Dall’inviato a Strasburgo – Quando a settembre Ursula von der Leyen ha incaricato Mario Draghi di redigere un report sul futuro della competitività europea, era proprio perché l’ex governatore della Bce mettesse a nudo tutte le falle del blocco Ue. Le parole con cui Draghi – che le parole le pesa con cura – ha arringato i ministri dell’Economia dei 27 la scorsa settimana suonano allora come una sentenza: “Fate qualcosa, scegliete voi cosa, ma non si può più perdere tempo sostanzialmente dicendo di no a tutto”.
L’ha raccontato lui stesso, oggi (27 febbraio) nel corso di un confronto con i presidenti delle commissioni dell’Eurocamera a Strasburgo. L’ultima visita in calendario dopo gli incontri con la Commissione e il Consiglio dell’Ue. Come appreso da Eunews, l’ex premier italiano ha indicato una ricetta a due ingredienti: riforme e investimenti. “I soldi sono solo un aspetto del problema – ha spiegato Draghi. L’altro aspetto è una profonda rivisitazione delle regole che abbiamo costruito e sulle quali abbiamo lavorato”. Riforme strutturali, a partire da un mercato unico “altamente imperfetto”, nel quale convivono “centinaia di direttive che non vengono attuate, o che vengono attuate in modo diverso a seconda dei Paesi”.
Ma di problemi ce ne sono ovunque, e un altro esempio è il mercato dell’elettricità. “È chiaro che l’Europa non può essere competitiva se paghiamo l’elettricità tre volte di più che negli Stati Uniti e il gas naturale 5-6 volte di più che in altre aree del mondo”, ha incalzato ancora Draghi. L’Ue è in colpevole ritardo anche sulle strategie per stimolare investimenti privati in ricerca e innovazione: l’ex premier guarda all’alleato atlantico e vede che “negli stati uniti i due terzi degli investimenti in ricerca sono privati, in Ue sono invece pubblici”. E chiede ai presidenti delle commissioni dell’Eurocamera: “Come possono le nostre istituzioni mobilitare una spesa pubblica migliore per sostenere gli investimenti privati negli innovatori che guidano la doppia transizione?”.
E come colmare “il deficit di competenze in Europa”? Perché sono queste le sfide che Draghi sta analizzando nel suo report. Tre tendenze convergenti che costringono l’Unione europea a “riflettere su come rafforzare la propria competitività nel lungo periodo”: la rapida accelerazione della digitalizzazione, il cambiamento climatico e un contesto geopolitico sempre più caratterizzato da una tendenza al conflitto.
La fotografia di Draghi è quella di un’Unione stretta tra un’innovazione deep-tech che “continua a stravolgere l’organizzazione del lavoro e il suo ruolo nello stimolare la crescita produttiva”, un cambiamento climatico che “sta portando il nostro ecosistema naturale a un punto di svolta, obbligando tutti ad agire per accelerare la transizione pulita” e una globalizzazione in cui le “pratiche anticoncorrenziali di alcuni nostri concorrenti continuano a minare la parità di condizioni a livello globale e l’autonomia strategica aperta dell’Ue”.
Una strigliata, un bagno di realismo che è solo l’incipit del rapporto che Draghi è chiamato a presentare ai vertici delle istituzioni europee prima della fine della legislatura. “Queste tendenze impongono una riflessione globale sulle leve per rilanciare la competitività europea, compresi gli strumenti a disposizione delle nostre istituzioni”, ha insistito l’ex governatore della Banca Centrale Europea, chiudendo con un monito: “Ripensare le nostre politiche economiche per aumentare la crescita della produttività e della competitività è essenziale per preservare il modello sociale unico dell’Europa”.