Bruxelles – Uno dei cavalli di battaglia delle istituzioni europee per uscire senza le ossa rotte dal Qatargate sta già perdendo i pezzi. Ancor prima di vedere la luce. I complessi negoziati sull’Organismo etico, che dovrebbe applicare gli stessi standard alle nove istituzioni europee, si sono arenati per la fuoriuscita del Consiglio europeo e del Consiglio dell’Unione europea.
Già ieri (12 marzo) il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, dopo aver consultato gli Stati membri si è ritirato dai colloqui per “mancanza di unanimità” all’interno dell’istituzione. E la presidenza del Consiglio dell’Unione europea – l’organo legislativo che riunisci gli Stati membri a livello ministeriale – ha dovuto sospendere la sua partecipazione all’accordo sull’Organismo etico “poiché altre parti volevano limitare la sua partecipazione al processo decisionale dell’Organismo”, spiega un alto funzionario Ue.
Lo strappo proprio nella riunione politica finale che avrebbe dovuto partorire l’accordo. “Purtroppo si è arrivati a una situazione in cui la capacità del Consiglio dell’Ue di prendere decisioni sullo sviluppo, l’aggiornamento e la deliberazione degli standard minimi all’interno dell’Organismo potrebbe essere seriamente ostacolata“, prosegue la fonte. Da qui la decisione della presidenza belga del Consiglio dell’Ue di sospendere la partecipazione e di ridiscutere la sua posizione sull’accordo a livello di rappresentati permanenti degli Stati membri.
Nei piani della vicepresidente della Commissione europea responsabile per le politiche sui valori e la trasparenza, Věra Jourová, le tre principali prerogative del corpo etico sarebbero lo sviluppo di alti standard etici, lo scambio di buone pratiche tra le istituzioni e la promozione di una cultura dell’etica europea. L’organismo, composto da membri di tutte le istituzioni e da alcune figure indipendenti, applicherebbe un “approccio differenziato”, fornendo un quadro generale di standard comuni e lasciando ad ogni istituzione la libertà di implementare tali indicazioni con regole interne specifiche.
Qui sta l’inghippo: “Riunendo inizialmente nove istituzioni molto diverse tra loro, sarebbe stato sempre importante rispettare le peculiarità specifiche di ciascuna di esse”, sottolineano fonti diplomatiche. E invece non sarebbe stata presa abbastanza in considerazione la natura del Consiglio (europeo così come dell’Unione europea), che ha la particolarità di essere composto principalmente da ministri dei Paesi membri, che sono già vincolati dalle rispettive norme nazionali di condotta etica. Regole che si applicano “ovunque e in ogni momento, anche quando un ministro detiene la presidenza del Consiglio”.
Spetta ora al Coreper indicare la posizione del Consiglio dell’Ue: partecipare alle condizioni dell’accordo, farlo come mero osservatore o non partecipare. “Se alla fine l’organismo vedrà la luce e inizierà a sviluppare degli standard, avrà il potenziale di inviare un segnale forte ai cittadini, dimostrando che l’integrità è fondamentale per le nostre istituzioni europee”, conclude la fonte. A farne parte rimarrebbero la Commissione europea, l’Eurocamera, il Comitato delle Regioni, il Comitato per gli Affari Economici e Sociali, la Banca Centrale Europea, la Corte dei Conti e la Corte di Giustizia dell’Ue.
Per quanto riguarda il Parlamento europeo, domani (14 marzo) la Conferenza dei presidenti (la riunione tra la presidente, Roberta Metsola, e i capigruppo) si esprimerà sul mandato da dare alla commissione Affari costituzionali (Afco) competente sugli accordi interistituzionali. Raggiunto da Eunews, l’eurodeputato di Forza Italia e presidente della commissione Afco, Salvatore De Meo, ha espresso il proprio rammarico per la decisione di due delle istituzioni più importanti dell’architettura europea, che di fatto ridimensiona l’ambizioso obiettivo – e la sua portata simbolica – di applicare gli stessi standard etici in tutti i palazzi Ue. “Il fatto che Michel non si sia proprio presentato all’incontro ha chiuso i giochi. Non si può negoziare con chi non c’è”, ha constatato.