Bruxelles – A parole gli agricoltori sono salvi. Sempre che con le parole e le promesse si tenga sotto calmo e sotto controllo un settore sul piede di guerra. Le conclusioni del vertice del Consiglio europeo, a leggerle, sembrano rispondere alle preoccupazioni degli agricoltori. Ci sono impegni per “assicurare concorrenza leale e reciprocità” negli standard dei processi produttivi, che è quello che il settore chiedeva quando criticava gli accordi di libero scambio, primo fra tutti quello con il Mercosur (il blocco di Paesi che comprende Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay più il Venezuela sospeso). C’è poi l’impegno a “portare avanti senza indugio i lavori” utili per “allentare la pressione finanziaria degli agricoltori progettando strumenti di sostegno aggiuntivo, come ad esempio estendendo il quadro temporaneo sugli aiuti di Stato”. A cui si aggiunge l’impegno a vagliare “tutte le possibili misure e soluzioni innovative a breve e medio termine, comprese quelle volte a ridurre gli oneri amministrativi e a realizzare una semplificazione per gli agricoltori”.
L’Unione europea è al fianco del settore, dunque. Per ragioni di mera campagna elettorale. Perché tutte queste assicurazioni, pur messe nero su bianco, sono un programma da realizzare, e in tempi non certi. Ma utile per acchiappare voti. Si invitano Commissione europea e i ministri competenti a ragionare su tutto questo, e poi tornare a fare il punto della situazione costantemente.
Decisioni vere, operative, non ce ne sono. Ci sono annunci, come quello che offre la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen: “Istituiremo un osservatorio per monitorare i costi di produzione agricola”, dice in conferenza stampa. L’obiettivo è quello di evitare speculazioni lungo la filiera della distribuzione, e concorrenza sleale che gonfi i prezzi finali al consumo e sgonfi i ricavi per chi produce.
Il tempismo, per chi è investita di fresca candidatura ufficiale ad un secondo mandato, è perfetto. E’ una carta in più da giocare da qui alle elezioni europee distanti solo tre mesi (6-9 giugno). Quindi la lode, che sa di lisciata di pelo: “I nostri agricoltori lavorano sodo per portare cibo di qualità sulla nostra tavola”, scandisce von der Leyen. Che sembra dimenticare che l’economia non è solo agricoltura e qualche altra categoria professionale potrebbe storcere il naso, per assenza di analoghe attenzioni e lodi. Ma c’è da recuperare la fiducia, elettorale, di un intero comparto.
Promesse da voto imminente su cui però von der Leyen è brava a ritagliarsi una via d’uscita. Perché, ricorda, la Commissione ha già sospeso gli obblighi per terreni incolti, vale a dire che gli agricoltori europei non dovranno mettere a riposo il 4 per cento dei loro seminativi per quest’anno. La Commissione ha promosso semplificazione amministrativa, previsto l’esenzione a multe in caso di mancato rispetto dei requisiti di sostenibilità soprattutto per le aziende con superficie fino a 10 ettari. Non da ultima, la proposta per dazi sui prodotti agricoli russi (cereali, semi oleosi e prodotti derivati), che si spiega con la ragione di togliere finanziamenti alla macchina bellica russa e perché “non vogliamo che il grano russo possa influenzare il mercato europeo”, spiega ancora von der Leyen.
Insomma, “l’Unione europea sta facendo la sua parte, ora spetta agli Stati membri fare la propria”, sintetizza la tedesca. Tradotto: se le cose non funzionano sarà colpa dei governi nazionali. In fin dei conti la campagna elettorale riguarda tutti, nessuno escluso. Il vertice di fine legislatura (ce ne sarà un altro, speciale, ad aprile, prima delle elezioni), produce il naturale esito di promesse elettorali. Che serva, o basti, a calmare il comparto, è tutto da dimostrare.