Bruxelles – C’è l’intesa. A sorpresa, quando si temeva una giornata di lunghi stalli, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha reso noto questa mattina (primo febbraio) con un post su X che “tutti i 27 leader hanno concordato un pacchetto di sostegno aggiuntivo di 50 miliardi di euro per l’Ucraina all’interno del bilancio dell’Ue“. Un accordo che permette così di raggiungere la tanto auspicata “soluzione a Ventisette” e superare le resistenze del premier ungherese, Viktor Orbán, al supporto finanziario a Kiev all’interno della revisione intermedia del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (Qfp).
“Questo garantisce all’Ucraina un finanziamento costante, a lungo termine e prevedibile“, ha ricordato il numero uno del Consiglio Europeo, mettendo in chiaro che “l’Ue sta assumendo la leadership e la responsabilità del sostegno all’Ucraina, sappiamo qual è la posta in gioco”. A rendersi decisive per scongiurare l’opzione “a Ventisei” sono state le consultazioni prima dell’inizio del vertice straordinario tra il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, la premier italiana, Giorgia Meloni, il presidente francese, Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e lo stesso Orbán. Una mediazione necessaria per non esasperare le posizioni, in quello che – come si apprende da fonti qualificate – è considerato un momento decisivo e di crocevia per definire il futuro stesso dell’Unione. “Abbiamo già avuto Consigli difficili, ma abbiamo sempre trovato una soluzione, il nostro unico obiettivo è una soluzione a Ventisette“, ha spiegato chiaramente il primo ministro belga e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Alexander De Croo.
Una giornata importante per l’Europa. L’Ucraina avrà il nostro sostegno per tutto il tempo necessario a raggiungere una pace giusta. #Ue più forte delle proprie divisioni https://t.co/TX01U34yhe
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) February 1, 2024
Secondo quanto si apprende da fonti qualificate, l’accordo è nato da un colloquio tra Michel e Macron nella tarda serata di ieri (31 gennaio) e poi sviluppatosi in gruppi più piccoli e più grandi questa mattina per andare alla ricerca delle aperture necessarie per un compromesso, con l’idea poi accettata dal premier ungherese con tre aggiunte decisive. La prima, come spiegano le Conclusioni del Vertice, è quella che prevede che il Consiglio “svolgerà un ruolo fondamentale nella gestione” dello Strumento per l’Ucraina, dal momento in cui “la decisione di esecuzione del Consiglio sarà adottata a maggioranza qualificata per l’adozione e le modifiche” del piano e per “l’approvazione e la sospensione dei pagamenti” sulla base delle valutazioni della Commissione. La seconda riguarda non solo la “relazione annuale della Commissione” sull’attuazione dello Strumento con il relativo dibattito al Consiglio, ma soprattutto il fatto che “tra due anni il Consiglio Europeo inviterà la Commissione a presentare una proposta di revisione nel contesto del nuovo Qfp“. Questo solo “se necessario” e – come precisano le fonti – servirà l’unanimità per invitare l’esecutivo comunitario a presentare la proposta – precisano le fonti – ma non ci saranno le discussioni annuali come richiesto inizialmente da Budapest.
L’ultima aggiunta significativa è invece quella secondo cui “il Consiglio ricorda le sue decisioni del dicembre 2020 sull’applicazione del meccanismo di condizionalità” sullo Stato di diritto, che al momento sta tenendo bloccati i fondi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ungherese da 10,4 miliardi di euro (solo 900 milioni di pre-finanziamento automatico del capitolo RePowerEu sono stati sbloccati) e i 6,3 miliardi della politica di coesione congelati dalla fine del 2022. Il riferimento in particolare è quello legato ai principi di proporzionalità e al nesso di causalità nel momento in cui la Commissione Ue deve decidere l’esborso dei fondi all’Ungheria o ad altri Paesi membri. “Le misure previste dal meccanismo dovranno essere proporzionate all’impatto delle violazioni dello Stato di diritto sulla sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione o sugli interessi finanziari dell’Unione”, e il nesso di causalità tra le violazioni e le conseguenze negative “dovrà essere sufficientemente diretto e debitamente stabilito”, si legge nelle conclusioni del vertice 2020: “La semplice constatazione di una violazione dello Stato di diritto non è sufficiente a far scattare il meccanismo“.
Soddisfatta la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola. “Oggi è un buon giorno per l’Europa”, commenta nel corso delle conferenza stampa tenuta dopo l’incontro con i capi di Stato e di governo: “Abbiamo raggiunto un accordo, grazie all’intenso lavoro fatto dai nostri leader, quello che i nostri cittadini vogliono vedere sono soluzioni, non divisioni”. Adesso il Parlamento e i suoi servizi si metteranno al lavoro: “Dobbiamo verificare i dettagli di questo accordo, lo leggeremo politicamente e giuridicamente“. Non risparmiando critiche al fatto che l’intesa “sottrae fondi ai programmi da cui dipendono i nostri cittadini, ad alcuni dei benefici più tangibili dell’Ue, come l’Unione della Salute o Horizon”, in linea generale l’intesa è comunque una buona notizia, soprattutto da un punto di vista di immagine e reputazione. “Questo accordo offre la prevedibilità e la credibilità dell’Ue nei confronti dell’Ucraina, che fa parte della famiglia europea”, ha concluso Metsola.
Esulta anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Sono molto soddisfatta per l’accordo sulla revisione del bilancio dell’Unione europea”, ha detto al termine dei lavori. “Non era scontato”. Analizzando il vertice straordinario da un punto di vista puramente nazionale, “l’Italia chiedeva una logica di pacchetto per rispondere alle necessità dei nostri cittadini” e da questo punto di vista il capo del governo torna a Roma con risultati per lei positivi. “Ci sono più soldi per la dimensione esterna dell’immigrazione, e quindi della prevenzione e della gestione delle frontiere, quello che voleva l’Italia“. Bene così, dunque, al termine di un impegno che ha visto Meloni impegnata in un’opera di mediazione con Orban. “Ho lavorato cercando di arrivare ad un punto che non dividesse l’Europa in questo momento. Bisogna saper dialogare con tutti”.