dall’inviato a Strasburgo – “Cancellare la presidenza di turno, congelare tutti i fondi europei, e procedere con l’articolo del Trattato che permette di togliere il diritti di voto in seno al Consiglio”. I più decisi sono Tineke Strik e Damian Boeselanger. I due europarlamentari dei Verdi sono quelli che chiedono il pugno duro contro l’Ungheria di Viktor Orban, che diventa oggetto di critiche e argomento centrale del dibattito d’Aula sulle conclusioni del vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dell’1 febbraio.
E’ vero che alla fine l’UE ha trovato la quadra, ma l’elefante nella stanza negoziale a dodici stelle rimane il primo ministro ungherese, per il suo esprimersi in termini più pro-Russia che pro-Ucraina, per il suo ricorrere all’utilizzo dello strumento del voto all’unanimità come vero e proprio veto. Un qualcosa per cui in Parlamento europeo il vaso è colmo. “Abbiamo evitato il veto fino alla prossima volta”, denuncia Katalin Cseh, liberale. “E’ il segno che qualcosa non funziona nel nostro sistema” decisionale, che porta l’esponente di Renew Europe a chiedere un superamento del voto all’unanimità.
Non è piaciuto come Orban abbia costretto i 27 a dover rinviare di due mesi l’accordo per un sostegno da 50 miliardi di euro per l’Ucraina. “Orban tiene in ostaggio gli ucraini“, denuncia Nikolaj Villumsen (la Sinistra), convinto che è tempo di “mettere uno stop ai veti di Orban”. La strada, è quella che traccia soprattutto il gruppo dei Verdi. “E’ tempo di andare avanti con l’articolo 7” del trattato su funzionamento dell’Unione europea, sottolinea Terry Reintke, co-presidente dei Greens. L’articolo in questione prevede la sospensione del diritto di voto in seno al Consiglio per gli Stati membri in continua e grave violazione dei principi dell’UE.
L’Unione europea ha avviato la messa in stato d’accusa dell’Ungheria nel 2018, e il procedimento rimane aperto. “Adesso dobbiamo essere certi che il dispositivo dell’articolo 7 sia utilizzato” contro Orban, insiste la co-presidente dei Verdi Reintke. Che trova sponde tra i socialisti. Anche Gabriele Bischoff (S&D) ritiene “vada utilizzato l’articolo 7” nei confronti dell’Ungheria.
Parole che si scontrano contro i toni, assai diversi, del capogruppo dei popolari (PPE), Manfred Weber, che critica ma non affonda. “L’Ucraina vincerà la guerra e diventerà uno Stato membro dell’UE”, premette in un chiaro invito a sostenere Kiev nella guerra contro Mosca. Quindi sceglie la linea morbida quando tornando sull’accordo trovato in Consiglio dice che “Orban alla fine ha capito che l’unico modo di procedere è lavorare con l’Europa invece che contro l’Europa“.
Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si concentra sull’aspetto positivo del dibattito: l’accordo finale. “Abbiamo dimostrato unità e determinazione”. Quindi un chiarimento, che serve da pro-memoria a Orban. “Ogni euro speso per l’Ucraina è un euro investito nella nostra sicurezza“. Non si esprime sulla possibilità di cancellare la presidenza di turno che l’Ungheria, da calendario, dovrebbe detenere dall’1 luglio al 31 dicembre 2024. Evita strappi. Ma il dibattito di Strasburgo certifica una volta di più il ‘problema Orban‘.
Iraxte Garcia Perez, la presidente del gruppo dei socialisti, si spinge oltre. Non si limita a criticare Orban e attacca sia la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sia il capogruppo dei popolari, Manfred Weber. “Si stanno creando della alleanze un po’ strane”, dice in conferenza stampa a margine dell’attività dell’Aula. Da una parte il flirt tra i leader di Italia e Ungheria, dall’altro l’occhiolino del PPE all’ECR.
“Meloni pare sia stata decisiva nel convincere Orban per l’accordo al Consiglio europeo, magari con l’impegno che nella prossima legislatura il partito di Orban possa passare dai Non iscritti ai Conservatori”, incalza Perez. Giochi di contraddizioni, visto che “Meloni si erge a difensore dell’Ucraina mentre Orban blocca gli aiuti all’Ucraina, Meloni vuole un patto europeo sull’immigrazione e Orban si oppone”.
C’è anche di più, c’è un ruolo dei popolari non chiaro. “Vogliamo vedere questa idea di Weber di aprire le braccia ai conservatori. Quelli che non meritavano di stare nel PPE oggi possono stare in un gruppo con cui Weber sta stringendo alleanze politiche”.