Bruxelles – “De-risking, non decoupling”. Dopo il record storico di quasi 400 miliardi di euro segnato nel 2022, a Bruxelles è scattato l’allarme sullo squilibrio commerciale nelle relazioni con la Cina. E la strategia di riduzione del rischio inaugurata dall’Ue ha già invertito la tendenza: secondo i dati Eurostat, nel 2023 il deficit commerciale con Pechino è stato di 291 miliardi, il 27 per cento in meno dell’anno precedente.
A dicembre, durante il 24esimo vertice tra Ue e Cina, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, aveva chiarito che con il termine de-risking l’Ue intende “affrontare le dipendenze eccessive e diversificare le catene di approvvigionamento“. Perché anche nel 2023, la Cina è stata il principale partner dell’Ue per le importazioni di beni: i Paesi membri hanno acquistato dal gigante asiatico un quinto delle importazioni extra-Ue del blocco. Più che dagli Stati Uniti (13,7 per cento), Regno Unito (7,2 per cento), Svizzera (5,5 per cento) e Norvegia (4,7 per cento).
D’altra parte, l’Ue esporta in Cina l’8,8 per cento del totale delle sue esportazioni. La terza maggiore destinazione, preceduta dagli Stati Uniti (19,7 per cento) e dal Regno Unito (13,1 per cento). Tra gli Stati membri dell’Ue, nel 2023 i Paesi Bassi sono stati il maggiore importatore di prodotti cinesi, per un valore di 117 miliardi di euro, seguiti dalla Germania (95 miliardi) e dall’Italia (48 miliardi). Berlino è l’unico Paese dell’Ue – oltre a Lussemburgo, ma con numeri decisamente più importanti – ad avere la bilancia commerciale in positivo con la Cina: la Germania ha infatti esportato nella Repubblica Popolare beni per 97 miliardi di euro. Nella classifica dei maggiori esportatori verso Pechino, è seguita dalla Francia (25 miliardi) e dai Paesi Bassi (22 miliardi). Il Made in Italy esporta beni in Cina per 19 miliardi di euro.
Ma se rispetto all’anno scorso la bilancia commerciale tra Bruxelles e Pechino ha accennato un movimento verso il riequilibrio, c’è un dato fortemente in controtendenza: quello di automobili e autoveicoli. Spauracchio più volte paventato dall’Ue, che a ottobre ha avviato un’indagine sui sussidi della Repubblica popolare nella produzione di auto elettriche, il dato del 2023 conferma i timori di Bruxelles. Nel mercato Ue sono entrate automobili cinesi per un valore di 3,5 miliardi di euro, il 36,7 per cento in più rispetto al 2022.
Le apparecchiature per le telecomunicazioni rimangono al primo posto tra i prodotti importati dalla Cina, anche se sono passate da 63,1 miliardi di euro nel 2022 a 56,3 miliardi di euro nel 2023. Macchine e apparecchi elettrici (36,5 miliardi di euro) e macchine automatiche per l’elaborazione dell’informazione (36 miliardi) sono rispettivamente al secondo e al terzo posto. Il calo maggiore è stato registrato dall’import di composti organo-inorganici e correlati, utilizzati come catalizzatori nelle reazioni chimiche, il 45,4 per cento in meno rispetto al 2022.