Bruxelles – Una lettera durissima, firmata da 17 organizzazioni europee e indirizzata direttamente alla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, per cercare di mettere un punto al deterioramento dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali in Grecia. Capi d’accusa pesanti su “gravi e persistenti violazioni” di quanto previsto dai Trattati Ue – da uno scandalo di sorveglianza all’interferenza del governo nei media, fino all’ambiente di lavoro “complessivamente insicuro” e al sistema giudiziario penale utilizzato per minacciare i gruppi della società civile e gli attivisti – per cui l’esecutivo comunitario è esortato ad attivarsi per indagini approfondite ed eventuali misure punitive. Tra cui la sospensione dell’erogazione dei fondi Ue.
Come rileva la lettera delle 17 organizzazioni – tra cui la Federazione Europea dei Giornalisti, Human Rights Watch, Greek Council for Refugees e Reporters sans frontières – per gli ultimi due anni consecutivi Atene si è piazzata all’ultimo posto tra tutti gli Stati membri Ue (107 su 180 Paesi complessivi) secondo l’Indice mondiale della libertà di stampa, mentre nel capitolo sulla Grecia del Rapporto 2023 sullo Stato di diritto in Europa la Commissione Ue ha espresso preoccupazione per la situazione dei giornalisti e della società civile. Tuttavia “ci rammarichiamo che né il rapporto né le relative dichiarazioni riflettano la gravità della situazione”, mettono nero su bianco i firmatari, con una specifica in particolare sulle “campagne diffamatorie” e “minacce, attacchi e uso improprio del diritto penale” contro i difensori dei diritti dei migranti “in misura sconvolgente”.
A questo si aggiunge lo scandalo dell’uso di sistemi di spionaggio e sorveglianza statale dei giornalisti, che “solleva urgenti problemi di privacy e di libertà di espressione e influisce sulla capacità della stampa di chiedere conto alle autorità”. Nonostante nel maggio dello scorso anno la commissione speciale d’inchiesta per esaminare l’uso di Pegasus e di altri spyware (Pega) del Parlamento Ue avesse indicato al governo guidato dal conservatore Kyriakos Mitsotakis la necessità di rafforzare le salvaguardie istituzionali e legali e i meccanismi di supervisione indipendenti, le autorità di Atene hanno invece adottato “diverse misure per ridurre deliberatamente i livelli di trasparenza e di controllo“, limitando così le possibilità di ricorso per le vittime di sorveglianza.
Nonostante la sicurezza nazionale rimanga di competenza degli Stati membri, la Commissione Ue “non può continuare a chiudere gli occhi quando la sorveglianza può portare ad abusi del diritto dell’Ue”, è l’avvertimento delle 17 organizzazioni sulle “violazioni e cattiva amministrazione nell’attuazione del diritto dell’Unione” in Grecia. Ecco perché le richieste all’esecutivo comunitario non sono solo di “indagare a fondo” per ottenere “un’azione correttiva chiara ed efficace, apertamente e pubblicamente” da parte delle autorità greche – da includere con un quadro “chiaro, dettagliato e completo” nel rapporto sullo Stato di diritto 2024 – ma soprattutto di effettuare una valutazione “accurata e imparziale” dei casi in cui le violazioni potrebbero comportare la “sospensione dei fondi Ue al Paese”.
L’uso degli spyware in Grecia
Dall’agosto 2022 il partito al potere Nuova Democrazia è accusato di aver utilizzato lo spyware contro membri della società civile, giornalisti e oppositori politici, compreso l’eurodeputato e leader di Pasok, Nikos Androulakis. Come rivelato dallo stesso Androulakis, tutto è nato quando la presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, aveva deciso di reagire con decisione allo scandalo del CatalanGate, in cui erano rimasti coinvolti cinque eurodeputati indipendentisti catalani. Da allora i servizi dell’Eurocamera permettono a tutti gli eurodeputati che ne facciano richiesta di esaminare i propri smartphone, per verificare se sono stati oggetto di spionaggio attraverso spyware. Androulakis se ne era avvalso a fine giugno a livello precauzionale e dal primo controllo è stato rilevato un link legato allo spyware Predator, sviluppato in Israele.
Come per lo spyware Pegasus – che per ora ha coinvolto i governi di Polonia, Ungheria e Spagna – anche Predator, al centro di quello che gli eurodeputati hanno definito “il WaterGate di Grecia”, sfrutta i difetti del software dello smartphone per raccogliere informazioni sulle attività online di un utente senza il suo consenso, come conversazioni, e-mail, messaggi, foto, video. Lo spyware permette anche di trasformare il dispositivo in un registratore audio e video per sorvegliare in tempo reale il contatto intercettato. Oltre al possibile utilizzo contro i cittadini greci, la Commissione Ue ha chiesto ad Atene di fornire “chiarimenti” sulle notizie di esportazione di licenze Predator a Sudan e Madagascar.