Dal vertice internazionale di Davos, se fosse stato necessario, è uscito un nuovo appello per un passo avanti dell’Unione europea, e anche di tutto quel che si chiamava “Occidente” per un forte e chiaro rilancio del multilateralismo, della cooperazione. Che vuol dire, in sostanza, assumersi le proprie responsabilità pensando che il mondo che ci sta attorno si muove come una sorta ingranaggio in divenire globale, dove ogni pezzo deve poter funzionare al meglio, pena restare incastrati, e in qualche caso deformati, schiacciati. Un pezzo debole diventa preda dei pezzi più grandi, che lo fanno proprio, lo manipolano e lo cancellano.
L’Unione europea si confronta con questo dibattito oramai da anni, ma non sembra giunto a piena maturità. Tra gli Stati membri ce ne sono ancora molti che, da prospettive le più diverse e con obiettivi più diversi, pensano di poter giocare in proprio, in parte appoggiandosi di qua, in parte di là, sfruttando il volano commerciale dell’Unione mentre magari se ne negano i valori che ne sono a fondamento.
E’ il momento di occupare saldamente uno spazio nel mondo della politica internazionale, del commercio, della produzione industriale, della tecnologia, della protezione del clima. Dobbiamo esser resilienti ma anche capifila, dobbiamo poter evitare crisi come quelle della carenza di paracetamolo e microchip, e dobbiamo arrivare ad essere un’entità che in politica estera, almeno quella detta “geopolitica” cioè che riguarda lo spazio che ci è vicino, conti un qualche cosa. Al limite anche solo per proteggerci.
Tra qualche mese, quattro e mezzo, avremo le elezioni europee, che dovranno comporre un pezzo rilevante del quadro dei poteri nell’Unione. Ecco, i deputati sono centinaia, non serve che siano tutti dei fenomeni, ma buona parte di loro dovrà esserlo. E qui la responsabilità dei partiti sarà grandissima, enorme, la capacità di guardare oltre gli equilibri politici di casa sarà decisiva. Certo, ci vorrebbero grandi leader che possano comporre al meglio le liste. Abbiamo, intendo in tutta l’Unione, quelli che abbiamo, e, se anche grandi leader non sono, perché non ce ne sono (forse un paio al massimo avranno almeno un capitolo su un libro di storia tra 30 anni), vogliamo credere che siano tutti persone per bene (e non tutti lo sono, sappiamo anche questo, ma in maggioranza forse sì).
Dunque i nostri leader dei vari partiti possono impegnarsi per compilare delle buone liste, con candidati che abbiano qualcosa da dire e da fare qui a Bruxelles. Tutti i Ventisette adottano, obbligatoriamente, il sistema proporzionale. Qualcuno, come i tedeschi, ha scelto le liste bloccate, un modo per selezionare al massimo il personale politico che si manda qui (e spesso i risultati, qualitativamente, sono molto buoni) altri, come l’Italia hanno invece le preferenze (e dunque essere eletti costa anche molto). Sono sistemi ambedue democratici, non discuto questo ora, ma sono due sistemi comunque, quale più, quale meno, nelle mani dei leader dei partiti.
Ecco, è un appello che faccio prima di ogni elezione, ma questa volta è più urgente di altre volte: si faccia in modo di mandare a Bruxelles davvero i migliori a disposizione, ne abbiamo veramente bisogno tutti.