È in corso sul Foglio uno scambio fra la redazione e il ministro Sangiuliano sulle modalità per affermare nel mondo un’egemonia culturale italiana o comunque un marchio culturale italiano che attiri turismo in casa e diffonda prestigio all’estero. Il Foglio fa l’esempio della Francia, che esporta il Louvre ad Abu Dhabi ed ora anche a Atlanta, negli Stati Uniti e apre succursali del Centre Pompidou a Malaga e a Shanghai diffondendo un’immagine positiva di potenza culturale francese. Il ministro Sangiuliano risponde con una lunga lista di interventi di restauro e potenziamento di musei italiani, affermando che l’egemonia culturale italiana è “l’identità unica di una nazione che è stata baciata dalla storia”.
Ma a questo punto viene da chiedersi: cos’è e come si attua un’egemonia culturale? “Egemonia” viene da un verbo greco che significa “condurre” e in italiano vuol dire “preminenza”, “supremazia”. In campo culturale per pretendere una supremazia bisogna attirare gli altri nella nostra lingua e nella nostra cultura offrendo conoscenze e saperi che altrove mancano e che rivestono un particolare valore. In altre parole, uno straniero è attratto dalla nostra cultura se vi trova quel che nelle altre non c’è, come accadde a cavallo fra Medioevo e Rinascimento, quando la cultura europea tutta intera si abbeverava alle nostre lettere e alle nostre arti e imparava la nostra lingua. C’è da dire che mai la cultura italiana è stata più forte di quando l’Italia politica non esisteva. Anzi, si può osservare che da quando esiste lo stato unitario l’area di diffusione della nostra lingua si è ristretto.
Ma tornando all’oggi, perché mai uno straniero dovrebbe essere attratto dalla nostra lingua e dalla nostra cultura? Per fare qualche esempio, pochissime nostre università sono ben quotate nelle classifiche internazionali, siamo fra gli ultimi nella ricerca sull’intelligenza artificiale e ci siamo vietati da soli la ricerca in settori d’avanguardia come la carne sintetica, come avevamo già fatto con gli OGM e con il nucleare. L’Italia investe in ricerca all’anno circa 25 miliardi contro i 55 della Francia e i 113 della Germania. Per fare egemonia culturale poi servono i mezzi, serve denaro. L’Italia spende in promozione culturale un decimo di quello che spende la Germania. Nelle fiere e biennali d’arte nel mondo gli artisti italiani rappresentano l’1 per cento e non godono di quasi nessun sostegno statale. In Francia e in Germania gli artisti godono di sistemi di sicurezza sociale e di stipendi impensabili in Italia.
L’Italia sperpera il suo capitale umano e lascia emigrare i suoi artisti verso paesi dove sono meglio trattati, dove possono vivere del loro mestiere, l’Italia ha mille teatri perfettamente restaurati ma dove non si recita né si suona più. Poi, perché un paese possa esercitare un’egemonia culturale bisogna che i suoi cittadini pratichino e tengano viva la sua cultura. Per citare solo qualche dato, in Italia i lettori sono il 61 per cento mentre nel Regno Unito sono l’86 e in Francia raggiungono il 92. In Italia La quota di 30-34enni laureati è pari al 26,8 per cento contro una media europea del 41,6. In generale in Italia la persona colta viene denigrata e l’arte non è considerata un mestiere a meno che non sia spettacolo, non procuri denaro e visibilità.
È vero invece che abbiamo un patrimonio culturale inestimabile e unico al mondo che però pare attirare sempre meno, considerando i dati di affluenza del turismo internazionale. Parigi, Amsterdam e Madrid sono più visitate di Roma. Ma scorrendo la lista di interventi volti a sollevare le sorti della nostra potenza culturale nella lettera al Foglio del ministro Sangiuliano, una cosa soprattutto salta all’occhio. Sono tutti restauri: palazzi antichi caduti in disuso, vecchie caserme abbandonate, ville reali dismesse, forti militari dimenticati, insomma tutto un patrimonio architettonico antico che viene restaurato. Nessun grande cantiere di una nuova opera architettonica pubblica, di quelle che lasciano il segno di un epoca e che testimoniano dalla vivacità culturale di una società. L’Italia non costruisce il nuovo come invece la Francia, non progetta grandi opere della contemporaneità che contraddistinguano il tempo moderno. L’Italia restaura all’infinito le sue vecchie pietre perché altro non sa fare e anzi si intralcia da sola anche questo creandosi mille vincoli burocratici dove si perde di vista anche il senso del conservare. L’Italia decadente e ripiegata su sé stessa è un polveroso museo che vive nel passato, non sa pensare il futuro e si crogiola nei suoi fasti antichi, che spesso neppure erano italiani ma borbonici o toscani, romani o ellenici, appunto di quell’Italia prima dell’Italia che, lei sì, era capace di egemonia culturale.