Bruxelles – Ursula von der Leyen è l’unica candidata capolista del Partito popolare europeo (Ppe) per guidare la prossima Commissione europea. Si è chiuso oggi (21 febbraio) a mezzogiorno il periodo per presentare le candidature interne al Ppe e dopo una riunione a porte chiuse del gruppo al Parlamento europeo, il presidente Manfred Weber ha annunciato “con orgoglio” che l’attuale presidente della Commissione europea è l’unico nome di punta per rappresentare il gruppo alle elezioni del 6-9 giugno.
Von der Leyen ha già ottenuto il sostegno formale (necessario per il via libera) da parte di due partiti nazionali membri del Ppe, il partito polacco Platforma Obywatelska di Donald Tusk e quello greco di Nea Demokratia del premier Kyriakos Mītsotakīs. “Siamo orgogliosi di avere Ursula von der Leyen come unico candidato di punta per le elezioni di giugno”, ha scandito Weber, in una conferenza stampa improvvisata fuori dall’Aula del Parlamento europeo dove questa mattina il gruppo si è riunito.
Lunedì l’attuale leader della Commissione europea ha ricevuto l’endorsement del suo partito tedesco Christlich Demokratische Union (CDU), dichiarando la sua disponibilità a candidarsi alle europee come spitzenkandidat (ovvero, candidata di punta per le europee di giugno) del Ppe ed essendo nominata formalmente dalla Cdu e dal suo presidente,Friedrich Merz. Secondo il regolamento interno, ora la candidatura ricevuta sarà esaminata dall’Assemblea politica del Ppe che si terrà il 5 marzo e, dopo la convalida, sarà sottoposta a votazione al Congresso del partito a Bucarest il 7 marzo, quando la famiglia cristiano-democratica europea adotterà anche il manifesto politico e nominerà il candidato capolista per le elezioni europee.
Grecia e Polonia ma non solo. Il nome di von der Leyen ha incassato informalmente anche l’ok del primo ministro svedese, Ulf Kristersson, e del premier finlandese, Petteri Orpo, oltre che di Forza Italia. Tutti membri della grande famiglia politica democratico-cristiana che con ogni probabilità verrà riconfermata come gruppo più numeroso nell’emiciclo di Strasburgo. Il sostegno del Ppe – che non mancherà a Bucarest – non basterà al Parlamento europeo dove il nome di von der Leyen dovrà incassare il via libera a maggioranza assoluta (la metà dei deputati più uno) del Parlamento europeo. Nel 2019 von der Leyen ha ricevuto il sostegno della cosiddetta maggioranza Ursula tra popolari, socialdemocratici e liberali.
Quanto a potenziali future alleanze, von der Leyen ha fissato come ‘linee rosse’ l’europeismo, il fatto di essere pro Nato e pro Kiev. Senza però di fatto escludere l’ingresso nel Ppe di nuovi membri più ‘moderati’ o supposti tale. “Per me è importante lavorare con gruppi pro europei, pro Nato, pro ucraini, chiaramente sostenitori dei nostri valori democratici”, ha scandito in risposta a una domanda precisa su una potenziale alleanza con i Conservatori e Riformisti di Ecr, di cui fa parte Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
Ha poi aggiunto che a contare in possibili future alleanze saranno i contenuti. “Coloro che difendono la democrazia contro gli euroscettici, coloro che difendono i nostri valori, chi è contro gli amici di Putin, questi sono quelli con cui voglio lavorare e con cui so di poter lavorare”. Mentre “collaborare con chi è contro lo Stato di diritto è impossibile, con gli amici di Putin è impossibile”, ha ribadito. Il punto, secondo la presidente, è che ora è impossibile sapere da chi sarà formato il nuovo Emiciclo. “Non sappiamo chi formerà l’Ecr dopo le elezioni, chi lascerà Ecr e ad esempio potrebbe entrare nel Ppe, anche questo è possibile”. Ma la linea rossa rimane la democrazia, i valori, il sostegno all’Ucraina e il distacco da Putin. “Le risposte devono essere molto chiare”, ha chiosato.
Von der Leyen bis tra difesa e industria
Competitività, difesa e industria. Nella breve conferenza stampa tenuta al fianco di Weber all’Europarlamento di Bruxelles, la leader tedesca ha ribadito quanto anticipato già nei giorni scorsi su come dovrebbe essere strutturato un eventuale secondo mandato, a discapito (probabilmente) degli impegni verdi del Green Deal su cui von der Leyen avanza ormai con cautela proprio a causa delle critiche al suo Patto verde per l’Europa.
Le critiche del suo stesso gruppo hanno spinto von der Leyen a lanciare una fase ‘Green Deal 2.0’ più attenta al tessuto imprenditoriale e agricolo, quello in sostanza più scontento di questa transizione a ritmi serrati. Nei mesi scorsi von der Leyen ha lanciato una serie di Dialoghi per la transizione con l’industria (il terzo si terrà domani) e un Dialogo strategico con gli agricoltori che serviranno ad aggiustare il tiro della presidente uscente, per non ripetere gli stessi errori anche nel prossimo (eventuale) mandato.
Mentre la Commissione europea si appresta a presentare una nuova strategia per la difesa a inizio marzo, von der Leyen – che dal 2013 al 2019 è stata ministra della Difesa del governo tedesco di Angela Merkel – ha confermato oggi il suo interesse a rendere la prossima legislatura centrata sulla Difesa europea, con un nuovo portafoglio all’interno della Commissione, ovvero un commissario alla difesa che sia responsabile dell’industria della difesa, della relativa ricerca e sviluppo e “anche preparazione dell’Ue dai diversi shock provenienti da fuori”, ha detto von der Leyen. Un’esigenza nata dalla guerra di Russia in Ucraina e dalla presa d’atto che in Unione europea manca una difesa comune. E su questo la linea del Ppe è ferma. “Nel lungo periodo 330-340 milioni di americani non difenderanno oltre 400 milioni di europei, quindi dobbiamo prenderci le nostre responsabilità”, ha sottolineato ancora Weber.