Roma – Le date cerchiate in rosso sono l’8 e 9 giugno prossimi. Le elezioni europee si svolgeranno in una fase storica molto particolare, all’indomani di una pandemia mondiale e nel bel mezzo delle due transizioni, ecologica e digitale, che hanno ancora bisogno di molti dettagli da mettere a posto. Per fare il quadro della situazione, Ely Lilly ha organizzato mercoledì 6 marzo allo Spazio Europa di Roma (palazzo che ora ospita anche i nuovi uffici dell’azienda) un confronto, molto ampio, tra parlamentari, esperti del settore farmaceutico e governo, con il convegno intitolato ‘Europa in Salute. Sfide e opportunità per il futuro‘. La sintesi rispecchia totalmente il tenore del dibattito che anima l’attualità: serve sostenibilità economica, sociale e ambientale per garantire anche la sicurezza farmaceutica, ma anche un giusto connubio tra la forza del pubblico e il know-how dei privati. E soprattutto innovazione.
In questo scenario, dunque, appare fondamentale il lavoro delle istituzioni, nazionali ma soprattutto europee. “Se applichiamo norme restrittive ci troviamo fuori dal mercato”, avvisa infatti il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato. Ricordando che “l’industria farmaceutica cuba 50 miliardi di euro” e il nostro Paese viaggia tra i primissimi posti in Ue, contendendosi (spesso) la leadership con la Germania. “Parliamo di Pil, di ricerca, di occupazione – sottolinea Gemmato -. E’ evidente che sia un valore da difendere, insieme a quello della ricerca e per questo il governo si è espresso in modo molto più stringente rispetto a prima in Europa”.
Si parla di salute del resto, un tema che tocca tutti i cittadini del Vecchio continente: “Una priorità per il Parlamento europeo”, dice Fabrizio Spada, il responsabile delle relazioni del Parlamento Ue in Italia. Aggiungendo che si tratta anche di “un investimento, con un bilancio di 5,3 miliardi di euro nel periodo 2021-2027, il programma Eu4Health rappresenta un sostegno finanziario senza precedenti nel settore sanitario”.
Proprio sulla Strategia farmaceutica per l’Europa si concentrata una parte importante del confronto. La riforma adottata nel 2020 dalla Commissione europea e oggi all’esame di Parlamento e Consiglio Ue, per una semplificazione della normativa e la promozione di un’innovazione accessibile e tempestiva, attrae infatti l’attenzione generale. Anche delle imprese, ovviamente. Soprattutto per calibrare i propri investimenti, come Ely Lilly ad esempio, che pochi mesi fa ha annunciato l’intenzione di voler costruire un nuovo sito produttivo ad alta tecnologia in Germania da 2,5 miliardi e, recentemente, ha comunicato un ulteriore investimento in Italia di oltre 750 milioni di euro nei prossimi due anni per potenziare la produzione di farmaci innovativi. “È fondamentale accogliere con favore l’innovazione attraverso un’unica strategia che coniughi la politica industriale per la crescita e riconosca il valore delle terapie per l’economia europea e, soprattutto, per i suoi cittadini”, spiega il presidente di Lilly International, Ilya Yuffa. “Per raggiungere questo obiettivo, ci appelliamo a politiche e soluzioni pragmatiche che facilitino un accesso tempestivo ai farmaci innovativi per i pazienti in tutta Europa, migliorando i risultati clinici e garantendo la sostenibilità del sistema sanitario – aggiunge -. Dobbiamo fare dell’Europa un hub competitivo a livello globale per la ricerca e la produzione biofarmaceutica, supportando il principio indiscutibile della proprietà intellettuale, elemento necessario per continuare ad investire nello sviluppo di nuove cure”.
Concetti che vengono sposati dai vari relatori. Come Beatrice Covassi, eurodeputata Pd-Pse, membro della commissione Envi. “Ci siamo un po’ svegliati – sostiene -. L’Europa ha fatto la bella addormentata, poi con la pandemia e la guerra in Ucraina ci siamo resi conto di cose che sembravano ovvie, ma ovvie non erano”. Come “il fatto che non avessimo competenze in tema di salute, mentre ora ci troviamo a parlare strategicamente di Unione della salute, che sarà centrale nella discussione della prossima Commissione e del Parlamento Ue”. Ma, avverte, “l’autonomia strategica va legata a una politica industriale”.
Per Susanna Ceccardi (Lega), membro della commissione commissione per gli Affari esteri (Afet) del Parlamento Ue, “senza una strategia chiara e condivisa, mettiamo a rischio ogni giorno milioni di vite”. Il focus è sulla “proprietà intellettuale, su cui ultimamente si è concentrato il lavoro della Commissione europea e credo che le istanze arrivate dalle aziende, italiane ed europee, per un aiuto maggiore nel preservarla, siano una richiesta assolutamente giusta”. Inoltre, sulla sostenibilità la sua idea è chiara: “Credo sia assolutamente giusta, ma la transizione deve essere fatta considerando anche la sostenibilità economica e sociale dei provvedimenti, che a volte è stata messa in secondo piano nei provvedimenti. Si parla di aziende che danno moltissimi posti di lavoro in Europa, che ci garantiscono di stare sul mercato in maniera concorrenziale, ma anche di preservare la nostra sicurezza farmaceutica”.
Delle riforme continentali parla anche Alessandra Moretti: “Stiamo portando avanti il pacchetto farmaceutico, forse in ritardo, perché per una riforma di tale portata occorreva maggior tempo e maggiore discussione”, però l’obiettivo è trovare “equilibrio tra incentivi, durata dei brevetti e interesse pubblico”, mette in luce l’eurodeputata dem, che fa parte della commissione per l’Ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.
La partita europea ha per forza di cose un risvolto anche nazionale. Ne è consapevole il presidente della commissione Affari sociali della Camera, Ugo Cappellacci: “L’industria farmaceutica italiana è un comparto di assoluta eccellenza in Europa e nel mondo. La politica ha il dovere di creare le condizioni di contesto perché questa realtà possa restare forte e solida e implementare ulteriormente queste caratteristiche”. Del resto, ricorda, “pesa per il 2% sul Pil”.
Riportando alla mente gli insegnamenti della pandemia, infine, il presidente della commissione Politiche Ue della Camera, Alessandro Giglio Vigna, mette sul tavolo un altro aspetto da considerare, cioè che “la globalizzazione funziona in tempo di ‘pace’, ma appena c’è una crisi internazionale, ahimè, sta nei fatti, ogni Paese o macroarea del mondo pensa per se stessa”. Dunque, “Ue e Italia devono avere una autonomia strategica anche dal punto di vista sanitario e farmaceutico, costruire una fortezza europea nel caso ci fosse una nuova crisi, con un sistema ibrido pubblico-privato – suggerisce -. Senza la paura dell’ingresso dei privati nel sistema sanitario, né dell’ingresso dello Stato nel settore privato”.