Bruxelles – O si fanno più figli o si aprono porte e frontiere agli immigrati. Altrimenti l’Unione europea è destinata al tracollo economico. La Banca centrale europea continua a guardare con preoccupazione ad un fenomeno, quello del calo demografico, che rappresenta una delle sfide per la tenuta dell’UE e della sua area dell’euro. Una sfida difficile perché strutturale, e il vicepresidente della BCE, Luis De Guindos, la ricorda agli Stati, responsabili delle politiche per la famiglia e il mercato del lavoro.
Il lavoro e la partecipazione al mercato del lavoro, sottolinea il numero due dell’Eurotower partecipando all’ottava conferenza della Banche centrali del Mediterraneo, “negli ultimi anni è stato il principale motore della crescita potenziale nell’area dell’euro a causa della forte migrazione verso l’interno, della crescente partecipazione delle donne e degli anziani al mercato del lavoro e del calo tendenziale della disoccupazione”. Ma le cose stanno per cambiare. “Si prevede un rallentamento, che riflette gli sviluppi demografici negativi“, avverte de Guindos. “Si prevede che la popolazione dell’area dell’euro diminuirà a causa dei bassi tassi di fertilità, assumendo che non venga fornito ulteriore sostegno dalla migrazione“.
Ecco dunque il nodo centrale di un problema tutto europeo. Meno figli e meno immigrati. O si cambia in un senso o si cambia nell’altro, altrimenti il ruolo e il peso dell’UE e della sua eurozona sono destinati a restare ai margini di un mondo sempre più competitivo dove l’Europa perde competitività, già adesso.
“La competitività e la produttività dell’area euro attualmente sono in ritardo rispetto a quelle di Stati Uniti e Cina“, avverte ancora il vicepresidente della Banca centrale europea. Un problema, considerando anche la corsa tutta geopolitica per la sostenibilità e lo sviluppo dell’industria del clean-tech che si gioca proprio con gli Stati Uniti da una parte e con la Repubblica popolare cinese dall’altra.
Serve un cambio di rotta. Non sarà facile né immediato, ma servirà. De Guindos offre una possibile terza opzione oltre a inversione del calo demografico, e quindi più nascite, e maggiore attenzione all’immigrazione: la terza opzione è rappresentata da “riforme strutturali che promuovono la partecipazione alla forza lavoro, sostengono e migliorano l’istruzione e migliorano l’incontro delle competenze tra offerta e domanda di lavoro”. Tali interventi, sostiene, “possono contribuire a mitigare l’impatto dei dati demografici“. Che comunque restano un problema, e tendono a esserlo sempre di più.