Bruxelles – La prima volta era nel 2017, targata Paolo Gentiloni. A quasi sette anni di distanza il governo di Giorgia Meloni rilancia gli Stati Generali dell’Italia a Bruxelles, il vertice dei rappresentanti delle istituzioni e delle organizzazioni di categoria italiane nel cuore dell’Unione Europea. “Parlare del proprio punto di vista a Bruxelles ci aiuta a ricordarci che la squadra di cui facciamo parte si chiama Italia e ciascuno fa la differenza”, ha aperto così l’evento di questo pomeriggio (22 marzo) la premier Meloni in un appassionato intervento appena concluso il Consiglio Europeo: “Guadatevi attorno, non siamo soli né nelle vittorie né nelle sconfitte, lavoriamo tutti per la stessa squadra”.
Competitività, difesa, sfide globali. Nel rilanciare gli Stati Generali dell’Italia a Bruxelles, Meloni ha definito l’iniziativa “una prassi per confrontarci” e mettere in fila le priorità per “osare, non solo solcare diligentemente una strada aperta da altri”. Parole confermate dal vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel fare gli onori di casa: “Se vogliamo contare di più, dobbiamo coordinarci meglio”, considerato il fatto che “l’80 per cento delle norme approvate del Parlamento sono trasformazione delle norme Ue in diritto italiano, è fondamentale agire qui ed essere presenti e coordinati“. A partire da uno dei temi più sentiti da Roma negli ultimi mesi e che ha trovato spazio nelle discussioni del secondo giorno di Consiglio Europeo: “L’agricoltura affronta una crisi sistemica” su cui “non possiamo non cercare soluzioni concrete”, ha rimarcato Meloni, rivendicando il riferimento nelle conclusioni sulla “capacità di prorogare il quadro sugli aiuti di Stato”.
Un tema che ha occupato uno spazio rilevante dell’intervento della prima ministra italiana, con riferimento anche ai “problemi che i padri fondatori dell’Europa avevano intravisto quando avevano immaginato la Politica Agricola Comune”. Se gli obiettivi della Pac “rimangono gli stessi”, sono “gli strumenti a dover essere adattati a un contesto in continuo mutamento”, considerato il fatto che “i prezzi di produzione continuano ad aumentare e i costi degli acquisti a diminuire”. Nel tenere in considerazione che “la filiera dell’agroalimentare è fondamentale nelle catene di approvvigionamento strategiche per la sovranità”, Meloni continua a rivendicare la necessità di rivedere la Politica Agricola Comune, a partire da una proposta della Commissione Ue che “va nella giusta direzione anche grazie a molte nostre proposte”. Dopo “difficili ma importanti” discussioni tra i 27 leader Ue, il lavoro continua con la richiesta al gabinetto von der Leyen a presentare “una valutazione al Consiglio Europeo di aprile, sarà un lavoro per le prossime settimane”.
A tessere le fila del discorso è stato proprio il primo organizzatore degli Stati Generali a Bruxelles, il commissario Gentiloni: “Sono uno dei pochi ad avere il privilegio di essere stato presente anche nell’ultima riunione in qualità di primo ministro, quell’ ‘arrivederci’ finale di Meloni è stato molto importante”, con riferimento all’invito della premier a rinnovare “presto” l’appuntamento italiano nel cuore dell’Unione. Il membro del gabinetto von der Leyen ha parlato prima del presente e futuro prossimo della competitività europea, ricordando l’importanza dei due rapporti sulla competitività e sul Mercato interno, preparati da due ex-premier italiani (rispettivamente Mario Draghi ed Enrico Letta). “Fino a oggi abbiamo avuto tre grandi pilastri” per la competitività europea: “Gas a buon mercato dalla Russia, sicurezza dagli americani e un orizzonte illimitato per le esportazioni verso la Cina”. Tuttavia “questi tre pilastri in modi diversi si sono tutti incrinati”, anche se questo “non vuol dire che la globalizzazione sia morta, ma che il tema della nostra ‘sovranità’, della capacità delle catene di approvvigionamento e di rendere sicura l’economia europea è fondamentale”. Discorsi che però “potrebbero essere indeboliti” di fronte ai rischi delle elezioni europee di giugno: “In molti Paesi non sarà facile raggiungere 50 per cento dell’affluenza, se non avremo un buon risultato di partecipazione, saremo tutti indeboliti“. È per questo che l’appello di Gentiloni è “votate e fate votare”.