Bruxelles – Mentre a Strasburgo è in corso il dibattito sulla situazione degli agricoltori europei e sulle proteste dei trattori che stanno travolgendo mezza Unione, a Bruxelles il presidente della sezione Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente (Nat) del Comitato economico e sociale europeo (Cese), Peter Schmidt, spiega chiaramente la posizione dell’istituzione sul tema che è diventato prioritario nel corso delle ultime due settimane: “È dal 2016 che parliamo della necessità di cambiare modello verso la neutralità climatica, su questo non c’è mai stato scontro, ma non c’è giustizia nella distribuzione del valore lungo la catena di approvvigionamento, dove gli agricoltori non vengono considerati nel prezzo del prodotto finale”.
Parlando oggi (7 febbraio) con un gruppo di giornalisti a Bruxelles, Schmidt invoca “misure Ue per garantire il futuro del settore“, sia sul fronte dell’equa distribuzione delle risorse lungo la catena alimentare sia su quello degli accordi commerciali (come con il Mercosur) che “non rispettano gli stessi standard che vengono richiesti ai nostri agricoltori”. La prospettiva non è quella di meno Europa, al contrario “più nazionalismo porterebbe a una maggiore frammentazione del Mercato interno“, con effetti negativi. Di fronte a uno scenario in cui il reddito degli agricoltori è inferiore di circa il 40 per cento rispetto al reddito medio non agricolo e al rischio di “tempistiche non realistiche per un obiettivo che condividiamo” sul fronte ambientale, la richiesta del Cese è quella di portare gli agricoltori e gli attori della filiera agroalimentare al centro delle discussioni politiche su come muoversi verso una produzione alimentare autonoma e sostenibile: “La comunità degli agricoltori ha bisogno di soluzioni per accompagnare la transizione e per garantire la reciprocità degli standard sul mercato globale”. Senza risparmiare una critica alla Commissione Ue: “Ha lanciato un dialogo strategico con gli agricoltori senza nemmeno coinvolgerci, quando nella nostra istituzione ci sono molte rappresentanze del settore“, attacca Schmidt.
Non a caso il Cese è stato incaricato dalla presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue di redigere un’opinione sulle ‘Strategie per la Politica Agricola Comune post-2027’ con un focus sulla “produzione alimentare autonoma e sostenibile”. Con l’approvazione nel corso della sessione plenaria di gennaio, il Cese ha chiesto che la Pac post-2027 stabilisca un quadro politico “stabile e a lungo termine, orientato a una produzione alimentare sostenibile e a un’autonomia strategica aperta per l’Unione Europea”, proteggendo al tempo stesso la diversità dei tipi di agricoltura comunitaria e rispondendo alle esigenze sociali ed ecologiche. Le proteste dei trattori devono essere “un campanello d’allarme” che accenda i riflettori sulla necessità di sostenere “adeguatamente” gli agricoltori durante la fase di transizione: nonostante la quota del bilancio Ue destinata alla Pac sia oggi inferiore al 25 per cento, “i finanziamenti devono essere commisurati all’ambizione di sostenere una transizione sostenibile” e “il sostegno al reddito di base basato sulla superficie deve essere gradualmente sostituito da incentivi finanziari agli agricoltori per i servizi ambientali e sociali”, con un periodo di transizione “ragionevole, che può andare oltre l’ambito di un singolo quadro finanziario pluriennale”.
Guardando alla politica agricola per il prossimo decennio è inevitabile la necessità di “preparare la Pac all’allargamento dell’Unione“, precisa Schmidt riferendosi al contenuto dell’opinione e in particolare al ruolo che rivestirà l’Ucraina. In questo senso non dovrà andare a perdersi il “modello agricolo europeo”, mettendo fine a tutta una serie di problemi che si sono evidenziati negli ultimi decenni: calo del numero di aziende agricole nell’Ue, mancanza di ricambio generazionale, diminuzione del reddito medio, condizioni di investimento sfavorevoli, difficoltà per l’emancipazione femminile, condizioni di lavoro in peggioramento anche sul lungo termine. Al contrario la nuova politica agricola dovrà spingere sullo “sfruttamento sostenibile dei terreni abbandonati o marginali e l’allevamento estensivo”, la “preservazione della produzione agricola sostenibile” e la “promozione della domanda di diete più sane e sostenibili da parte dei consumatori”, riducendo al contempo gli sprechi alimentari e regolamentando i mercati alimentari “per affrontare la finanziarizzazione del settore”.