Roma – Roma apre le porte del Sentato al vertice Italia-Africa, il primo appuntamento internazionale che l’Italia ospita da quando ha assunto la Presidenza del G7. Qui, la premier Giorgia Meloni presenta ai capi di stato e di governo africani il Piano Mattei. L’obiettivo, di medio e lungo periodo, spiega, è quello di dimostrare che “siamo consapevoli di quanto il destino dei nostri due continenti, Europa e Africa, sia interconnesso. E che possiamo crescere insieme”.
In emiciclo, a sostenere il progetto, siedono i vertici delle Istituzioni europee, Ursula von der Leyen, Charles Michel, Roberta Metsola.
“Vogliamo costruire una cooperazione da pari a pari, nella quale l’Europa deve rifiutare l’approccio paternalistico che ha spesso dimostrato, lontana da qualsiasi tentazione predatoria, ma anche da quell’impostazione ‘caritatevole’ che mal si concilia con le sue straordinarie potenzialità di sviluppo del Continente”, ribadisce Meloni.
La premier incassa il plauso del presidente del Consiglio Europeo, Michel: “Il piano si inserisce nel paradigma delle relazioni che vogliamo tessere con l’Africa, con il principio di una partnership tra pari, con rispetto e fiducia”, afferma.
Si dice grata a Meloni anche la presidente della Commissione europea, von der Leyen, per aver posto la cooperazione con l’Africa “al centro della sua politica estera e della sua presidenza del G7”. Considera il nuovo Piano “un importante contributo a questa nuova fase del nostro partenariato, complementare al Global Gateway europeo”. Il Global Gateway è la strategia di investimento da 300 miliardi di euro nei Paesi terzi, di cui circa la metà destinati all’Africa. von der Leyen insiste sul fatto che si tratta di “un momento di intensa e rinnovata cooperazione tra Africa ed Europa. Perché i nostri interessi sono più che mai allineati. Dobbiamo tutti passare all’energia pulita e adattarci al cambiamento climatico. Abbiamo tutti bisogno di formare la nostra forza lavoro per i lavori di domani”, ha aggiunto.
La presidente italiana del consiglio vuole ripartire dall’intuizione di Enrico Mattei, che amava dire che “l’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono”, per, scandisce, “scrivere una pagina nuova nelle nostre relazioni”.
Il Piano può contare su 5,5 miliardi tra crediti, operazioni a dono e garanzie: tre arrivano dal Fondo italiano per il clima e due miliardi e mezzo dalle risorse della cooperazione allo sviluppo. A questi, si aggiungeranno quelli che (auspicabilmente) arriveranno dalle Istituzioni finanziarie internazionali, dalle Banche Multilaterali di Sviluppo, dall’Unione Europea e da altri Stati donatori, che già si sarebbero fatti avanti per sostenere progetti comuni. Ma ci sarà anche, entro l’anno, un nuovo strumento finanziario, assieme a Cassa Depositi e Prestiti, per agevolare gli investimenti del settore privato.
I pilastri sono cinque: istruzione e formazione, salute, agricoltura, acqua ed energia. “È un piano ambizioso ma estremamente concreto, che partirà da progetti pilota in alcune Nazioni africane per poi estendersi al resto del Continente. Un Piano di interventi con il quale vogliamo dare il nostro contributo a liberare le energie africane, anche per garantire alle giovani generazioni africane un diritto che finora è stato negato: il diritto a non dover essere costretto a emigrare e a recidere le proprie radici”, scandisce Meloni.
L’Unione Africana, però, chiede più concretezza e meno chiacchiere. “Non ci accontentiamo di semplici promesse che poi non sono mantenute”, tuona Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione, che lamenta di non essere stato interpellato nella stesura: “Avremmo auspicato di essere consultati, adesso siamo pronti a discutere le modalità”. Il Piano non è una “scatola chiusa, da imporre e calare dall’alto”, ribatte Meloni: è pensato, spiega, come una “piattaforma programmatica aperta alla condivisione e alla collaborazione con le nazioni africane, sia nella fase di definizione sia in quella di attuazione dei singoli progetti”. Dei cinque miliardi e mezzo, Per la prima volta, la Conferenza Italia-Africa (in passato tenuta a livello ministeriale) viene elevata a Vertice e apre alla partecipazione dei Capi di Stato e di Governo. “E’ una scelta che ribadisce la centralità e la rilevanza che l’Italia attribuisce al rapporto con le Nazioni africane”, rivendica la premier.
Quello di oggi “non è un punto di arrivo, ma un fondamentale momento di confronto con tutti i vertici del continente africano, per fare sempre di più”, precisa il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Perché, ricorda, “le sfide globali sono tante e sempre più complesse”. Tre guerre e la situazione nel Mar Rosso hanno ricadute non indifferenti “strategiche ed economiche” sui Paesi africani.
Uno dei miti che vuole sfatare il programma è che l’Africa sia povera. Nient’altro che una “narrazione distorta”, per Meloni, che ricorda che il continente detiene il 30 per cento delle risorse minerarie del mondo, il 60 per cento delle terre coltivabili. Il 60 per cento della sua popolazione ha un’età inferiore ai 25 anni, questo lo rende anche una terra dalle “enormi potenzialità di capitale umano”, sottolinea. Ma si tratta anche di un continente immenso, che racchiude necessità molto diverse tra loro.
Nel settore energetico l’Africa “è un continente che non ha rivali”, conferma la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. “L’Europa ha un problema di approvvigionamento energetico -ricorda – e l’Africa ha il potenziale per essere un fornitore massiccio di energia rinnovabile e verde”. Un discorso che vale anche per le materie prime e le terre rare: “Possiamo crescere insieme, in modo sostenibile, non a spese l’uno dell’altro”.