ancora aperte, lontane dall’essere rimarginate. Il IX rapporto sulla politica di coesione della Commissione europea, più che sui risultati conseguiti, accende i riflettori su quelli non ottenuti: “Nel complesso, dieci anni dopo la crisi finanziaria del 2008, oltre un quarto della popolazione dell’Ue viveva ancora in regioni in cui il Prodotto interno lordo reale pro-capite non era tornato ai livelli pre-crisi“.
Nella lista dei Paesi più in affanno figurano gli Stati del sud. La situazione “include l’intera popolazione della Grecia e di Cipro, l’80 per cento della popolazione italiana”. Per lo Stivale le difficoltà a riemergere dalla crisi si concentrano in particolare “nelle regioni meridionali”, confermando una volta di più i problemi strutturali del Mezzogiorno d’Italia e un divario nord-sud mai colmati e anzi cresciuti.
Ma non è solo l’Italia, e non è solo il quadrante meridionale d’Europa a risentire ancora della grande crisi. Nel 2021, continua la relazione della Commissione Ue, “circa un terzo delle regioni dell’Ue, sia quelle meno sviluppate, quelle in transizione che quelle più sviluppate, non hanno ancora visto un ritorno ai livelli del 2008 di PIL pro-capite”. Una situazione che investe “circa 150 milioni di persone” e che riguarda “principalmente di Italia, Spagna, Grecia e Francia, ma anche di Germania, Finlandia e Paesi Bassi“. C’è dunque una fetta sostanziosa di Unione europea che non si è mai ripresa, e la situazione riguarda tutti, Paesi più ricchi e meno ricchi.
Se in un determinato momento si temeva che l’Ue potesse vivere una nuova crisi finanziaria dopo quella del 2008 (esplosa quell’anno con il fallimento di Lehman Brother’s e arrivata in Europa l’anno successivo), è dunque evidente che l’Ue non ha ancora messo alla spalle quella iniziale. Ne ha vissute altre, successivamente, come la crisi dell’euro del 2015, la pandemia, e adesso la guerra in Ucraina con le sue ripercussioni, ma quella originale non è mai stata risolta e superata davvero.
Colpa di riforme da tempo attese e mai davvero realizzate. Se si fa fatica a tornare ai livelli pre-crisi e si resta in uno stato di difficoltà, la principale ragione, in Italia come altrove, sono “le persistenti sfide strutturali: crescita della produttività, qualità delle istituzioni e buon funzionamento dei mercati del lavoro”. E’ qui che occorre intervenire per porre rimedio e imprimere un cambio di passo utile a cancellare la crisi del 2008 con i suoi strascichi e scrivere una nuova pagine di sviluppo delle regioni.
“È importante continuare ad affrontare le sfide attuali, come le disparità interne esistenti all’interno degli Stati membri”, l’invito di Elisa Ferreira, commissaria alla Coesione e le riforme. La Commissione si mette a disposizione degli Stati. “Possiamo esplorare un quadro di programmazione più semplificato, accelerando l’attuazione e rafforzando il collegamento con le riforme”, suggerisce la commissaria. “Ciò garantirà che la politica di coesione continui a promuovere uno sviluppo territoriale armonioso e agisca da collante che tiene unita l’Europa”.