Bruxelles – La legge Ue per tutelare l’indipendenza dei media è a un passo dal traguardo. Oggi (13 marzo) l’Eurocamera ha confermato a larga maggioranza il supporto al testo del regolamento uscito dai triloghi interistituzionali: limiti all’uso di spyware contro i giornalisti e all’utilizzo di metodi coercitivi per rivelare le fonti, migliori garanzie di indipendenza editoriale dei media pubblici e meccanismi per impedire alle grandi piattaforme di rimuovere arbitrariamente contenuti. Perché sia legge, manca solo il via libera finale degli Stati membri.
Il nuovo regolamento, approvato dall’emiciclo di Strasburgo con 464 voti favorevoli, 92 voti contrari e 65 astensioni (tra le quali Lega e Fratelli d’Italia), obbligherà i Paesi Ue a proteggere l’indipendenza dei media e contrastare qualsiasi forma di ingerenza nelle decisioni editoriali. “Per la prima volta avremo un regolamento che verrà recepito integralmente negli Stati membri”, ha esultato la relatrice del testo per l’Eurocamera, Sabine Verheyen. Contro il Media Freedom Act solo i Conservatori e Riformisti (Ecr) e Identità e Democrazia (Id), si astengono le delegazioni di Fratelli d’Italia e della Lega. “Incredibile ma vero – li ha subito bacchettati l’eurodeputata del Movimento 5 Stelle, Laura Ferrara -, evidentemente rimpiangono l’Unione sovietica dove non esisteva il pluralismo e per loro è più importante usare la Tv di Stato come una appendice della loro propaganda”.
L’accordo trovato con il Consiglio dell’Ue lo scorso 15 dicembre prevede che, per proteggere il lavoro dei giornalisti, alle autorità “sarà vietato ricorrere ad arresti, sanzioni, perquisizioni, software di sorveglianza intrusivi installati sui dispositivi elettronici e altri metodi coercitivi per fare pressioni su giornalisti e responsabili editoriali e costringerli a rivelare le loro fonti”.
Uno dei nodi più spinosi era relativo alle disposizioni sull’utilizzo di software di sorveglianza (spyware): rispetto alla proposta originale della Commissione, il Consiglio aveva introdotto una deroga nei casi di necessità di “salvaguardare la sicurezza nazionale”. Durante i negoziati, il Parlamento ha insistito per limitazioni maggiori: l’uso sarà consentito soltanto caso per caso e previa autorizzazione di un’autorità giudiziaria nell’ambito di indagini su reati gravi punibili con pene detentive. Anche in queste circostanze, tuttavia, le persone interessate dovranno essere informate dopo che la sorveglianza è stata effettuata e potranno poi contestarla in tribunale.
Verheyen ha rivendicato l’importanza di “aver incluso nel regolamento anche le piattaforme online”, che “non possono decidere arbitrariamente a quali contenuti possiamo accedere e a quali no”. La nuova legge Ue introdurrà un meccanismo che mira a impedire a piattaforme delle dimensioni di Facebook, X o Instagram, di limitare o rimuovere in modo arbitrario contenuti mediatici indipendenti: dopo aver distinto i media indipendenti dalle fonti non indipendenti, le piattaforme che intendono rimuovere i contenuti dovranno informare gli interessati, lasciando loro 24 ore per rispondere. Soltanto una volta trascorso questo lasso di tempo le piattaforme potranno decidere di limitare o rimuovere i contenuti che non rispettano le loro condizioni. Ai media coinvolti sarà garantito l’accesso alla legge: potranno presentare ricorso presso un organismo per la risoluzione extragiudiziale delle controversie e richiedere il parere del comitato europeo per i servizi di media, un comitato di regolatori nazionali previsto dalla nuova legge.
Il Media Freedom Act mette a terra anche nuove regole per assicurare l’indipendenza editoriale dei media pubblici e la trasparenza delle proprietà editoriali. Per evitare eccessive lottizzazioni degli organi di informazione pubblici, i loro dirigenti e membri del consiglio di amministrazione andranno selezionati per un mandato sufficientemente lungo “sulla base di procedure trasparenti e non discriminatorie” e non potranno essere licenziati prima della scadenza del contratto se non nel caso in cui “vengano a mancare i requisiti professionali”. Tutti i gruppi editoriali – grandi e piccoli – saranno invece tenuti a pubblicare informazioni sui relativi proprietari all’interno di una banca dati nazionale, in modo da consentire al pubblico di sapere chi controlla i singoli media e quali interessi possono celarsi dietro la proprietà.
Si stringono i paletti anche sulla pubblicità statale e sui fondi pubblici: i media avranno l’obbligo di riferire su tali fondi, anche nel caso in cui questi provengano da paesi terzi. I criteri per l’assegnazione di fondi statali a testate o piattaforme online dovranno essere “pubblici, proporzionati e non discriminatori”. Infine, dovranno essere pubblicate anche informazioni sulle spese pubblicitarie statali, compresi l’importo annuo totale e l’importo per testata.
Significativa l’osservazione dell’eurodeputata liberale Sophia in ‘t Veld, che in aula ha avvertito la vicepresidente della Commissione Ue, Věra Jourová, che “l’efficacia del Media Freedom Act dipende interamente dalla sua applicazione”. Un monito per l’esecutivo Ue e per quei governi all’interno dell’Unione europea “che non amano essere controllati dalla stampa”. Soprattutto nei loro confronti – al Consiglio dell’Ue il regolamento era stato appoggiato da tutti i Paesi tranne Polonia e Ungheria – la Commissione dovrà garantire “un’applicazione molto rigorosa”.