Bruxelles – I gruppi politici al Parlamento Europeo hanno scelto di rilanciare la figura dello Spitzenkandidat, ma sulle ambizioni realistiche per il post-elezioni del 6-9 giugno è ancora tutto un’incognita. Anche perché – a fronte di un gruppo come quello dei Verdi/Ale che propone quattro candidati (di cui ne rimarranno due per la campagna elettorale) – il Partito del Socialismo Europeo (Pse) sembra essere a corto di scelte, quando manca un solo giorno alla scadenza per presentare le candidature in vista del Congresso di Roma in cui dovrà essere presa una decisione. A oggi l’unico candidato è Nicolas Schmit, politico lussemburghese di lungo corso e attuale commissario europeo per il Lavoro e i diritti sociali.
Spitzenkandidat – in tedesco ‘candidato di punta’ – nel gergo europeo indica quella figura politica che ciascun partito europeo indica agli elettori come prima scelta per la presidenza della Commissione Europea nel caso di vittoria alle elezioni per il rinnovo del Parlamento Ue. Secondo quanto previsto dalle regole del Pse, ogni candidato o candidata ha bisogno del sostegno di almeno nove partiti o organizzazioni membri a pieno titolo (cioè il 25 per cento del totale), di cui uno che lo nomina e altri otto che lo appoggiano. Se risulta più di una candidatura, viene organizzato un voto al Congresso elettorale del Pse, in cui è necessario assicurarsi più del 50 per cento dei voti di tutti gli affiliati a pieno titolo. Tuttavia, a poche ore dalla scadenza del 17 gennaio per presentare le candidature, risulta solo il nome del commissario Schmit nella lista del Pse.
A quanto risulta Schmit è sostenuto da due dei più grossi partiti nazionali della famiglia politica europea dei socialisti, il Partito Socialista Operaio Spagnolo e il Partito Socialdemocratico di Germania (quest’ultimo l’ha reso noto esplicitamente con una dichiarazione del suo segretario generale, Kevin Kühnert). Per il momento il Partito Democratico non si sbilancia sull’appoggio diretto a Schmit – fermo restando che in assenza di sfidanti sarà l’attuale commissario europeo lo Spitzenkandidat ufficiale – ma il capo-delegazione del partito all’Eurocamera, Brando Benifei, esprime “a titolo personale” a Eunews “apprezzamento per il lavoro di Schmit”. L’opzione viene vista “con favore” anche in virtù del suo portafoglio di competenze nel gabinetto von der Leyen: “Rappresenterebbe adeguatamente l’impegno per un’Europa sociale“. Tuttavia il capo-delegazione del Pd al Parlamento Ue ha voluto precisare che “questa decisione sarà presa come intera forza politica e quindi nelle sedi opportune” (il Congresso del Pse a Roma il 2 marzo). Mentre non sono ancora chiare le intenzioni di Ursula von der Leyen nella corsa per un secondo mandato come presidente della Commissione Ue (che implicherebbe il passaggio come Spitzenkandidat del Partito Popolare Europeo), i socialisti europei hanno nel mirino la presidenza del Consiglio Europeo, resa più frenetica dopo il passo indietro del 6 gennaio da parte dell’attuale numero uno dell’istituzione, Charles Michel.
La figura dello Spitzenkandidat
La figura dello Spitzenkandidat è stata introdotta per la prima volta per le elezioni europee del 2014, sulla scia degli accresciuti poteri che il Parlamento Ue si è visto attribuire dal Trattato di Lisbona – firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009 – e che gli eurodeputati hanno voluto interpretare nella maggior ampiezza possibile. Da parte dei partiti c’era anche la volontà di tentare un avvicinamento agli elettori, che hanno sempre visto la Commissione come un organo distante dalla vita dei cittadini ma con ampi poteri di incidere sulla loro vita. Indicare una persona vuol dire fare in modo che gli elettori possano conoscerla prima che assuma un incarico importante e, allo steso tempo, è anche una possibilità per i partiti per suggerire implicitamente chi vorrebbero evitare che – anche al loro interno – possa essere scelto dopo le elezioni.
Perché non sono i partiti a indicare formalmente il presidente della Commissione, e nemmeno l’Eurocamera. In base al Trattato di Lisbona questo potere spetta ai governi, riuniti nel Consiglio Europeo, che scelgono la persona che dovrà guidare la Commissione. Il nome viene proposto al Parlamento Europeo che, in ogni caso, ha il potere di approvare o meno la scelta. In sostanza è un potere condiviso, tra un’istituzione che sceglie e un’istituzione che approva. Ecco perché il possibile ‘corto circuito’ tra Consiglio e Parlamento può essere risolto con l’introduzione dello Spitzenkandidat, ma solo sul piano strettamente politico, perché su quello legale l’indicazione da parte dei partiti prima delle elezioni non ha alcun valore. A questo si aggiunge il fatto che nessun gruppo al Parlamento Europeo – alle condizioni attuali e verosimilmente anche post-elezioni di giugno – ha la forza di scegliere da solo il presidente della Commissione, che è frutto perciò di un accordo tra diverse forze politiche e con i governi nazionali.