Bruxelles – Prima è stato il lavoro congiunto di Parigi e Berlino, poi il discorso della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, dal podio dell’emiciclo di Strasburgo. Dopo mesi di lavoro i servizi del Berlaymont hanno elaborato un documento sulle priorità pre-allargamento Ue per tracciare la strada dell’Unione Europea che sarà in futuro, con dieci Paesi che aspettano già alla porta per entrare nel progetto comune: “L’Ue deve approfondirsi mentre si allarga, dobbiamo iniziare a prepararci oggi per l’Unione di domani e usare l’allargamento come catalizzatore del progresso“, si legge nella comunicazione pubblicata oggi (20 marzo) con tre settimane di ritardo sulla tabella di marcia dal gabinetto von der Leyen.
Il documento incentrato sulle riforme e le revisioni politiche pre-allargamento Ue si inserisce nell’ottica del dibattito in corso all’interno delle istituzioni dell’Unione su come prepararsi a un’espansione significativa del progetto comune, con implicazioni in quattro aree principali: valori, politiche, bilancio e governance. Nonostante venga riconosciuto il “successo” nel mantenimento di un processo di adesione “rigoroso”, è altrettanto innegabile che “se prima le riforme erano necessarie, con l’allargamento diventano indispensabili“, perché non è pensabile un’Unione a 32 (con i candidati che hanno già avviato i negoziati di adesione), a 36 (con anche quelli che hanno ricevuto lo status di Paese candidato) o 37 (con tutti dentro, compreso il Kosovo), in cui un solo Paese può tenere in stallo tutto il sistema decisionale comune. Ecco perché, “facendo tesoro degli insegnamenti tratti dai precedenti allargamenti”, la Commissione identifica nella “integrazione graduale” l’elemento di svolta per preparare i Paesi dell’allargamento “ben prima dell’adesione”.
Sul piano dei valori rimangono imprescindibili “la difesa della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali”, che “continuano a guidare una trasformazione radicata nei Paesi dell’allargamento Ue” e che saranno rafforzati “in modo coerente in tutta l’Unione, al di là dell’adesione”. Per quanto riguarda il bilancio, viene riconosciuto che l’impatto finanziario preciso dell’allargamento Ue “dipenderà principalmente dalla sua tempistica, dalla sua portata e dall’esito dei negoziati di adesione basati sul merito”, ma in ogni caso dovrà essere tenuto in considerazione nel momento in cui si dovrà stabilire il prossimo Quadro finanziario pluriennale 2028-2034. Sul fronte della governance la Commissione è favorevole a una riforma dei Trattati, anche se rilancia la possibilità di utilizzare “tutto il potenziale” di quanto già nelle possibilità dell’Unione, “come le ‘clausole passerella’ che consentono di passare dall’unanimità alla maggioranza qualificata in seno al Consiglio in settori chiave”.
E poi ci sono le conseguenze sul fronte delle politiche. “Sebbene possano apparire delle sfide, un’Unione più ampia amplia i numerosi vantaggi del Mercato unico”, sottolinea la Commissione. In primis nel migliorare la connettività, riducendo i costi logistici e rendendo più fluidi i flussi commerciali, con benefici economici “tangibili” ai consumatori e alle imprese. Cruciale il mantenimento degli impegni attuali in materia di clima e ambiente, in particolare per “l’enorme potenziale in termini di energie rinnovabili ed efficienza energetica”, e sulla qualità e sicurezza alimentare: “Una sfida fondamentale del futuro allargamento Ue sarà quella di rafforzare la capacità della Politica Agricola Comune e sostenere un modello di produzione agroalimentare sostenibile e competitivo, tenendo conto delle esigenze degli agricoltori e della varietà dei modelli agricoli”. Dovranno essere create condizioni per la convergenza sociale, economica e territoriale con revisioni delle politiche “sulla necessità di colmare le lacune legislative e di applicazione”. E infine il mantenimento di forti impegni in materia di sicurezza, migrazione e gestione delle frontiere: “Un’Unione più ampia potrebbe, almeno inizialmente, comportare una maggiore diversità di interessi e programmi di politica estera” e perciò le riforme dovrebbero coinvolgere “la credibilità e la capacità di azione dell’Unione”, incluso il processo decisionale.
A che punto è l’allargamento Ue
Sui sei Paesi dei Balcani Occidentali che hanno iniziato il lungo percorso per l’adesione Ue, quattro hanno già iniziato i negoziati di adesione – Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia – uno ha ricevuto lo status di Paese candidato – la Bosnia ed Erzegovina – e l’ultimo ha presentato formalmente richiesta ed è in attesa del responso dei Ventisette – il Kosovo. Per Tirana e Skopje i negoziati sono iniziati nel luglio dello scorso anno, dopo un’attesa rispettivamente di otto e 17 anni, mentre Podgorica e Belgrado si trovano a questo stadio rispettivamente da 11 e nove anni. Dopo sei anni dalla domanda di adesione Ue, il 15 dicembre 2022 anche Sarajevo è diventato un candidato a fare ingresso nell’Unione (e ora attende l’avvio dei negoziati di adesione), mentre Pristina è nella posizione più complicata, dopo la richiesta formale inviata a fine 2022: dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado nel 2008 cinque Stati membri Ue – Cipro, Grecia, Romania, Spagna e Slovacchia – continuano a non riconoscerlo come Stato sovrano.
Lo stravolgimento nell’allargamento Ue è iniziato quattro giorni dopo l’aggressione armata russa quando, nel pieno della guerra, l’Ucraina ha fatto richiesta di adesione “immediata” all’Unione, con la domanda firmata il 28 febbraio 2022 dal presidente Zelensky. A dimostrare l’irreversibilità di un processo di avvicinamento a Bruxelles come netta reazione al rischio di vedere cancellata la propria indipendenza da Mosca, tre giorni dopo (3 marzo) anche Georgia e Moldova hanno deciso di intraprendere la stessa strada. Il Consiglio Europeo del 23 giugno 2022 ha approvato la linea tracciata dalla Commissione nella sua raccomandazione: Kiev e Chișinău sono diventati il sesto e settimo candidato all’adesione all’Unione, mentre a Tbilisi è stata riconosciuta la prospettiva europea nel processo di allargamento Ue. Nel Pacchetto Allargamento Ue 2023 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova – anche con la Bosnia ed Erzegovina quando sarà raggiunta la conformità ai criteri di adesione – e di concedere alla Georgia lo status di Paese candidato. Tutte le richieste sono state poi accolte dal vertice dei leader Ue di dicembre.
I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati invece avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei dei passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultimo Pacchetto annuale sull’allargamento presentato nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”. Al vertice Nato di Vilnius a fine giugno il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha cercato di forzare la mano, minacciando di voler vincolare l’adesione della Svezia all’Alleanza Atlantica solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea. Il ricatto non è andato a segno, ma il dossier su Ankara è stato affrontato in una relazione strategica apposita a Bruxelles.