Bruxelles – La tanto contestata riforma del Codice Penale in Slovacchia ha superato la prova del voto in Parlamento e ora è pronta per entrare in vigore nel giro di un mese. Non sono bastate settimane di incessanti proteste di piazza da parte delle opposizioni liberali e centriste per scongiurare i piani del nuovo governo formato da forze socialdemocratiche e di estrema destra e guidato da Robert Fico di modificare il Codice Penale e indebolire lo Stato di diritto nel Pese. Una questione di particolare interesse anche per l’intera Unione Europea, le cui istituzioni stanno studiando le implicazioni e le conseguenze sugli standard del rispetto delle regole e valori comuni con la nuova legislazione nazionale.
Il via libera da parte del Parlamento della Slovacchia è arrivato ieri (8 febbraio) grazie alla solida maggioranza garantita dalle tre forze politiche che sostengono il governo Fico – Smer-Ssd, Hlas-Sd e il Partito Nazionale Slovacco. La riforma del Codice Penale prevede l’abbreviazione dei termini di prescrizione per i reati più gravi – da 20 a 5 anni – e l’abolizione dell’ufficio del procuratore speciale che si occupa di reati come quelli relativi alla criminalità organizzata e alla corruzione di alto livello (con il ritorno delle pratiche in mano ai procuratori degli uffici regionali). La denuncia delle opposizioni è di un tentativo di indebolimento del sistema giudiziario attraverso un ‘pacchetto di riforme mafioso’ – che favorisce membri del partito di Fico e sostenitori del governo di alto livello – in un Paese in cui lo stesso attuale primo ministro si era dovuto dimettere nel 2018 a seguito dell’omicidio del giornalista Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kušnírová, che avevano denunciato legami tra la ‘ndrangheta e l’élite slovacca (tra cui esponenti del suo partito Smer).
La presidente della Repubblica, Zuzana Čaputová, ha già annunciato di essere pronta a porre il veto alla riforma e, come extrema ratio, a contestarla davanti alla Corte Costituzionale. Ma è agli sviluppi a Bruxelles che bisogna guardare con maggiore attenzione, perché con questa riforma del Codice Penale potrebbe aprirsi uno scontro simile a quello che in Ungheria ha portato all’attivazione del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto. Al momento della presentazione della bozza la Commissione Ue, la Procura europea (Eppo) e il Parlamento Ue avevano messo in guardia Bratislava sul fatto che le modifiche al Codice Penale potrebbero compromettere “seriamente” il livello di protezione degli interessi finanziari dell’Ue in Slovacchia, nello specifico sul piano della corruzione, delle frodi e della cattiva gestione dei fondi comunitari. E in questo scenario sarebbero inevitabili contromisure a Bruxelles. In vista dell’entrata in vigore il 15 marzo – con alcune leggere modifiche per rispondere alle obiezioni delle tre istituzioni comunitarie – la Commissione Ue dovrà valutare la riforma nel suo complesso e decidere se esistono ancora preoccupazioni che giustifichino azioni che vanno dalla procedura di infrazione all’attivazione del meccanismo di condizionalità sullo Stato di diritto.
La Slovacchia rosso-nera
Dopo le elezioni del 30 settembre dello scorso in Slovacchia, la socialdemocrazia filo-russa di Smer-Ssd è emersa come prima forza in Parlamento, conquistando il 22,95 per cento delle preferenze. Al secondo posto il Partito Progressista del vicepresidente del Parlamento Ue, Michal Šimečka (17,96), e al terzo posto Hlas-Sd (14,70). Con solo altri quattro partiti sopra la soglia di sbarramento al 5 per cento – i conservatori di OĽaNO, il Movimento Cristiano Democratico, i liberali di Libertà e Solidarietà e la destra euroscettica filo-russa del Partito Nazionale Slovacco – è stato subito chiaro che i 27 deputati di Peter Pellegrini sarebbero stati determinati per la formazione di qualsiasi maggioranza. Le opzioni erano due: o una coalizione europeista e filo-Ucraina (in cui avrebbe potuto anche essere premier) con progressisti, cristiano-democratici e i liberali, o un’alleanza con le due forze filo-russe, i socialdemocratici di Smer e la destra estrema del Partito Nazionale Slovacco.
La partita è sembrata aperta fino a inizio ottobre, quando lo stesso Pellegrini ha convocato una conferenza stampa per annunciare il suo appoggio alla seconda opzione, denunciando presunti “problemi ideologici” tra i progressisti e i cristiano-democratici in un’ipotetica maggioranza di governo (comunque abbastanza stabile con 82 deputati). Da Šimečka è arrivata l’accusa di aver deciso un sostegno a Fico fin dal giorno dopo le elezioni perché “interessi più forti” li legano. Pellegrini, ex-premier tra il 2018 e il 2020 e leader del partito fondato nel 2020 dopo la scissione da Smer, ha invece assicurato che “con la nostra presenza garantiremo che l’appartenenza della Slovacchia all’Ue e alla Nato non sia messa a repentaglio“. In altre parole Hlas-Sd vuole porsi come garanzia di una politica estera di continuità, attraverso un costante ricatto a Smer (42 deputati) e nazionalisti di destra (10) di abbandonare la coalizione in caso contrario.
Ma la decisione di dare vita a un governo tra sinistra socialdemocratica ed estrema destra nazionalista nel Paese ha avuto anche conseguenze a livello europeo. Il 12 ottobre la Presidenza del Partito del Socialismo Europeo (Pse) ha deciso di sospendere l’adesione dei partiti slovacchi Smer-Ssd e Hlas-Sddopo la scelta di campo delle forze guidate rispettivamente da Fico e Pellegrini: “Il memorandum d’intesa firmato dai tre partiti non è compatibile con i valori e i principi progressisti della famiglia europea dei socialisti e dei socialdemocratici“. Allo stesso modo il Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento Europeo ha optato per sospendere l’adesione dei tre eurodeputati slovacchi (Monika Beňová e Katarína Roth Neve’alová, entrambe in quota Smer-Ssd, e Róbert Hajšel, anche lui eletto nel 2019 tra le fila del partito di Fico e oggi indipendente). Le maggiori preoccupazioni sulle politiche che “non trovano posto nella famiglia progressista” sono nel merito della guerra russa contro l’Ucraina, della migrazione, dello Stato di diritto e dei diritti della comunità Lgbtq+.
A questo punto sul piano politico gli occhi sono tutti puntati sulle elezioni presidenziali in programma il prossimo 23 marzo. Con l’uscita di scena della presidente europeista Čaputová, i due partiti socialdemocratici al potere punteranno su un candidato comune, il leader di Hlas-Sd Pellegrini, con la verosimile convergenza della terza forza di maggioranza – l’estrema destra filo-russa del Partito Nazionale Slovacco – in caso di ballottaggio il 6 aprile. Al momento Pellegrini sembra essere il favorito in uno scenario di ballottaggio contro il candidato del Partito Progressista, l’ex-ministro degli Affari europei Ivan Korčok, su cui potrebbero decidere di convergere tutti i partiti centristi e liberali di opposizione. La carica del presidente della Repubblica ha una valenza prevalentemente cerimoniale, ma detiene alcuni poteri cruciali in un momento di possibile erosione degli standard sullo Stato di diritto: oltre a ratificare i Trattati internazionali e nominare i giudici delle Corti più importanti, può soprattutto porre il veto sulle leggi approvate dal Parlamento e concedere l’amnistia.