Bruxelles – Sicurezza alimentare, crisi idriche, persino morti premature da calore eccessivo. Il cambiamento del clima, con i suoi fenomeni estremi, pone serie sfide all’Europa e ai suoi Stati membri, che dovranno fare sempre di più i conti con il prezzo economico del surriscaldamento globale. La Commissione europea i calcoli li sta già facendo, di quanto già speso e quanto, in previsione, si rischia di spendere. La comunicazione agli Stati membri sulla risposta ai cambiamenti climatici contiene un rendiconto e un avvertimento: i bilanci nazionali rischiano di ritrovarsi ancor più in dissesto, e la sostenibilità del debito diventa un problema.
Dati alla mano, quelli forniti dall’esecutivo comunitario, si stima che i soli costi della siccità siano pari a 9 miliardi di euro all’anno e quelli delle inondazioni a oltre 170 miliardi di euro in totale dal 1980: “In futuro, i danni annuali provocati in Europa dalle inondazioni costiere potrebbero superare i 1.600 miliardi di euro entro il 2100”.
Non finisce qui. Una stima “prudenziale” indica che “il peggioramento degli impatti climatici potrebbe ridurre il Pil dell’Ue di circa il 7 per cento entro la fine del secolo”. Senza guardare ad un orizzonte temporaneo, l’ulteriore riduzione cumulativa del Prodotto interno lordo per l’Unione europea nel suo complesso “potrebbe ammontare a 2.400 miliardi di euro nel periodo dal 2031 al 2050, se il riscaldamento globale superasse in modo permanente la soglia di 1,5 gradi fissata dall’Accordo di Parigi”.
Il clima fuori controllo ha già un costo, e ne presenterà uno sempre più salato. In alcune regioni sarà anche peggio, ammette Maros Sefcovic, commissario per il Green Deal: “Nell’Europa meridionale la pressione potrebbe essere anche più forte, soprattutto per le regioni costiere e le aree rurali”. Una sottolineatura che conferma quanto già denunciato dall’Agenzia ambientale europea, per cui i cambiamenti climatici rischiano seriamente di aumentare il divario nord-sud. E non solo.
Dover investire per prevenzione, mitigazione dei rischi e adattamento ha delle implicazioni contabili. “I bilanci pubblici rappresentano la principale fonte di copertura per questi rischi, ma sono già messi a dura prova dagli elevati livelli di debito”, rileva l’esecutivo comunitario nella sua comunicazione. Ne deriva che “le passività potenziali implicite derivanti dai rischi climatici potrebbero mettere a repentaglio la stabilità e la sostenibilità fiscale degli Stati membri“, soprattutto quelli come l’Italia dall’elevato rapporto debito/Pil. Per questo “sono in corso i lavori per sviluppare la proiezione degli impatti climatici sulla sostenibilità del debito” dei Paesi membri.
Nello specifico, chiarisce la comunicazione, al fine di migliorare e integrare il bilancio relativo al rischio climatico nei processi di bilancio nazionali, la Commissione è pronta a sostenere gli Stati membri nello scambio di migliori pratiche e a fornire supporto tecnico e formazione. Inoltre, l’esecutivo comunitario “collaborerà inoltre con gli Stati membri per colmare le lacune nei dati, tra l’altro per stimare le esigenze nazionali di investimenti per l’adattamento”.
E’ un primo passo, sottolinea Wopke Hoekstra, commissario per l’Azione climatica. “Non ci sono azioni da dover attuare, questa comunicazione riguarda coordinamento e governance, il primo approccio di sempre in questo tema”.