Bruxelles – Un appello per il cessate il fuoco a metà, alle regole del governo israeliano. La risoluzione del Parlamento europeo, che doveva chiedere ad alta voce la fine dei bombardamenti sulla Striscia di Gaza, è un colpo che fa cilecca. Passano le condizioni poste dai popolari: il cessate il fuoco solo dopo la liberazione incondizionata degli ostaggi e lo smantellamento di Hamas.
Condizioni “impossibili”, ha commentato il capodelegazione del Partito Democratico, Brando Benifei. Nel testo originale, elaborato da socialdemocratici, liberali e verdi, l’appello per la liberazione dei 140 ostaggi ancora nelle mani di Hamas e la distruzione dell’organizzazione terroristica erano stati inclusi, da realizzare “nel contesto” di un cessate il fuoco. Ma per soli 15 voti – 257 si, 242 no e 17 astenuti – è stato approvato l’emendamento proposto dal Partito Popolare europeo. Fatale lo spaccamento tra i liberali di Renew, che a loro volta avevano presentato un emendamento di compromesso nel quale la cessazione delle ostilità sarebbe stata da perseguire “in parallelo” alle due condizioni.
Un cessate il fuoco condizionato al raggiungimento di questi obiettivi è “inapplicabile nei fatti“, ha dichiarato Benifei. Che in fin dei conti sostiene “il protrarsi del bombardamento su Gaza”, che ha causato in poco più di 100 giorni oltre 24 mila vittime. La seconda risoluzione non vincolante dall’inizio del conflitto, adottata con 312 voti favorevoli, 131 contrari e 72 astensioni, ha perso così di peso specifico. Nel testo sono stati inclusi anche diversi emendamenti firmati Conservatori e Riformisti europei (Ecr) che sottolineano le co-responsabilità di Hamas nella catastrofe umanitaria in corso.
“Mettere delle condizioni per fermare un massacro non fa onore al Ppe”, è la triste constatazione rilasciata a Eunews dall’ambasciatore dell’Autorità Palestinese a Bruxelles, Adel Atieh. Che accusa duramente la destra europea: “Queste posizioni purtroppo sono ancora basate su considerazioni arabofobiche e islamofobiche. Non possono esserci condizioni per smettere di massacrare donne e bambini“.
Linea dura contro i coloni estremisti israeliani e supporto alla soluzione dei due Stati
La risposta militare israeliana agli attacchi del 7 ottobre è comunque definita senza mezzi termini “sproporzionata”: Israele ha il diritto di difendersi entro i limiti del diritto internazionale, sottolineano i deputati, il che implica che “tutte le parti in conflitto devono distinguere, in ogni momento, tra combattenti e civili, che gli attacchi devono essere diretti esclusivamente verso obiettivi militari“.
Da Strasburgo arriva invece chiaro l’appello a Bruxelles per mettere in campo un’iniziativa europea che possa rilanciare la soluzione a due Stati, “basata sui confini del 1967 e con due stati democratici che vivono l’uno in fianco all’altro in pace e sicurezza”. E per istituire un regime di sanzioni nei confronti dei coloni israeliani estremisti che violano i diritti umani e il diritto internazionale nei territori palestinesi occupati, dal momento che “gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, sono illegali secondo il diritto internazionale”. Secondo Sabrina Pignedoli, eurodeputata del Movimento 5 stelle, le misure restrittive per i coloni non sono sufficienti: “Per essere credibili davanti alla continua occupazione dei territori palestinesi servono prese di posizioni più forti che includano anche la messa in discussione dei rapporti commerciali Ue-Israele e il divieto di export di armi“, ha dichiarato a margine del voto..
Poco o nulla sul procedimento avviato dal Sudafrica a l’Aia per indagare sul presunto crimine di genocidio commesso da Israele: nella risoluzione si sottolinea infine il forte sostegno dell’Ue al lavoro della Corte penale internazionale e della Corte internazionale di giustizia, e si chiede che i responsabili degli atti terroristici e delle violazioni del diritto internazionale siano chiamati a rendere conto delle loro azioni.