Bruxelles – Sono bastati nove mesi per la fine del sogno di stabilità politica in Bulgaria. Con la rinuncia ufficiale da parte della vicepremier uscente, Mariya Gabriel, di assumere la carica di prima ministra del Paese, dopo la rotazione di nove mesi concordata con il liberale Nikolai Denkov nel giugno dello scorso, la Bulgaria si trova ora sull’orlo di una crisi di governo e dell’ennesimo ritorno a elezioni anticipate. Le seste in tre anni.
La conferma di quanto anticipato ieri sera (24 marzo) alla stampa è arrivata dalla stessa vicepremier Gabriel all’Assemblea Nazionale questa mattina (25 marzo). Dopo le dimissioni di inizio mese da parte del premier Denkov per onorare la staffetta sancita dal patto di governo tra il partito conservatore Gerb (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria) e quello liberale Continuiamo il cambiamento – Bulgaria Democratica, sono seguiti 20 giorni di aspre tensioni tra le due forze a causa delle visioni opposte sul prosieguo degli altri nove mesi dell’alleanza. Per i conservatori è visto come necessario un rimpasto consistente del governo, mentre per i liberali la rotazione si dovrebbe limitare al ruolo di primo ministro e di vicepremier/ministro degli Esteri (e quindi solo tra Denkov e Gabriel). È così che 11 membri dell’esecutivo uscente – Denkov incluso – si sono rifiutati di entrare nel nuovo gabinetto Gabriel e, a sua volta, il partito presieduto dal più controverso politico bulgaro, Boyko Borissov, ha tagliato i contatti per una soluzione di compromesso. Si è arrivati così alla rinuncia da parte dell’ex-commissaria europea per l’Innovazione all’incarico affidatole dal presidente della Repubblica, Rumen Radev.
A questo punto il presidente dell’Assemblea Nazionale, Rosen Zhelyazkov, ha convocato una seduta straordinaria per domani mattina (26 marzo) in cui sarà dibattuta e votata solo la questione del mandato assegnato e rifiutato da Gabriel, per capire quale sarà l’indirizzo politico e istituzionale del Paese. Nel caso verosimile in cui si concluda senza successo il voto sul conferimento del primo mandato alla candidata di Gerb, la palla tornerà nelle mani del presidente Radev, che nominerà il candidato di Continuiamo il Cambiamento per un secondo mandato. Anche in questo caso è altamente probabile che Denkov rinuncerà all’incarico (come già anticipato da lui stesso la scorsa settimana) e il capo dello Stato avrà l’ultima chance di affidare il mandato di governo prima di dover convocare le urne. Ma tutti i quattro partiti restanti in Parlamento – gli ultranazionalisti filo-russi di Vazrazhdane, il Partito Socialista Bulgaro, la minoranza turca del Movimento dei Diritti e delle Libertà e i populisti di C’è un popolo come questo – guardano già a elezioni anticipate, che potrebbero svolgersi in concomitanza del voto per il rinnovo del Parlamento Europeo se Radev stabilirà la data delle urne non prima del 9 aprile (nel frattempo si insedierebbe un esecutivo ad interim).
L’instabilità politica in Bulgaria
Con l’accordo di governo tra Gerb e Continuiamo il cambiamento sembrava finita l’instabilità politica che ha portato il Paese a svolgere cinque elezioni in due anni esatti. Tutto era iniziato con l’esito delle urne il 4 aprile 2021, quando i conservatori si erano confermati come prima forza, ma in uno scenario politico estremamente frammentato: dopo tre mesi di negoziati falliti per la formazione di un esecutivo, il presidente Radev aveva deciso il ritorno anticipato alle urne. La propaganda anti-sistema aveva premiato il movimento populista C’è un popolo come questo, fondato dallo showman Slavi Trifonov alle elezioni dell’11 luglio. Dopo altri quattro mesi di trattative fallimentari tra i partiti, il presidente Radev era stato costretto a convocare nuove elezioni anticipate per novembre dello stesso anno.
Il 14 novembre 2021 un quarto delle preferenze erano andate al partito anti-corruzione Continuiamo il cambiamento, scavalcando i conservatori di Gerb e relegando nell’ombra i populisti di Trifonov. Con l’appoggio proprio di queste due forze Kiril Petkov era stato nominato premier, per la prima volta con un senso di stabilità e programmazione per il futuro del Paese. Sotto la sua guida sono stati portati avanti i colloqui con la Macedonia del Nord per superare la disputa identitaria che bloccava da dicembre 2020 l’apertura dei negoziati per l’adesione di Skopje all’Ue. Proprio questo impegno è stato fatale a Petkov, anche se non gli ha impedito di portare a compimento la revoca del veto: prima il partito di Trifonov è passato all’opposizione e poi, il 22 giugno 2022, il governo è stato sfiduciato con una mozione presentata da Gerb.
Dopo un giro di consultazioni inconcludenti si è tornati al voto a ottobre, con il nuovo primo posto dell’ex-premier Borissov ma la solita incapacità di raggiungere un accordo di governo tra i partiti. Le ultime elezioni del 2 aprile 2023 hanno confermato l’ormai cronico stallo politico: le due formazioni più consolidate si sono ritrovate appaiate attorno al 25 per cento dei voti con i nazionalisti filo-russi e anti-europeisti di Vazrazhdane in ascesa. Anche per questo motivo è stata chiamata la politica di maggiore esperienza a livello europeo e – nonostante le grosse difficoltà a raggiungere un accordo tra la prima e la seconda forza politica – il rischio di scivolare verso il caos filo-russo e anti-europeista alle nuove elezioni ha convinto entrambi i partiti ad accettare un compromesso, rappresentato appunto dall’alternanza alla carica di premier e vicepremier nell’arco di 18 mesi di governo. Con il giuramento del nuovo governo il 6 giugno 2023 Denkov ha assunto subito il ruolo di primo ministro e Gabriel quello di vicepremier e ministra degli Esteri, che si sarebbero dovuti scambiare proprio in queste concitate settimane.