Bruxelles – Il centro-destra unito potrebbe non essere così unito. “Personalmente non voterei von der Leyen“, ha messo in chiaro oggi (31 gennaio) il segretario federale della Lega e vicepremier italiano, Matteo Salvini, in un punto con la stampa al Parlamento Europeo, aprendo potenziali grosse crepe con i partner di maggioranza di Fratelli d’Italia e di Forza Italia. Un ‘no’ a un nuovo esecutivo comunitario guidato dall’attuale presidente Ursula von der Leyen che creerà non pochi problemi alla coalizione di governo della premier Giorgia Meloni, da mesi impegnata in una strategia di avvicinamento alla popolare tedesca, che nelle prossime settimane potrebbe diventare la Spitzenkandidat del Partito Popolare Europeo (Ppe) in vista della prossima legislatura.
Sono durissime le critiche all’indirizzo di von der Leyen da parte di Salvini, che sfrutta le proteste dei trattori per lanciare un messaggio politico: “Gli agricoltori che sono in piazza in tutta Europa hanno problemi con l’attuale Commissione Europea, la Commissione von der Leyen da questo punto di vista è disastrosa“, in particolare “sul fronte del lavoro e dei diritti” e per le “politiche folli pseudo-green”. Un affondo che potrebbe diventare un grattacapo per Meloni, non tanto per un ingresso in maggioranza al Parlamento Ue per i Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) – la stessa presidente del partito europeo ha escluso alleanze con i socialisti a Bruxelles – ma piuttosto per gli scenari che possono aprirsi in Consiglio. Al momento della scelta del prossimo o della prossima presidente della Commissione Ue saranno decisivi gli equilibri tra i 27 governi Ue ed è su questo fronte che Meloni sta cercando di ritagliarsi un ruolo di peso. Avere contro il principale alleato di maggioranza a livello nazionale potrebbe diventare un elemento di instabilità per la strategia della premier.
L’offensiva politica di Salvini non riguarda però solo il gabinetto von der Leyen, ma anche i partner del “centro-destra unito in Italia e in Europa”. Perché alla domanda se non potrebbero nascere dei problemi tra le fila del Ppe riguardo alla presenza dentro il gruppo Identità e Democrazia (di cui la Lega fa parte) dell’estrema destra tedesca di Alternative für Deutschland, il vicepremier italiano risponde secco che “piuttosto siamo noi ad avere problemi con chi ha mal gestito questa Europa con i socialisti per troppi anni e disastrato il sistema produttivo“, anche se “io potrei superare questi evidenti problemi, siccome noi guardiamo oltre”. Ovvero alla “storica occasione” in cui “per la prima volta ci potrebbe essere una maggioranza senza i socialisti” all’Eurocamera.
Salvini guarda con fiducia alla crescita nei sondaggi del gruppo Id, che potrebbe conoscere un’impennata elettorale grazie all’exploit dei tedeschi di AfD – dati oggi tra il 21 e il 22 per cento – e la crescita dei francesi di Rassemblement National – attorno al 28 per cento – nonostante il crollo verticale della Lega (dal 28 al 9). “Siamo oggi il terzo gruppo al Parlamento Europeo [solo secondo le proiezioni, ndr], possiamo crescere con nuove delegazioni con cui siamo in contatto”, ha affermato il vicepremier, auspicando lo scenario per cui il gruppo di estrema destra sarà “determinante”. Nessuna parola invece sulle minacce dell’ex-presidente del partito di estrema destra francese Rassemblement National, Marine Le Pen, di dover rivedere l’alleanza con AfD all’interno dello stesso gruppo Id per il piano di ‘remigrazione’ discusso dall’alleato tedesco.
Le alleanze della destra europea tra Salvini e Meloni
Un accordo tra le destre in Europa – già sponsorizzato dal presidente del Ppe, Manfred Weber – si scontra con il complicato quadro delle affiliazioni dei partiti nazionali, un elemento di instabilità nei tre partiti europei che spaziano dalla destra moderata a quella estrema. L’attenzionato speciale è il Partito Popolare Europeo (di cui fanno parte 84 partiti tra cui Forza Italia, l’Unione Cristiano-Democratica di Germania, i Repubblicani francesi, il Partito Popolare spagnolo e Piattaforma Civica polacca) che potrebbe cercare di stringere i rapporti con la famiglia dei conservatori europei, anche se al suo interno ne fanno parte frange estremiste.
Non va dimenticato che le 13 formazioni politiche appartenenti al Partito dei Conservatori e Riformisti sono guidate dalla stessa leader di Fratelli d’Italia, partito che a livello nazionale si posiziona nell’estrema destra (di derivazione post-fascista). Al suo interno si trovano anche altri partiti di ultra-conservatori, come gli spagnoli di Vox, i Democratici Svedesi, gli slovacchi di Libertà e Solidarietà e soprattutto i polacchi di Diritto e Giustizia (PiS). Proprio sulla Polonia potrebbe saltare il banco per un’alleanza di destra, perché a capo di Piattaforma Civica c’è l’ex-presidente del Ppe ed ex-presidente del Consiglio Europeo tra il 2014 e il 2019, Donald Tusk, uno dei più forti antagonisti di un’alleanza a Bruxelles con la famiglia politica che rappresenta partiti come il PiS. A questo si aggiunge il fatto che nelle ultime settimane sono aumentate le voci di un possibile ingresso del partito ungherese Fidesz di Viktor Orbán, sponsorizzato anche dall’ex-premier polacco, Mateusz Morawiecki. “È una decisione di tutto il gruppo una volta che viene fatta domanda di adesione, ma al momento non è arrivata”, fanno sapere dal gruppo Ecr.
Considerato il fatto che al momento non è realizzabile una maggioranza in Europa composta solo da popolari e conservatori, l’opzione proposta da Salvini è quella di replicare la coalizione di governo italiana: a Roma c’è una maggioranza di destra Forza Italia-Fratelli d’Italia-Lega, a Bruxelles si dovrebbe puntare su un campo larghissimo Ppe-Ecr-Id. Le parole della scorsa estate del ministro degli Esteri italiano e vicepresidente del Ppe, Antonio Tajani, e quelle ancora più esplicite della presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola – “quando andremo alle elezioni a giugno, ai cittadini dobbiamo proporre una scelta pro-europeista” – dimostrano che tra la maggioranza dei popolari è considerato quasi impossibile questo tipo di scenario, perché il Partito di Identità e Democrazia è pieno di forze anti-europeiste. In questo senso la Lega, che in Italia non è considerata la forza più a destra dello scacchiere politico parlamentare (titolo che appartiene al partito di Meloni), a Bruxelles siede con i partiti più ultra-nazionalisti di tutta la scena europea. Fonti di peso all’interno di Identità e Democrazia confermano però che c’è un “dialogo costante” tra Weber e Marco Zanni (presidente di Id) e che la possibile convergenza con Meloni potrebbe essere intesa come un tentativo di garantirsi “una figura forte in Consiglio”.