Bruxelles – Non è un report rassicurante quello pubblicato oggi (25 gennaio) dal Sustainable Development Solutions Network, la rete di esperti creata dalle Nazioni Unite per monitorare l’implementazione dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg). L’Europe Sustainable Development Report 2023/24, arrivato alla sua quinta edizione, mostra che tra i 38 Paesi Ue, Efta e candidati all’adesione Ue “ci sono progressi, ma non alla velocità necessaria e con ineguaglianze che rimangono irrisolte“. Così riassume la situazione sul continente alla luce del nuovo report il vicepresidente del Sustainable Development Solutions Network, Guillaume Lafortune, parlando a un pool ristretto di giornalisti europei – tra cui Eunews – durante un incontro presso la sede del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) a Bruxelles.
“Questo è uno strumento di diagnosi, uno specchio indipendente sulla situazione in Europa”, spiega Lafortune, avvisando che “bisogna concentrarsi soprattutto sugli aspetti sociali“. Al suo fianco concorda su tutta la linea il presidente della sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente (Nat) del Cese, Peter Schmidt: “Consideriamo questo report uno dei più importanti per monitorare i progressi dell’Agenda 2030, non sembra che i policymaker abbiano davvero capito dove dobbiamo arrivare”. Tra gli aspetti più problematici ci sono soprattutto quelli sociali, dove la mancanza di progressi significativi – se non addirittura stagnazione o regresso – per ridurre l’ineguaglianza, “rischia di portare a un punto in cui le persone non seguiranno più” l’Agenda 2030 degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Un’anteprima di questo scenario è quella fornita dalle proteste degli agricoltori che – dai Paesi Bassi alla Germania, dalla Francia a Bruxelles – “stanno dimostrando questo rischio”, avverte Schmidt. E i temi sociali si legano a quelli ambientali, considerate le difficoltà anche sugli obiettivi climatici: “Se si pongono target, ma non si cambia il modo di fare politica e il modello economico, non è possibile raggiungerli”.
È per questo motivo che il Cese, in collaborazione con il Sustainable Development Solutions Network, ha elaborato 10 priorità essenziali per le istituzioni comunitarie in vista della prossima legislatura al via dopo le elezioni europee del 6-9 giugno. “Nel giugno 2024 i cittadini non solo eleggeranno il nuovo Parlamento Europeo e tracceranno la strada per la formazione della prossima Commissione Europea, ma getteranno anche le basi per il futuro dell’Ue e del suo ruolo globale fino al prossimo decennio“, si legge nella dichiarazione congiunta fornita alla stampa, che richiama partiti politici in campagna elettorale e futuri leader Ue alle proprie “responsabilità storiche”. In particolare si tratta di “intraprendere azioni decisive prima del 2030” per evitare “punti di svolta irreversibili dal punto di vista ambientale e sociale” e per “mantenere la possibilità di raggiungere gli obiettivi globali”, tra cui l’Agenda degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
“A metà percorso nessuno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile è sulla buona strada per essere raggiunto a livello globale entro il 2030, l’85 per cento è in declino o mostra progressi molto limitati”, è l’avvertimento che introduce le “10 azioni prioritarie per questo European Deal for the Future” rivolte a tutti i partiti politici, ai prossimi Parlamento e Commissione Ue, al Consiglio Europeo e agli Stati membri. In primis la necessità di ridurre “significativamente” il rischio di povertà ed esclusione sociale dei cittadini europei, e di raddoppiare gli sforzi per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nell’Ue entro il 2050, “con importanti progressi entro il 2030”. In Europa devono essere rafforzate le autorità regionali e locali nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e deve essere sostenuta la trasformazione “verso un sistema commerciale sostenibile”.
Per la diplomazia sugli obiettivi di sviluppo sostenibile si potrà fare leva sul Team Europe e sul formato Onu, rafforzando il “ruolo multilaterale dell’Europa” nella riforma dell’architettura finanziaria globale e rifocalizzando i partenariati internazionali Ue “verso una cooperazione di trasformazione reciproca”. Andranno mobilitati i mezzi finanziari per le trasformazioni per un futuro sostenibile e istituzionalizzata l’integrazione degli Sdg “nella pianificazione strategica, nel coordinamento macroeconomico, nei processi di bilancio, nelle missioni di ricerca e innovazione e in altri strumenti politici”. Infine viene richiesta la creazione di “nuovi meccanismi permanenti per un impegno strutturato e significativo” con la società civile – “compresi i giovani” – e all’interno del Parlamento Europeo.