Bruxelles – I nuovi obiettivi proposti dall’esecutivo dell’Ue per ridurre le quasi 60 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari generati ogni anno dai Paesi membri non sono abbastanza. La commissione ambiente (Envi) del Parlamento europeo rilancia e chiede di aumentare i target, imponendo di tagliare gli sprechi del 20 per cento nella produzione e trasformazione alimentare e del 40 per cento nella vendita al dettaglio, nei ristoranti e nelle famiglie, entro il 2030.
Con 72 voti favorevoli, nessun voto contrario e 3 astensioni, gli eurodeputati hanno adottato oggi (14 febbraio) la loro posizione sulla proposta di revisione della direttiva quadro sui rifiuti. La Commissione europea aveva indicato come obiettivi vincolanti la riduzione del 10 per cento per la trasformazione e la produzione e del 30 per cento per vendita al dettaglio, servizi di ristorazione e famiglie. Ma gli eurodeputati insistono per percentuali più ambiziose, sempre sulla base della media annuale generata tra il 2020 e il 2022. La commissione Envi ha chiesto inoltre che la Commissione valuti la possibilità e presenti proposte legislative adeguate per introdurre obiettivi più elevati per il 2035 (rispettivamente almeno 30 e 50 per cento).
Anche l’Eurocamera, così come già previsto nella proposta della Commissione, è d’accordo nell’escludere – almeno inizialmente – gli agricoltori dai vincoli sulla produzione dii rifiuti alimentari. Ma i deputati Envi hanno inserito nel testo la richiesta di una valutazione, entro il 31 dicembre 2025, dei “livelli appropriati per la definizione di obiettivi di riduzione di tutti i rifiuti alimentari di produzione primaria, compresi gli alimenti maturi non raccolti o utilizzati nelle aziende agricole”.
Per arginare lo spreco alimentare – che va a braccetto con una perdita economica di 132 miliardi di euro all’anno, più 9 miliardi per la raccolta e il trattamento dei rifiuti – l’Ue è pronta ad adottare ulteriori misure, sintetizzate dalla relatrice per l’Eurocamera, Anna Zalewska: “Forniamo soluzioni mirate per ridurre gli sprechi alimentari, come promuovere frutta e verdura ‘brutte’, tenere d’occhio le pratiche di mercato sleali, chiarire la data di etichettatura e donare alimenti invenduti ma consumabili”.
Stretta sui produttori di rifiuti tessili
Accanto ai 131 kg di rifiuti alimentari che ogni cittadino europeo produce all’anno, ci sono anche 12 kg pro-capite di rifiuti tessili. In totale, nei 27 Paesi membri vengono buttate 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, di cui ne viene riciclato meno dell’1 per cento. Le nuove norme, suggerite e adottate in commissione Envi, istituirebbero regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR), per rendere gli operatori economici che immettono i prodotti tessili nel mercato responsabili dell’intero ciclo di vita dei prodotti tessili. In altre parole: per fare in modo che siano loro a coprire i costi per la loro raccolta differenziata, cernita e riciclaggio.
Gli Stati membri dovrebbero istituire questi regimi 18 mesi dopo l’entrata in vigore della direttiva, rispetto ai 30 mesi proposti dalla Commissione. E parallelamente dovrebbero garantire, entro il primo gennaio 2025, la raccolta separata dei rifiuti tessili – abbigliamento e accessori, coperte, biancheria da letto, tende, cappelli, calzature, materassi e tappeti – per il riutilizzo e il riciclaggio.
Il percorso per l’adozione dei nuovi target è ancora lunga e incerta: l’Eurocamera voterà la sua posizione durante la sessione plenaria di marzo 2024, per poi lasciare il dossier – e le trattative con gli Stati membri – al nuovo Parlamento, che si insedierà dopo le elezioni europee del 6-9 giugno.