Bruxelles – La sorpresa più grossa è arrivata in mattinata, con l’accordo lampo per la soluzione a Ventisette sullo Strumento per l’Ucraina. Il resto delle discussioni al Consiglio Europeo straordinario di oggi (primo febbraio) sulla revisione intermedia del bilancio Ue hanno seguito un copione già scritto, che non ha invertito la tendenza dei Paesi membri a frenare le ambizioni della Commissione ad aumentare gli stanziamenti a sostegno delle politiche dell’Unione. Solo la riserva finanziaria da 50 miliardi di euro per i prossimi quattro anni per l’Ucraina è rimasta intatta dai negoziati andati in scena oggi, mentre tutti gli altri capitoli hanno visto calare l’accetta dei ridimensionamenti. Quello che rimane del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (Qfp) rivisto è un chiaro-scuro: ci sono nuove risorse fresche in budget, ma sono solo un terzo di quanto inizialmente previsto dal gabinetto von der Leyen.
Per districarsi tra le cifre di una complessa revisione del bilancio Ue basta partire da una semplice comparazione. La proposta della Commissione del giugno dello scorso anno prevedeva 65,8 miliardi di euro di nuovi contributi da parte degli Stati membri (cioè risorse fresche al bilancio Ue) su 98,8 miliardi complessivi, mentre il compromesso raggiunto oggi stabilisce un totale di 64,6 miliardi di euro, di cui solo 21 miliardi sono nuovi fondi (altri 10,6 sono riallocazioni dai programmi già assegnati). Cioè meno capacità di spesa comune per i Ventisette, con tagli anche pesantissimi su due dei tre pilastri della revisione: quello di migrazione e dimensione esterna e soprattutto quello delle tecnologie critiche per la competitività industriale dell’Unione. Non ha subito alcun ritocco il terzo pilastro – quello dell’Ucraina – che è ancora composto di 50 miliardi di euro complessivi: 17 miliardi in sovvenzioni (direttamente dalle risorse aggiuntive o riallocate nel bilancio Ue) e 33 miliardi di prestiti finanziati attraverso l’assunzione sui mercati finanziari.
Come previsto dalla proposta negoziale del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel – già presentata al vertice di dicembre e non toccata di un centesimo nell’accordo di oggi – sono stati portati a 9,6 miliardi gli stanziamenti per il capitolo Migrazione e dimensione esterna (da 12,5), con 2 miliardi rimasti invariati sulla rubrica 4 ‘Migrazione e gestione delle frontiere’ per l’attuazione del Patto migrazione e asilo: 0,8 miliardi per il Fondo asilo migrazione e integrazione (Amif), 1 miliardo per lo Strumento per il controllo delle frontiere e dei visti (Bmvi) e 0,2 per l’Agenzia dell’Ue per l’Asilo (Euaa). I restanti 7,6 miliardi di questo pilastro riguardano la rubrica 6 ‘Sfide esterne’, con tagli a sostegno ai rifugiati siriani in Turchia (da 3,5 a 2) e in Siria, Libano e Giordania (da 1,7 a 1,6), la scomparsa dei 3 miliardi per lo strumento finanziario Ndici per l’azione esterna, i 2 miliardi originariamente previsti per i Balcani Occidentali e l’aumento dei fondi al Vicinato meridionale (da 0,3 a 2) per intervenire su queste rotte migratorie.
Ma ciò che esce fortemente ridimensionato rispetto alla proposta della Commissione è il sostegno finanziario al capitolo Step, la piattaforma per le tecnologie critiche nell’ambito delle deep tech, clean tech e biotech con l’obiettivo di spingere la competitività industriale dell’Unione, in risposta all’Inflation Reduction Act statunitense e alla Cina. Con l’intesa di oggi sono rimasti solo 1,5 miliardi di euro – e solo per la difesa – briciole rispetto all’idea originaria della Commissione Ue: 10 miliardi da destinare all’aumento del budget dei programmi InvestEu (3), Horizon Europe (0,5), Fondo per l’innovazione (5) e Fondo europeo per la difesa (1,5, gli unici fondi sopravvissuti). Sul piano climatico e ambientale va anche segnalato il taglio di 1 miliardo di euro (da 2,5 a 1,5) alla Riserva di solidarietà e di emergenza (Sear) per la capacità di reagire alle crisi umanitarie e naturali nei prossimi quattro anni.
Da segnalare ci sono poi gli adeguamenti tecnici. La proposta della Commissione di aumentare i contributi nazionali di 23,8 miliardi di euro è stata quasi interamente respinta. È sopravvissuto solo lo Strumento di flessibilità (da 3 a 2 miliardi), ovvero l’integrazione dei margini di bilancio Ue nel caso di necessità di risposta a esigenze impreviste, mentre sono stati derubricati gli 1,9 miliardi dei costi amministrativi e soprattutto i 18,9 miliardi di euro per il nuovo strumento speciale Euri (European Union Recovery Instrument), il cui unico scopo è quello coprire i costi aggiuntivi legati ai prestiti di Next Generation Eu. Lo strumento è stato creato – ma al momento non ci sono fondi – e in caso di necessità sarà utilizzato con una procedura in tre passaggi. Un’ultima menzione la meritano i tagli ai programmi esistenti per ricavare i 10,6 miliardi delle rassegnazioni secondo la revisione del bilancio Ue: ne sono interessati in particolare 2,1 miliardi da Horizon Europe, 1 dall’Unione della Salute e 1,1 dai programmi gestiti centralmente della politica di coesione e della Politica agricola comune (Pac), su cui sono arrivate critiche dalla presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola: “L’accordo sottrae fondi ai programmi da cui dipendono i nostri cittadini, ad alcuni dei benefici più tangibili dell’Ue”.