Bruxelles – La Slovacchia alla vigilia della storia, per capire su quale strada si sta incamminando. È tutto pronto a Bratislava per le elezioni presidenziali che si terranno domani (23 marzo) e che potrebbero portare i nazionalisti in controllo delle maggiori istituzioni del Paese. Il leader di Hlas-Sd e speaker del Parlamento nazionale, Peter Pellegrini – artefice della nascita del governo rosso-nero guidato da Robert Fico – proverà a conquistare la più alta carica istituzionale a meno di sei mesi dalle elezioni parlamentari che hanno sancito una prima svolta significativa per la Slovacchia.
Sono nove i candidati che si sfideranno domani per succedere all’europeista Zuzana Čaputová, che ha optato per non ricandidarsi per un secondo mandato da presidente della Repubblica. Ma i veri contendenti su cui saranno puntati i riflettori sono due: il leader della forza socialdemocratica al governo con due forze filo-russe (i socialdemocratici di Smer-Ssd e l’estrema destra del Partito Nazionale Slovacco) e l’ex-ministro degli Affari europei Ivan Korčok, su cui convergeranno i partiti centristi e liberali di opposizione per tentare di frenare l’avanzata dei nazionalisti. A sostegno di Pellegrini è arrivato anche l’endorsement del partito del premier Fico, mentre l’estrema destra lascerà libertà di voto ai suoi elettori al primo turno, convergendo con tutta probabilità sull’alleato di governo in caso di ballottaggio il 6 aprile. Secondo i sondaggi elettorali Pellegrini sarebbe leggermente in testa su Korčok, ma la partita sarebbe apertissima, con lo scenario del ballottaggio che ancora non fornisce indicazioni su quale strada prenderanno gli elettori slovacchi.
Se Pellegrini può contare sulla forza della maggioranza, Korčok potrebbe invece sfruttare l’ondata di proteste che ha interessato negli ultimi mesi le maggiori città della Slovacchia, in particolare dopo il via libera da parte del Parlamento lo scorso 8 febbraio alla riforma del Codice Penale. Voluta proprio dal premier Fico alleato di Pellegrini, la riforma prevede l’abbreviazione dei termini di prescrizione per i reati più gravi – da 20 a 5 anni – e l’abolizione dell’ufficio del procuratore speciale che si occupa di reati come quelli relativi alla criminalità organizzata e alla corruzione di alto livello (con il ritorno delle pratiche in mano ai procuratori degli uffici regionali). La denuncia delle opposizioni è di un tentativo di indebolimento del sistema giudiziario attraverso un ‘pacchetto di riforme mafioso’ – che favorisce membri del partito di Fico e sostenitori del governo di alto livello – in un Paese in cui lo stesso attuale primo ministro si era dovuto dimettere nel 2018 a seguito dell’omicidio del giornalista Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kušnírová, che avevano denunciato legami tra la ‘ndrangheta e l’élite slovacca (tra cui esponenti del suo partito Smer).
Con questa riforma del Codice Penale potrebbe aprirsi a Bruxelles uno scontro simile a quello che in Ungheria ha portato all’attivazione del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto. Al momento della presentazione della bozza la Commissione Ue, la Procura europea (Eppo) e il Parlamento Ue avevano messo in guardia Bratislava sul fatto che le modifiche al Codice Penale potrebbero compromettere “seriamente” il livello di protezione degli interessi finanziari dell’Ue in Slovacchia, nello specifico sul piano della corruzione, delle frodi e della cattiva gestione dei fondi comunitari. E in questo scenario sarebbero inevitabili contromisure a Bruxelles. Dopo l’entrata in vigore il 15 marzo – con alcune leggere modifiche per rispondere alle obiezioni delle tre istituzioni comunitarie – la Commissione Ue è chiamata a valutare la riforma nel suo complesso e decidere se esistono ancora preoccupazioni che giustifichino azioni che vanno dalla procedura di infrazione all’attivazione del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto.
La Slovacchia rosso-nera
Dopo le elezioni del 30 settembre dello scorso in Slovacchia, la socialdemocrazia filo-russa di Smer-Ssd è emersa come prima forza in Parlamento, conquistando il 22,95 per cento delle preferenze. Al secondo posto il Partito Progressista del vicepresidente del Parlamento Ue, Michal Šimečka (17,96), e al terzo posto Hlas-Sd (14,70). Con solo altri quattro partiti sopra la soglia di sbarramento al 5 per cento – i conservatori di OĽaNO, il Movimento Cristiano Democratico, i liberali di Libertà e Solidarietà e la destra euroscettica filo-russa del Partito Nazionale Slovacco – è stato subito chiaro che i 27 deputati di Pellegrini sarebbero stati determinanti per la formazione di qualsiasi maggioranza. Le opzioni erano due: o una coalizione europeista e filo-Ucraina (in cui avrebbe potuto anche essere premier) con progressisti, cristiano-democratici e i liberali, o un’alleanza con le due forze filo-russe, i socialdemocratici di Smer e la destra estrema del Partito Nazionale Slovacco.
La partita è sembrata aperta fino a inizio ottobre, quando lo stesso Pellegrini ha convocato una conferenza stampa per annunciare il suo appoggio alla seconda opzione, denunciando presunti “problemi ideologici” tra i progressisti e i cristiano-democratici in un’ipotetica maggioranza di governo (comunque abbastanza stabile con 82 deputati). Pellegrini, ex-premier tra il 2018 e il 2020 e leader del partito fondato nel 2020 dopo la scissione da Smer, ha invece assicurato che “con la nostra presenza garantiremo che l’appartenenza della Slovacchia all’Ue e alla Nato non sia messa a repentaglio“. In altre parole Hlas-Sd vuole porsi come garanzia di una politica estera di continuità, attraverso un costante ricatto a Smer (42 deputati) e nazionalisti di destra (10) di abbandonare la coalizione in caso contrario.
Ma la decisione di dare vita a un governo tra sinistra socialdemocratica ed estrema destra nazionalista nel Paese ha avuto anche conseguenze a livello europeo. Il 12 ottobre la Presidenza del Partito del Socialismo Europeo (Pse) ha deciso di sospendere l’adesione dei partiti slovacchi Smer-Ssd e Hlas-Sddopo la scelta di campo delle forze guidate rispettivamente da Fico e Pellegrini: “Il memorandum d’intesa firmato dai tre partiti non è compatibile con i valori e i principi progressisti della famiglia europea dei socialisti e dei socialdemocratici“. Allo stesso modo il Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento Europeo ha optato per sospendere l’adesione dei tre eurodeputati slovacchi (Monika Beňová e Katarína Roth Neve’alová, entrambe in quota Smer-Ssd, e Róbert Hajšel, anche lui eletto nel 2019 tra le fila del partito di Fico e oggi indipendente). Le maggiori preoccupazioni sulle politiche che “non trovano posto nella famiglia progressista” sono nel merito della guerra russa contro l’Ucraina, della migrazione, dello Stato di diritto e dei diritti della comunità Lgbtq+.