Bruxelles – L’Ue stringe le larghe maglie del mercato digitale. A soli 18 giorni dal D-Day della nuova legislazione europea, arriva la notifica delle prime indagini. E sono per i soliti, noti, giganti dello spazio numerico: Alphabet – holding a cui fa capo Google -, Apple e Meta. Ma sono avvisati anche gli altri: “Questo non significa che approviamo tutte le misure implementate dagli altri gatekeepers”, ha avvertito la commissaria Ue per la Concorrenza, Margrethe Vestager.
Per ora gli altri tre gatekeepers designati da Bruxelles – Amazon, ByteDance e Microsoft – la scampano. I report sulla conformità al Digital Market Act (Dma), ricevuti dalla Commissione europea il 7 marzo, hanno invece evidenziato criticità su cinque servizi: i sistemi di pilotaggio (steering) e auto-preferenziazione (self-preferencing) su Google Play e Google Search, le regole di Apple in materia di pilotaggio nell’App Store e nella schermata di scelta di Safari e il “modello di pagamento o consenso” di Meta.
Decisioni che “arrivano solo due settimane dopo la scadenza del termine di attuazione e dimostrano che la conformità al Dma è qualcosa che prendiamo molto sul serio”, ha dichiarato Vestager. In sostanza, la Commissione sospetta che le misure messe in atto dai tre giganti del digitale per adeguarsi alla legislazione non siano sufficienti a rispettarne effettivamente gli obblighi. Il Dma impone alle aziende di consentire gratuitamente alle applicazioni che ospitano sui propri app store di reindirizzare i consumatori su altri domini: ma Alphabet e Apple, secondo le prime rilevazioni, “impongono diverse restrizioni e limitazioni”. La holding proprietaria del motore di ricerca più conosciuto al mondo è sotto la lente di ingrandimento anche per possibili infrazioni nella gestione dell’algoritmo di visualizzazione dei risultati di ricerca: il dubbio è che “possa portare all’autoreferenzialità in relazione ai servizi di ricerca verticali di Google – ad esempio, Google Shopping, Google Flights e Google Hotels – rispetto ad analoghi servizi concorrenti”.
Sul banco degli imputati anche la creatura di Steve Jobs, che potrebbe aver chiuso un occhio sull’obbligo di consentire agli utenti di disinstallare facilmente qualsiasi applicazione software su iOS. Apple utilizzerebbe inoltre schermate di scelta che rendono meno immediata la selezione di servizi predefiniti alternativi, che non sono di proprietà dell’azienda di Cupertino. Infine, la Commissione ha avviato un procedimento nei confronti di Meta per verificare se il modello “paga o acconsenti” recentemente introdotto per gli utenti dell’Ue sia conforme al Dma, che impone ai gatekeepers di ottenere il consenso degli utenti quando intendono combinare o utilizzare in modo incrociato i loro dati personali tra diversi servizi della piattaforma principale.
Mentre il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, esulta per la rapidità con cui il Dma sta compiendo “una rivoluzione” sulle condizioni da rispettare per beneficiare dello spazio digitale europeo, arriva piccata la risposta del Ccia Europe, l’Associazione dell’industria del computer e delle comunicazioni di cui fanno parte tutte e tre le multinazionali indagate. Secondo il vicepresidente senior del Ccia, Daniel Friedlaender, “l’avvio delle prime indagini preliminari nell’ambito della legge sui mercati digitali a pochi giorni dalla scadenza del termine per l’adeguamento alla normativa mette in crisi l’idea che le aziende e la Commissione europea lavorino insieme per attuare con successo il Dma”. Friedlaender punta il dito contro “la tempistica di questi annunci”, una mossa che “rischia di confermare i timori del settore che il processo di conformità al Dma possa finire per essere politicizzato”, si legge nella nota.
La Commissione sta inoltre adottando altre misure investigative per raccogliere fatti e informazioni al fine di chiarire se Amazon possa privilegiare i prodotti con il proprio marchio sull’Amazon Store. E per fare luce sulla nuova struttura tariffaria di Apple per gli app store alternativi e la distribuzione di app dal web. Bruxelles ha infine ordinato ad Alphabet, Amazon, Apple, Meta e Microsoft, di conservare una serie di documenti che potrebbero essere utilizzati per valutare la loro conformità alle norme Ue, in modo da preservare le prove disponibili e garantire un’applicazione efficace.
Vestager si è data 12 mesi per concludere il procedimento avviato oggi. A quel punto, la Commissione informerà i gatekeepers interessati delle sue conclusioni preliminari e spiegherà le misure necessarie per rispondere efficacemente alle preoccupazioni di Bruxelles. In caso di violazioni, Alphabet, Apple e Meta rischiano ammende fino al 10 per cento del fatturato mondiale totale dell’azienda. Fino al 20 per cento, in caso di violazione ripetuta.