Bruxelles – Un altro tassello nella lotta contro il greenwashing, l’ambientalismo di facciata che sempre più spesso permea le strategie aziendali di comunicazione e marketing. Mai più etichette come “rispettoso dell’ambiente”, “ecofriendly”, “biodegradabile” o “a impatto climatico zero” senza un supporto scientifico: il Parlamento europeo ha adottato oggi (12 marzo) la propria posizione sulla proposta di direttiva Ue per regolare le dichiarazioni ambientali.
Con 467 voti favorevoli, 65 contrari e 74 astensioni, l’emiciclo di Strasburgo ha approvato il proprio mandato negoziale, in attesa che anche gli Stati membri trovino una quadra sulla direttiva presentata dalla Commissione europea un anno fa, nel marzo 2023. Un quadro legale che in sostanza istituirebbe un sistema di verifica e pre-approvazione per le dichiarazioni ambientali da parte delle imprese, in modo da contrastare l’abuso di annunci ingannevoli. Anche a causa di un’opinione pubblica sempre più sensibile sui temi ambientali, la pratica è sempre più diffusa: secondo la Commissione europea, più del 50 per cento delle dichiarazioni ambientali sarebbero “false, esagerate o ingannevoli”.
In linea con quanto già previsto nella proposta dell’esecutivo von der Leyen, gli eurodeputati chiedono di obbligare le aziende a presentare prove a sostegno delle dichiarazioni di marketing ambientale con cui accompagnano e pubblicizzano i prodotti. Sarebbe compito degli Stati membri identificare le autorità responsabili di passare al vaglio l’uso di tali reclami: l’Eurocamera ha proposto che le dichiarazioni ambientali e le relative prove siano valutate in un intervallo di tempo di massimo trenta giorni.
Le microimprese – con meno di 10 dipendenti e con un fatturato annuo non superiore a 2 milioni di euro – non sarebbero toccate dai nuovi oneri e le piccole e medie imprese beneficerebbero di un anno in più per conformarsi rispetto alle imprese più grandi. Nel testo approvato oggi a Strasburgo, sono previste sanzioni per le imprese colpevoli di infrangere le regole, come l’esclusione temporanea dalle gare d’appalto pubbliche, la perdita dei propri ricavi e ammende pari almeno al 4 per cento del fatturato annuo.
“Stiamo proteggendo i consumatori, proteggendo le imprese oneste e l’ambiente. E Incoraggiando anche altre aziende a fare lo stesso”, ha dichiarato in conferenza stampa, a margine del voto, Cyrus Engerer, relatore della proposta per la commissione ambiente dell’Eurocamera. Il socialista maltese ha voluto sottolineare un altro punto fondamentale della direttiva: le dichiarazioni sulle azioni di rimozione e compensazione delle emissioni di carbonio. “Mi ha scioccato scoprire che il 93 per cento delle dichiarazioni di compensazione sono false“, ha dichiarato citando un’inchiesta pubblicata dal The Guardian.
L’Eurocamera propone di vietarle, fatta eccezioni per le imprese che hanno “già ridotto il più possibile le loro emissioni e utilizzano tali sistemi solo per le emissioni residue”. I crediti di carbonio dovranno essere certificati, come quelli stabiliti nell’ambito del quadro di certificazione per la rimozione del carbonio. “Dobbiamo abbandonare la mentalità di applaudire un’azienda perché ha raggiunto un obiettivo di rimozione del carbonio investendo in un progetto dall’altra parte del mondo”, ha sottolineato ancora Engerer.
Il correlatore della proposta nella commissione per il mercato interno, Andrus Ansip, ha definito il testo “una soluzione buona e ragionevole”, che “porterà maggiore chiarezza ai consumatori e non creerà oneri amministrativi sproporzionati per le aziende“. Con il voto di oggi, l’Eurocamera ha assicurato così la propria posizione su un fascicolo che passerà al Parlamento che si insedierà dopo le elezioni di giugno. Toccherà ai nuovi eurodeputati, una volta che anche il Consiglio avrà adottato la propria posizione, negoziare con gli Stati membri e plasmare la versione finale della direttiva.