dall’inviato a Strasburgo – Superata la prova del Parlamento Europeo, alla revisione della direttiva sulle emissioni industriali manca solo il via libera dei 27 governi Ue prima di poter ufficialmente entrare in vigore. Con 393 voti a favore, 173 contrari e 49 astenuti la sessione plenaria dell’Eurocamera ha dato oggi (12 marzo) il benestare definitivo all’intesa raggiunta con il Consiglio dell’Ue a fine novembre 2023 sul principale strumento dell’Ue per regolare l’inquinamento provocato dagli impianti industriali, compresi gli allevamenti intensivi di bestiame. La maggioranza parlamentare ha retto senza particolari problemi, con Verdi/Ale e Sinistra a tamponare la spaccatura dei popolari europei (Forza Italia a favore) e qualche fuoriuscita tra i liberali di Renew Europe (tra cui il neo-iscritto in quota Azione, Fabio Massimo Castaldo).
La proposta di revisione è stata avanzata dalla Commissione Europea nell’aprile di due anni fa, per dare una sterzata all’efficienza e al riutilizzo di energia, acqua e materiali nel comparto industriale, ma anche per promuovere l’uso di sostanze chimiche più sicure, meno tossiche o non tossiche nei processi industriali. Ma il ruolo di protagonista è stato ricoperto dagli allevamenti intensivi di bestiame – responsabili per la produzione di ossido di azoto, ammoniaca, mercurio, il metano e biossido di carbonio – in particolare nel corso dell’ondata di proteste degli agricoltori europei nell’ultimo mese e mezzo. “Noi riteniamo che il settore agricolo non debba essere considerato un settore industriale, per cui è necessaria una normativa a parte”, ha commentato a Eunews prima del voto in plenaria la responsabile dell’ufficio Confagricoltura a Bruxelles, Cristina Tinelli.
Il nucleo centrale della revisione riguarda l’ampliamento degli impianti coperti dalla direttiva, estesa per esempio ai grandi allevamenti di suini (superiori a 350 unità di bestiame), polli da carne (280 unità) e galline ovaiole (300 unità), mentre per le aziende che allevano sia suini sia pollame il limite sarà di 380 unità. Esclusi dal campo della direttiva gli allevamenti di bovini – che invece comparivano nella proposta della Commissione Ue – secondo la linea dura imposta dagli eurodeputati nel corso del trilogo, anche se l’esecutivo Ue potrà valutare entro la fine del 2026 se sia necessario affrontare ulteriormente le emissioni derivanti dall’allevamento di bovini, così come una clausola di reciprocità per garantire che i produttori extra-Ue rispettino requisiti simili a quelli previsti per i produttori europei. Escluse dal campo di applicazione anche le aziende agricole estensive e l’allevamento di animali per uso domestico.
Oltre agli allevamenti intensivi, la direttiva si applicherà anche all’estrazione di metalli e alla produzione su larga scala di batterie, coprendo l’estrazione e il trattamento di minerali non energetici prodotti su scala industriale come ferro, rame, oro, nichel e platino: entro il 2028 potrà arrivare una rivalutazione da parte della Commissione Ue (e successivamente ogni cinque anni) sui livelli delle emissioni. Anche dicofol e due tipi di Pfas – acido perfluoroottanoico (Pfoa) e i suoi sali e acido perfluoroesan-1-solfonico (Pfos) – saranno considerati inquinanti da disciplinare.
Con 506 voti a favore, 82 contrari e 25 astenuti gli eurodeputati hanno infine approvato la trasformazione del Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti nel nuovo Portale europeo delle emissioni industriali per migliorare l’accesso pubblico alle informazioni relative a concessione di licenze, funzionamento e controllo degli impianti regolamentati, e attività inquinanti locali. Le aziende che non si adegueranno alla revisione della direttiva (dopo l’approvazione del Consiglio e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Ue saranno garantiti 22 mesi di tempo) potranno incorrere in sanzioni pari a non meno del 3 per cento del fatturato annuale e i cittadini potranno chiedere un risarcimento per i danni alla salute.