Bruxelles – Uno sversamento di oltre 25 tonnellate di pellet di plastica in mare, che ha travolto le coste della Spagna nord-occidentale ma che allo stesso tempo solleva un problema più grande per tutti i Paesi Ue: l’impatto dell’inquinamento da microplastiche sugli habitat marini e sulla salute dei cittadini europei. “Sono eventi occasionali, ma creano un impatto significativo sul suolo, sull’acqua e sul sostentamento delle persone”, è l’avvertimento lanciato dal commissario europeo per l’Ambiente, gli oceani e la pesca, Virginijus Sinkevičius, intervenendo al dibattito in sessione plenaria del Parlamento Ue sulla recente catastrofe ecologica sulle coste della Galizia, delle Asturie, della Cantabria e dei Paesi Baschi.
I pellet – minuscole palline di plastica solitamente inferiori a cinque millimetri di diametro – sono utilizzati come materia prima dei prodotti in plastica. Lo scorso 8 dicembre sei container sono caduti in mare vicino alle coste portoghesi dalla nave-container Toconao (gestita dalla compagnia di trasporti danese Maersk), di cui uno conteneva oltre 25 mila chili di pellet. Mentre sia la compagnia danese sia la Procura spagnola hanno avviato indagini per determinare le cause e le responsabilità dell’incidente, la ‘marea’ di microplastiche riversatesi nell’Atlantica è stata trasportata dalla corrente verso le coste spagnole, riportando alla memoria il grave inquinamento marino in Galizia del 2002 causato dall’affondamento della petroliera Prestige. Se vent’anni fa si trattava di petrolio, oggi le preoccupazioni derivano dalle conseguenze delle microplastiche in mare, anche per la limitata conoscenza degli effetti del loro assorbimento per la salute umana e animale.
“Serve cooperazione da parte di tutti i Paesi membri, perché le acque non conoscono frontiere”, ha esortato il commissario Sinkevičius, sottolineando che “il mare può essere uno spazio imprevedibile e le attuali condizioni climatiche possono portare inevitabilmente ad altre catastrofi“. Ecco perché “sono necessarie procedure di rimedio per evitare l’inquinamento marino”, a partire dal sostegno alla recente iniziativa dell’esecutivo comunitario. “Nell’ottobre scorso abbiamo presentato una proposta per evitare lo sversamento di pellet in mare“, dal momento in cui è necessaria un’azione di prevenzione più che di risposta alle catastrofi ecologiche: “Una volta che entrano nell’ambiente sono difficili da raccogliere, e in ogni caso è una procedura costosa anche in termini di tempo e attrezzature”, ha ricordato agli eurodeputati il responsabile per l’Ambiente nel gabinetto von der Leyen. Il principio fondante è quello di “chi inquina, paga” e questo significa che “gli operatori economici devono adottare azioni per evitare qualsiasi sversamento e garantire l’obbligo di contenimento e la pulizia”.
La proposta della Commissione Ue contro i pellet in mare
La proposta di Regolamento per prevenire l’inquinamento da microplastica dovuto al rilascio involontario di pellet di plastica è stata presentata dalla Commissione Ue il 16 ottobre dello scorso anno, con l’obiettivo di contrastare un problema ecologico che si attesta tra le 52 e le 184 mila tonnellate rilasciate ogni anno nell’ambiente a causa di lacune lungo la catena di approvvigionamento. “La proposta copre tutti gli operatori europei e non-europei che stoccano, trasportano in Europa e convertono i pellet in prodotti”, ha sottolineato con forza il commissario Sinkevičius, ringraziando il Parlamento per “aver dato priorità” al tema nonostante la fitta agenda degli ultimi mesi di legislatura: “I pellet sono una delle maggiori fonti di inquinamento da microplastica non intenzionale“.
La proposta al vaglio ora dei co-legislatori prevede che, a seconda delle dimensioni dell’impianto o dell’attività di trasporto, gli operatori dovranno attenersi ad alcune migliori pratiche di gestione definite dalla Commissione Ue e “già implementate dai principali operatori”. Inoltre agli operatori più grandi servirà una certificazione obbligatoria rilasciata da una terza parte indipendente, mentre le aziende più piccole dovranno munirsi di un’autocertificazione per aiutare le autorità nazionali competenti a verificare la conformità. Avendo fissato la priorità di monitorare le perdite e affrontare le lacune di dati rimanenti, gli organismi di standardizzazione saranno chiamati a sviluppare una metodologia armonizzata per aumentare la responsabilità e la consapevolezza dell’impatto delle diverse pratiche sull’ambiente e sulla salute umana. Infine, dal momento in cui la filiera del pellet è composta in larga misura da piccole e medie imprese, sono previsti requisiti “più leggeri” per micro e piccoli operatori del settore.